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Milan Juve: iniziare a pensarsi inferiori

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Milan Juve, la sconfitta di San Siro porta con sé diversi interrogativi: è il momento di iniziare a pensarsi inferiori

Milan-Juventus ha un verdetto troppo netto per non trarre conseguenze forti. Il risultato di 2-0. L’avere chiuso con una rete per tempo. L’avere incassato il secondo gol prima ancora che scattasse l’ora di gioco. E poi ancora: 21 tiri contro 10, poco più del doppio a favore dei rossoneri. Un risultato che poteva essere persino più pesante, tenendo conto dei due legni colpiti nel primo tempo dai padroni di casa. Aggiungo persino 9 corner battuti contro 3, a definire l’incisività della manovra offensiva, tradotta in numeri anche se potrebbero non essere doverosi, è bastato il colpo d’occhio. É bastata la visione della partita e quella lenta agonia del secondo tempo, con pochissime speranze di riaprire una prospettiva di rimonta, a confezionare un’impressione che appare netta e indubitabile: siamo inferiori. Non facciamo discorsi teorici, sul valore della rosa ipotetica che chissà se vedremo mai al completo. Restiamo su quanto visto a San Siro e uniamolo a quelle consapevolezze che regala l’entusiasmo di avere conquistato uno scudetto per certi versi insperato in confronto a quest’aria di nobile decaduta che aleggia attorno alla Juve e non giriamo attorno a tutto ciò che abbiamo visto nei 90 minuti: non siamo alla loro altezza. E, attenzione, l’altezza del Milan di oggi non è nemmeno la vetta più alta, né per classifica, né per qualità o intensità di gioco, dove il Napoli ha raggiunto picchi più alti in questa prima fase. Allegri ha detto a fine gara che è bene pensare a martedì dove è necessario fare i 3 punti per tenere aperta una prospettiva in Europa. Giustissimo, è ancora possibile e doveroso crederci, guadagnarsi il diritto a vivere una specie di sedicesimo di finale a Lisbona. Ma quando si dice «Abbiamo tempo per sistemare il campionato e lo faremo» che cosa s’intende per la precisione? Che 7/10 punti dalla vetta sono rimediabili da questa Juve, quella attualmente a disposizione? Che lo saranno quando saremo al completo? Che basterà un Di Maria per essere già molto diversi, come si potrebbe anche ritenere logico con uno che t’inventa 3 assist in una partita? Oppure che siccome siamo la Juve, siamo certi che in qualche maniera correggeremo la rotta e rientreremo in corsa?

Per rispondere a questi quesiti, perdonatemi l’autocitazione. Riproduco il mio tweet scritto esattamente al fischio finale perché voglio avvalorare un’interpretazione a caldo: «Una sconfitta da squadra inferiore. Non c’è un solo aspetto dove oggettivamente siamo stati pari. Appena si alzano i ritmi escono fuori limiti tecnici che non sono facilmente aggiustabili. É una classifica troppo pesante per non avere brutti pensieri». Non lo faccio perché la considero un’analisi giusta. Anzi, è il contrario: credo che i grandi allenatori e ancor più i grandi ambienti riescano a trovare la soluzione quando sanno rimanere freddi e lucidi. Mi chiedo, però: come si fa dentro lo spogliatoio della Juve di Milano a non essersi sentiti sconfitti in tutto e a credere che sia solo un episodio? Come si fa a non avvertire un senso d’inadeguatezza e quindi riuscire a superarlo quando vedi avversari che hanno una determinazione e una fiducia maggiore che tu non hai, giocatori dominanti come Leao che tu hai ma non sono in campo, un entusiasmo collettivo e ambientale dal quale ovviamente sei distante anni luce e via discorrendo?

Forse c’è solo una possibilità. Ed è proprio quella di sentirsi inferiori. Di volere a tutti i costi fare qualcosa per dimostrare la propria presenza. Come ha fatto Kean negli ultimi 10 minuti, l’unico che è andato oltre la sua normalità ed è risultato il più pericoloso di tutti, il più connesso con le disperate esigenze di un match ormai compromesso.
Mi rendo conto che una proposta di questo genere somiglia più a un’invocazione che a una vera direzione di marcia. Ma credo che se non si ha una presa d’atto della realtà – e la realtà sono le classifiche che abbiamo, non i valori presunti – andiamo incontro a una stagione con rischi molto seri di fallimento totale. Che è bene definire subito nelle sue coordinate: fuori dalla prossima Champions e nessun trofeo in bacheca, neanche il più piccolo. Perciò, iniziamo dalla prossima gara a giudicare tutti, uno per uno, dall’orgoglio che mettono in campo prima ancora che da come sanno giocare a pallone.

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