News

Sopravvissuto all’Heysel: «Grida e rumore, poi soltanto il buio»

Pubblicato

su

Sopravvissuto all’Heysel: «Grida e rumore, poi soltanto il buio». Il racconto di quel tragico giorno del fotografo Carmelo Di Pilla

Carmelo Di Pilla, fotografo sopravvissuto alla strage dell’Heysel, ha ricordato il tragico evento intervistato da La Stampa: «Avevo prenotato la tribuna con tre amici, scoprimmo d’essere in curva quando ritirammo i biglietti e nemmeno ce la prendemmo più di tanto: contava esserci ed eravamo felici, volevamo cancellare la delusione di Atene dove avevamo visto festeggiare l’Amburgo»

SEGNALI DI UNA TRAGEDIA IMMINENTE – «​Si respirava un clima di festa, eppure un paio di cose mi trasmisero sensazioni bruttissime. ​Nel grande parco davanti all’Heysel sciamavano gruppi di inglesi già ubriachi. E la struttura mi apparve subito inadeguata: l’ingresso del nostro settore era una porticina rugginosa. Ci sistemammo lungo la scalinata centrale. Ricordo i gradoni fatiscenti, i sorrisi delle persone attorno e le bandiere della Juve, però mi inquietava quell’onda rossa che diventava sempre più gonfia e minacciosa: i tifosi del Liverpool urlavano e spingevano, lanciavano sassi e bottiglie rotte, guardavo dalla loro parte e li vedevo sempre più vicini».

PUNTO DI ROTTURA – «​Entrò in campo Grobbelaar, afferrai la macchina fotografica e cominciai a scattare. Vidi che erano le 18.50, la strage si consumò poco dopo. Grida e rumore. Paura e affanno. Gli hooligans entrarono tutti insieme nel nostro settore, l’onda rossa tracimò e travolse tutto: mi mancava l’aria, non avevo voce per gridare aiuto, mi sentii spinto in avanti e sballottato, calca e dolore, poi soltanto buio».

RISVEGLIO – «Aprii gli occhi nella penombra, c’era odore di medicine e disinfettante, un’infermiera mi spiegò in breve cos’era successo. Io però ero sotto choc, non mi rendevo conto di quello che avevo rischiato e ignoravo le dimensioni della tragedia. Chiesi il risultato della partita. Solo più tardi realizzai che a casa potevano essere in pensiero e cercai disperatamente un telefono: mia moglie, per fortuna, non aveva seguito la partita in tv e non sapeva, mi emozionai sentendo la voce di mio figlio che aveva appena quattro anni».

Exit mobile version