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Tacconi: «Credo che quel portiere possa essere il nuovo me. Mi piacerebbe vederlo alla Juventus un giorno»

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Tacconi: «Credo che quel portiere possa essere il nuovo me. Mi piacerebbe vederlo alla Juventus un giorno». Le parole dell’ex estremo difensore

Eroe di Tokyo, portiere saracinesca di una Juventus leggendaria capace di vincere ogni trofeo. Stefano Tacconi, a quarant’anni di distanza da quella storica Coppa Intercontinentale dell’8 dicembre 1985 contro l’Argentinos Juniors, decisa dai suoi due rigori parati, si racconta a Tuttosport.

COME STA OGGI – «Tiriamo avanti, ancora con una stampella. Platini, Cabrini e Brio mi hanno preso un po’ in giro. Ormai quasi tutti sono messi come me, ma è l’età. Non possiamo tornare indietro, del resto».

ORGOGLIOSO DEL MIO PERCORSO – «Ma certo. Ho vinto tutto quello che c’era da vincere, non mi è davvero mancato nulla».

IL NUOVO TACCONI – «Mi piace tanto Carnesecchi dell’Atalanta. Sì, lui mi somiglia parecchio. Sarebbe bello vederlo alla Juve un giorno».

L’INSOSTITUIBILE DELLA SUA JUVE – «Dico Cabrini: era veramente un valore aggiunto per tutti noi. Quando doveva parlare, non si fiatava. È stato un grande uomo spogliatoio, per me il numero uno».

IL MIGLIORE A TOKYO – «Dopo di me sicuramente Platini. E infatti venne premiato come miglior giocatore, gli diedero una Toyota come premio. Gli dissi che doveva dividerla con me per i due rigori parati, ma non mi fece mai salire. Speravo che almeno mi intestasse una parte della macchina, quel pirla, invece si è tenuto tutto».

RIVEDERE LE ROI ALLA CONTINASSA – «Dimagrito, ma non ha più la tartaruga. Anzi, in verità non l’ha mai avuta (ride, ndr). Scherzi a parte, l’ho visto proprio bene. Manca nel calcio un personaggio come lui. Manca il suo carisma, ma soprattutto la sua classe».

IL RUOLO DEL TRAP – «Era come un maestro che gestiva la classe. Ci dava spiegazioni, sapeva essere chiaro, è stato un grandissimo psicologo con noi. Ha creato lui l’unione di spogliatoio. E poi tatticamente era molto avanti per l’epoca, è l’unico ad aver fermato Pelè da calciatore, significa che aveva un’intelligenza superiore».

EROE AI RIGORI – «Prima della festa, che però non fu indimenticabile, ricordo di essere stato contento di andare ai rigori. Mi sentivo forte, avevo studiato i loro rigoristi e sognavo di essere l’eroe di quella partita. Ero persino contento quando hanno annullato il gol a Platini: mi sentivo vincente e sicuro quel giorno».

L’ARRABBIATURA DI TRAPATTONI IN GIAPPONE – «Trapattoni era incazzato nero perché eravamo tutti nello stesso albergo. Era tutto strano, poco europeo, tutto molto lontano dai nostri canoni tradizionali. Però almeno non abbiamo giocato tra giugno e luglio come quest’anno».

IL VOLO DI RITORNO IN ECONOMY – «Eravamo un po’ arrabbiati perché viaggiavamo in economy. Con noi però c’era Edoardo Agnelli: è stata una bella compagnia la sua».

IL REGALO DELL’AVVOCATO AGNELLI – «Ci fece trovare un orologio Patek Philippe per giocatore. Un regalo di grande pregio, con i nostri nomi. Sapeva fare dei grandi regali, non lo dimentico. Era la rappresentazione vivente dell’eleganza, dello stile. Un uomo non replicabile».

L’EREDITÀ DI QUELLA JUVE – «Tanta gratitudine per il passato. E poi la sensazione di essere stato un vincente. Di essere stato da Juve, sempre».

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