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Esonero Tudor: il via libera di Elkann e tutti i motivi per cui è finita. Fastidio, alibi e retroscena sul rapporto coi giocatori. Durante l’ultimo colloquio… La ricostruzione

Esonero Tudor: il via libera di Elkann e tutti i motivi per cui è finita. Fastidio, alibi e retroscena sul rapporto coi giocatori. Durante l’ultimo colloquio… La ricostruzione
«Niente alibi, siamo la Juve». È in questa frase, e nel suo tradimento, che si è consumata e sgonfiata l’intera avventura di Igor Tudor in bianconero. Un’esperienza finita tra una tangibile confusione tattica, l’ossessiva e fallimentare ricerca di un equilibrio mai trovato, ruoli mai assegnati e, soprattutto, una comunicazione che si è dissolta in un sacco di scuse. Proprio le scuse rappresentano l’ultimo capitolo al veleno della sua gestione. La società ha percepito chiaramente la volontà del tecnico di “buttare la palla in tribuna”, scaricando le colpe all’esterno. Il suo messaggio, neanche troppo velato, era: “Non è solo colpa mia se non vinciamo da metà settembre, ma di una lunga serie di variabili che ci hanno penalizzato”. Di fronte a questo, la domanda è diventata inevitabile: aveva ancora senso andare avanti insieme? La notte di Roma ha dato la risposta definitiva. E così, all’ora di pranzo di ieri (lunedì), è arrivata la svolta. Ne scrive La Gazzetta dello Sport.
ESONERO TUDOR – La dirigenza ha osservato la prestazione contro la Lazio, che non ha fornito nessuna delle risposte sperate. Hanno visto una squadra nervosa, un gruppo poco sereno, dove il pallone “scottava”, incapace di imporsi contro un avversario palesemente in difficoltà e ridotto all’osso da assenze fondamentali. A quel punto, il processo è stato rapido: prima è arrivato il via libera di John Elkann, poi il cartellino rosso. Per Tudor, la partita finisce qui. In un attimo la situazione è precipitata. Il campionato è di nuovo alle porte – domani c’è l’Udinese – e l’urgenza non predica prudenza. La necessità di dare una scossa ha preso il sopravvento. La Juventus ha deciso di restare (momentaneamente) senza allenatore perché, per la Juve, il tecnico croato aveva esaurito il suo tempo. Poco importa se il successore non era pronto alla firma un minuto dopo l’annuncio.
I giocatori non hanno abbandonato il loro comandante, ma è evidente che qualcosa si è inceppato. Le prestazioni individuali lo dimostrano: Cambiaso accusato di “camminare”, Locatelli che ha perso la fascia a Madrid, David smarrito, Vlahovic che non detta più legge, Openda che fa il turista, Conceição isolato all’estrema sinistra. Questo non significa che lo spogliatoio si sia messo di traverso, ma che qualche pensiero negativo, prima assente, ora è diventato dominante. Tudor è entrato alla Continassa da traghettatore, e quell’etichetta, purtroppo per lui, non se l’è mai tolta di dosso. L’armonia tra Igor e la società non è mai stata trovata, forse nemmeno cercata. Le prime avvisaglie c’erano state a Verona (lamentele su arbitri, Lega, calendari), proseguite a Como (la frecciata a Fàbregas e al mercato) e degenerate a Madrid. Lì, i toni si sono alzati: Igor ha scomodato gli “algoritmi folli” a due metri da Damien Comolli, che sugli algoritmi ha costruito una carriera, e ha “strattonato” la Cremonese (colpevole di aver perso contro il Milan).
In quel momento, ai risultati negativi si è aggiunto il fastidio della società per la sua comunicazione. La frittata era fatta: non c’era identità in campo, non c’era stile fuori. La palla è passata all’Olimpico e poi a Elkann. Dopo una notte di riflessioni, al mattino è arrivata la scelta di virare. L’ultimo colloquio tra il tecnico, Comolli e Modesto (con Chiellini assente, a Riad) ha solo confermato l’incompatibilità. Non ci sarà più Tudor.
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