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Zeytulaev: «Juve, Dybala è diventato il simbolo della ripresa» – ESCLUSIVA

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Ilyas Zeytulaev, intervistato in esclusiva da JuventusNews24.com, ha parlato del momento della Juve, dopo gli ultimi risultati

Un Torneo di Viareggio vinto con la Primavera bianconera e due presenza con la prima squadra in Coppa Italia; Ilyas Zeytulaev, il primo giocatore uzbeko nella storia della Juventus, ha parlato in esclusiva con JuventusNews24, soffermandosi sul momento che sta attraversando la squadra di Massimiliano Allegri, raccontando anche alcuni aneddoti sul periodo in cui si allenava in prima squadra insieme a Nedved e Del Piero.

Partiamo dal momento che sta attraversando la Juventus di Massimiliano Allegri, che, se in Champions si trova a punteggio pieno dopo quattro partite, in campionato viene da due sconfitte inaspettate contro Sassuolo e Verona. Come mai questa differenza tra Italia ed Europa?
«Negli ultimi anni ho intrapreso un nuovo percorso come allenatore e posso analizzare il momento della Juve in modo un po’ più distaccato; i bianconeri stanno faticando in Serie A perché ci sono squadre come Verona, Torino, Fiorentina, Empoli, Sassuolo e tante altre, che negli ultimi anni hanno cambiato tendenza. Una volta era scontato giocare contro queste squadre e dominarle sia dal punto di vista del gioco, che psicologicamente; ora, invece, affrontano ogni partita a tutto campo e a viso aperto, come fa ormai da parecchi anni Gasperini, che io ho avuto come allenatore. Vedo che la Juve si trova in difficoltà perché nessuno si chiude più dietro, ma i giocatori ti vengono a prendere con un calcio molto più aggressivo, che non ti permette di pensare. In Champions, invece, la Juve si trova più a suo agio perché è il suo habitat naturale, l’Europa è sempre stato il posto in cui le grandi squadre sono abituate a giocare».

Il fatto che anche le squadre cosiddette ‘piccole’ affrontino la Juve, senza più quella sudditanza psicologica, può essere dovuto al fatto che non ci siano più in rosa grandi campioni? Può incidere non trovarsi più davanti giocatori come Tevez, Higuain o Ronaldo?
«Non credo che sia questo il problema: Cristiano Ronaldo può andare via, ma davanti ti trovi comunque giocatori come Dybala, Chiesa, Chiellini, Bonucci e tanti altri. Penso che il fattore principale sia proprio il modo di giocare e di approcciare la gara e con lo Zenit si è visto: prima della partita mi hanno chiamato i giornalisti russi per chiedermi un’opinione sulla partita e non avevo dubbi che la Juve avrebbe vinto. Si è vista una Juventus più aggressiva, con grande intensità offensiva e che nei momenti difficili ha saputo soffrire. Non hanno subìto tanto, perché quando giochi più vicino alla porta avversaria hai più possibilità di gestire e di vincere la partita».

Dopo alcune difficoltà iniziali, Massimiliano Allegri sembra aver aggiustato alcuni problemi. Quanto manca ancora a questa squadra per tornare la Juventus di Allegri che eravamo abituati a conoscere?
«È vero che all’inizio ci sono state della difficoltà, ma penso che alla fine del percorso l’obiettivo lo raggiungeranno. Non è stato semplice per Allegri tornare: la squadra è un po’ cambiata sia a livello di rosa, che come stile di gioco negli ultimi due anni. Hanno adottato uno stile diverso dalle idee di Allegri, che gioca in modo più verticale e meno bello da vedere, ma anche più partico. Con lo Zenit si è finalmente viata la bellezza e la praticità delle idee di Allegri e la squadra ha preso la direzione giusta. Allegri è un grande allenatore perché ha un grande istinto ed un talento naturale: è in grado di correggere situazioni che sembrano incorreggibili».

Quando ha giocato, Dybala ha dimostrato di essere in gradi di trascinare la Juventus. È lui il leader giusto per il futuro di questa squadra e quanto ha inciso l’addio di Ronaldo per questa sua svolta?
«Anche in questo si vede la mano di Allegri: è un altro giocatore da quando se n’è andato Ronaldo, perché c’era la sua ombra che oscurava gli altri campioni. Allegri ha riportato il suo modo di gestire la rosa e ha ridato la fiducia a Dybala e si vede in campo. I giocatori sono esseri umani e quando senti che hai la fiducia puoi fare cose che, se sei giù di morale, non potresti fare. Ora Dybala è libero di esprimere tutto il suo talento, è diventato il simbolo della ripresa».

In Serie A, quest’anno, ci sono diverse squadre che possono lottare per il primo posto in campionato. In testa ora ci sono Napoli e Milan, ma il campionato è ancora lungo. Chi vede come favorita in ottica Scudetto?
«Quest’anno il campionato è interessantissimo: Napoli e il Milan in questo inizio danno la sensazione di poter lottare fino alla fine, ma personalmente aspetterei: prima o poi arriveranno i momenti difficili, e chi conosce il calcio lo sa, in quei momenti si vede se sei una grande squadra. Il Milan mi sembra più esperto in questo perché hanno un allenatore che è con loro già da tre anni, hanno un gioco consolidato con delle idee ben precise. Il Napoli è una rivelazione, Spalletti sta facendo un grande lavoro, ma bisognerà vedere la reazione alle prime difficoltà. Anche l’Inter lotterà per il primo posto, mentre la Juve dovrà puntare alle prime quattro posizioni. Attenzione all’Atalanta nella seconda parte di campionato: come hanno dimostrato nelle passate stagioni, quando raggiungono la forma fisica ideale riescono a uscire anche sul piano del gioco».

Da giocatore ha avuto la possibilità di allenarsi anche con la prima squadra della Juventus. C’è un ricordo o un aneddoto che porta con sé di quel periodo?
NEDVED – «Mi vengono in mente due episodi che mi hanno insegnato molto quando ero un giovane calciatore che si allenava con la prima squadra. Il primo riguarda Pavel Nedved e risale ad un’amichevole tra prima e seconda squadra, a pochi giorni da una partita importante. Durante un contrasto di gioco stavamo entrambi intervenendo sulla palla e pensavo di essere in anticipo su di lui, tra me e me mi dissi “è un’amichevole non mi farà del male”, come se nulla fosse sono volato fuori dal campo, mi sono quasi messo a ridere perché avevo rischiato grosso. Nedved allora mi strinse la mano e mi disse: “se vuoi crescere devi dare tutto anche in amichevole”: quella frase mi ha aperto gli occhi. Lui quell’anno vinse il Pallone d’Oro e io capii cosa vuol dire affrontare anche gli allenamenti da grande campione».

DEL PIERO – «Il secondo aneddoto riguarda Del Piero: ero stato convocato in prima squadra al Delle Alpi per una partita contro la Sampdoria, era inverno e faceva freddo, così mi misi a cercare una giacca lunga. Del Piero allora chiamò i magazzinieri dicendogli “Portategli una giacca, siamo alla Juventus e vanno trattati tutti allo stesso modo”. Quella frase mi è rimasta nel cuore, soprattutto perché l’ha pronunciata Del Piero, che era il capitano della prima squadra: questi uomini hanno qualcosa in più, che va oltre al calcio, ti fanno sentire parte di una famiglia».

Dopo di lei, Shomurodov è diventato il secondo calciatore Uzbeko a giocare in Serie A. Dopo l’anno al Genoa, in estate è passato alla Roma di Mourinho. Com’è per lei vedere un giocatore della sua nazionalità che ripercorre i suoi passi in Serie A?
«È il secondo uzbeko che gioca in Italia, a dire il vero sono molto orgoglioso che Eldor stia facendo bene. L’anno scorso ha giocato una buona stagione e ora è allenato da Mourinho che, nonostante non abbia ancora i 90 minuti nelle gambe, lo tiene in grande considerazione e questo è un bel segnale: vuol dire che ha fiducia in lui. È un giocatore molto intelligente, che sa attaccare la profondità e giocare con i compagni usando anche il fisico. Mi auguro che possa continuare a trovare spazio, giocare alla Roma è già un grandissimo risultato, spero che non molli e che possa portare avanti la nostra bandiera».

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