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Il Var pensiero di JuventusNews24.com

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La nuova rubrica di JuventusNews24.com, curata dall’amico e giornalista Luigi Schiffo, ci spiegherà ogni settimana come curarsi dal “mal di var”

Tra gli effetti a lungo termine di Calciopoli c’è stato il consolidamento del “sentimento popolare” per cui i risultati del campo non sono indiscutibili, anzi sono da mettere alla prova della “macchina della verità” costituita da intercettazioni (laddove disponibili e non importa quanto indicative o parziali) e soprattutto da sua maestà la moviola. “Il risultato è stato 1-0” sarebbe una frase che in un Paese dalla cultura sportiva mediamente evoluta richiederebbe un punto. Invece di solito prosegue con “ma l’arbitro….”. E questo fin dalle partite dei Pulcini. Ora, tale tipo di pensiero comune è in via di sostituzione con il “Var pensiero” (Verdi ci perdoni, Giuseppe, non quello del Bologna) per cui: “è/non è rigore/fuorigioco perché l’ha detto il Var (sottinteso, che vale più dell’arbitro perché ha la moviola)”.

E anche qui ci vorrebbe un punto. Invece si ricomincia: “però l’altra domenica il Var per lo stesso tipo di situazione non è intervenuto”. Quindi? Quindi errori in meno, certo, ma polemiche solo spostate di sede. Il problema è che in Italia non se ne esce: c’è chi vince perché è forte (la mia squadra) e chi vince perché ruba (le altre, in particolare ovviamente chi vince di più). E questo a prescindere dal ” Var pensiero“. E allora ne vale la pena? Sì, certo, ogni errore in meno è il benvenuto, a patto che ci si ricordi che:
1) comunque su alcune cose l’arbitro continua a valutare da solo (non ci può essere nessuno che in cuffia ti dica “la spinta non è abbastanza forte da far cadere quel bestione di 1,90 metri”)
2) anche il Var può non evitare un errore
3) gli errori arbitrali continueranno ad esserci, per quanto in minor numero, fanno parte del gioco come gli errori di calciatori e allenatori.

Date queste premesse e conoscendo la “cultura” calcistico-sportiva italica, la classe arbitrale deve decidere cosa farsene del Var. Usarlo come sta accadendo ora può voler dire creare un ulteriore percorso ad ostacoli per l’arbitro, costretto a cedere una bella fetta della sua autorità e della sua credibilità ai colleghi seduti davanti alla tv, in cambio di una maggiore probabilità di non aver commesso errori gravi. Ripenso a quel l’arbitro che è lì a due passi e sicuro indica il dischetto: “L’ho visto, rigore netto” pensa. “Ehi, amico! Guarda che è fuori area” gli dicono dalla regia. Gesto della TV, punizione: scusate, scherzetto… una dinamica che può togliere certezze a chi già sa di essere nel centro del mirino. Chiunque segua i social e senta i discorsi nei “bar sport” sa poi bene che tutto questo non porta ad altro che a spostare la polemica dal ” rigore sì rigore no” a “Var perché sì, perché no”. E quindi chi ve lo fa fare cari arbitri? Io fossi in voi, vista la situazione italiana, me ne laverei le mani: possibilità di due chiamate per squadra a tempo (come in altri sport) e tanti saluti.

Gli errori continueranno ad esserci (Var o non Var), ma toccherà alle società decidere come avvalersi della tecnologia. E continueranno a vincere i più forti, a prescindere da intercettazioni e “Var pensiero, rigori o non rigori (un esempio? L’anno scorso, in cui la prima in classifica ha staccato la seconda nonostante un secco 3-14 nei rigori a favore).

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