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Michele Pazienza: «Napoli in difficoltà, Juve mentalmente in vantaggio» – ESCLUSIVA

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Michele Pazienza, ex giocatore bianconero, si racconta in esclusiva a Juventusnews24 in vista di Napoli Juve. Le sue parole

Centrocampista della Juve dal 2011 al 2012 nella squadra del primo scudetto del nuovo ciclo, Michele Pazienza ha vestito anche la maglia del Napoli, dal 2008 al 2011. In vista del match tra azzurri e bianconeri, l’ex giocatore, ora allenatore, si è raccontato a Juventusnews24.com. La sfida del “Maradona” ma anche il racconto dell’ex compagno di squadra Pirlo e un’analisi della stagione bianconera: le sue parole in esclusiva.

Napoli e Juve arrivano a questa gara da due momenti completamente differenti. Che gara si aspetta?

«Sicuramente arrivano da due momenti diversi. Vediamo una Juve che, anche se non attraverso bel gioco, riesce ad ottenere risultati. Il Napoli ha difficoltà non solo dentro al rettangolo verde, ma anche fuori, perché le vicende societarie, o per lo meno quelle tra il presidente e l’allenatore, vanno ad influire su quello che è il rendimento in campo. Sarà una partita non semplice da parte del Napoli mentre la Juve rimane la solita, cinica e concreta, quella che è stata negli ultimi anni».

La svolta della stagione, per il Napoli in negativo e per la Juve in positivo, è stata la Supercoppa. Crede che la voglia di rivalsa degli azzurri possa essere decisiva?

«Il Napoli dovrebbe avere voglia di rivalsa per tanti aspetti, anche per come sta affrontando questa fase della stagione. La Juve mentalmente è in vantaggio, perché riesce ad avere comunque dei risultati importanti pur avendo cambiato allenatore, avendone preso uno giovanissimo. La mentalità è rimasta la stessa. Vedo sempre una squadra che sa reagire, come affrontare le partite difficili, quelle che contano. È cambiato solo l’allenatore, ma la mentalità e il modo di agire sono rimasti quelli».

Lei è arrivato in bianconero dal Napoli: come ha vissuto questo passaggio e cosa l’ha stupita dell’ambiente Juve?

«Quando entri nell’ambiente Juve è difficile da spiegare cosa si prova e si viva. Per quanto si possa raccontare e provare a spiegare, non rende l’idea di come quando la vivi di persona. Nel momento in cui entri in quell’ambiente, respiri proprio l’aria della vittoria. Tutto ciò che si fa è in quella direzione, è proiettato al raggiungimento della vittoria. Lo è dalle cose più banali: dalle scelte dell’alimentazione, del tipo di palestra, del tipo di attività fisica da fare. È tutto proiettato al raggiungimento della vittoria e lo si vive in maniera quotidiana, anche attraverso le parole dei rappresentanti della società. Tutti hanno l’indirizzo psicologico da trasmettere alla squadra».

A Torino ha avuto modo di giocare con Pirlo. Era un leader silenzioso?

«Ormai è risaputo che fosse un leader silenzioso, ma cosa significa questo? Lui parlava quando c’era da parlare e quando lo faceva era concreto e diretto e lo era anche in campo. Trascinava con i suoi atteggiamenti, con i suoi modi di fare e di proporsi. Nelle difficoltà lo trovavi sempre, era un leader e un riferimento della squadra. Questo se lo è portato anche da allenatore. Nei momenti di difficoltà che la Juve ha avuto, lui ci ha sempre messo la faccia e sa quali tasti toccare».

Immaginava che sarebbe diventato allenatore?

«Sinceramente no, mi aspettavo più un ruolo dirigenziale. Ovviamente è una cosa che dipendeva da lui. Ero sicuro che, qualora fosse diventato allenatore, ci sarebbe riuscito in maniera egregia. Era allenatore anche in campo, attraverso il suo modo di giocare, le sue idee, il modo in cui vedeva il calcio. Alcune giocate facevi fatica a capire, le aveva solo nella sua testa, un’idea di calcio fantastica».

Dopo un inizio altalenante, ora la Juve sembra vicina alla quadra definitiva. Secondo lei si sta vedendo l’idea di calcio di Pirlo?

«Secondo me ancora non è l’idea di calcio di Pirlo. La sua idea non è ancora espressa al cento percento dai giocatori. Lui è molto intelligente, è stato tanti anni nell’ambiente Juve, sa benissimo che non c’è il tempo per esprimere al meglio le proprie idee. Quello che conta è il risultato e lo sta facendo anche attraverso l’essere concreto, le giocate individuali, l’affidarsi ai fenomeni che ha in rosa. Sa benissimo che per poter esprimere le sue idee di calcio avrà il tempo. Per il momento deve solo aggrapparsi al risultato che è ciò che conta, avrà il tempo per esprimere le sue idee».

Quanto è stata importante la fiducia della società?

«Nel momento in cui è stato chiesto a Pirlo di diventare allenatore della prima squadra, penso abbia fatto un discorso chiaro e diretto. Avrà chiesto alla società delle garanzie, ovvero che la società gli stia vicino nel momento in cui ci siano delle difficoltà. Era l’unico modo per poter accettare questo incarico alla prima esperienza. La società è stata di parola, gli è stata vicino».

Secondo lei quali sono le motivazioni di questa decisione?

«La scelta è stata dettata da tante situazioni. Dal punto di vista economico ma anche anagrafico: la squadra andava ringiovanita ed è stato fatto. Per far ciò c’era bisogno di un allenatore giovane che potesse assumere delle responsabilità importanti. C’era bisogno di un leader, di una persona che potesse reggere un peso grande».

Nonostante Milan e Inter siano più avanti, questa Juve sta lottando. Pensa possa dire ancora la sua in ottica scudetto?

«Non sarebbe la prima volta, è già successo con la Juve di Allegri. È chiaro che ora la Juve sta mandando un messaggio forte e chiaro, vuole esserci fino alla fine e lottare. Ad oggi non escludo nessuna ipotesi, il campionato è ancora molto aperto e bisognerà lottare fino alla fine».

La prossima settimana ricomincerà anche la Champions. Crede che possa portare ulteriore entusiasmo?

«La Champions obiettivamente qualcosa toglierà alla Juve. Questo potrebbe essere un vantaggio per Inter e Milan che comunque hanno delle partite in meno da giocare e hanno la possibilità di concentrarsi sullo scudetto».

Che idea si è fatto di ciò che è successo tra Conte e la dirigenza bianconera?

«Sicuramente si sapeva che il rapporto non era dei migliori, però per avere un’idea precisa bisognerebbe conoscere e sapere ciò che è successo all’interno dello stadio. Non conosco la situazione».

Si ringrazia Michele Pazienza per la disponibilità e la cortesia mostrate.

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