Bonucci: «Sono andato via per colpa di Allegri, non ho nulla contro la Juve»
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Bonucci: «Sono andato via per colpa di Allegri, non ho nulla contro la Juve»

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Bonucci: «Sono andato via per colpa di Allegri, non ho nulla contro la Juve». L’intervista integrale dell’ex capitano

Bonucci ha concesso un’intervista esclusiva a Sportmediaset. Dopo l’anteprima pubblicata nelle scorse ore, ecco le dichiarazioni integrali dell’ex capitano della Juve.

IL MOTIVO DELLA CAUSA – «Ho deciso, dopo grandi sofferenze di intraprendere la strada della causa verso la Juventus. Ho letto e sentito cose non vere dette dalla società e dall’allenatore».

LA SUA VERITA’ SULL’ADDIO – «E’ falso che a ottobre sia stato messo a conoscenza di progetti futuri che mi escludevano dalla Juve. Proprio a ottobre, anzi, mi era stata la possibilità di continuare con un rinnovo: siamo andati avanti insieme perché la società aveva capito l’importanza di avermi all’interno dello spogliatoio .Poi ho sentito le parole dell’allenatore secondo cui il concetto dell’addio a fine stagione sarebbe stato ribadito da lui stesso e dalla società a febbraio. Anche questo non è vero: l’allenatore mi ha convocato solo a fine marzo nel suo ufficio, prima della partita col Friburgo di Europa League, per dirmi che sarebbe stato il caso di anticipare- a suo modo di vedere- il mio percorso da allenatore lasciando il calcio giocato. Gli ho detto che rispettavo la sua opinione, ma che fino all’Europeo 2024 non volevo smettere».

LA POSIZIONE ACCETTATA IN ROSA – «Dopo quest’incontro non ho più parlato con nessuno fino a fine maggio, dopo l’ultima partita in casa col Milan, quando incontrando la società mi veniva comunicato che nell’attuale stagione sarei partito dietro Gatti, Bremer, Danilo e un giovane della Next Gen diventando la quinta/sesta scelta in difesa e una chioccia per gli altri. Accettai senza volere creare problemi. In fin dei conti, sarebbe stato come la stagione scorsa».

COSA E’ SUCCESSO IN ESTATE – «Poi è cambiato tutto nell’estate, non ho avuto comunicazioni fino al 13 luglio. Ho annusato qualcosa solo leggendolo sui giornali fino a quando- appunto- il 13 luglio Giuntoli e Manna mi hanno comunicato, venendo a casa mia, che non avrei più fatto parte della rosa della Juventus e che la mia presenza in campo avrebbe ostacolato la crescita della squadra. Questa è stata l’umiliazione che ho subito dopo 500 e passa partite in bianconero. Questo mi sono sentito dire».

LA CAUSA ALLA JUVE – «Dal fuori rosa si arriva alla causa perché i miei diritti prevedevano che mi sarei dovuto allenare con la squadra a prescindere della scelta tecnica e messo in condizione di potere affrontare fisicamente e atleticamente la stagione successiva. Questo non mi è stato concesso, non ho più fatto allenamenti con la squadra. Mi sono sentito svuotato di tutto, umiliato, non potevo fare quello che amo di più. Non è una questione di soldi. Se dovessi vincere la causa, devolverò tutto in beneficenza. E in più voglio che la mia situazione sia per l’AIC (il sindacato calciatori), di cui sono consigliere, un nodo cruciale perché ogni anno persone, giocatori, uomini, professionisti che hanno meno forza della mia si trovano in queste situazioni e alla fine compromessi pur di continuare a giocare»

VIA PER COLPA DI ALLEGRI – «Dopo due settimane che non sono più nella Juve, è molto difficile pensare all’ultimo periodo. Mi piace pensare alla Juventus di cui ho fatto parte, quella che vinceva, la vera Juventus, quella che in questi ultimi due anni non si è mai vista. Non ho nulla contro la Juventus. La Juventus sono i tifosi, la squadra, i miei ex compagni. Sto portando avanti questa causa perché le persone che dovevano farmi chiudere la carriera in bianconero in modo rispettoso e degno non l’hanno fatto. E’ la seconda volta che mi hanno messo nelle condizioni di lasciare la Juventus e subire questa scelta. In entrambi i casi sono state forza per la presa di posizione di un singolo, che non sono io… E per due volte ho preso una strada diversa rispetto a quella che il mio cuore avrebbe voluto. Tante cose non sono andate negli anni, ma per amore della Juve ho chinato la testa e sono andato avanti. Quello che è sotto gli occhi di tutti è che non ho mai avuto un rapporto come avrei voluto con l’allenatore. Non solo per colpa mia perché ho il mio carattere e molto spesso ho preso posizioni per il bene della squadra e dei compagni. Si è così creato un corto circuito che non mi ha permesso di chiudere la carriera come avrei voluto».

MESSAGGIO AI TIFOSI – «Capisco i tifosi che fanno fatica a vedere oltre. I tifosi per me restano sempre e comunque l’elemento principale per cui scendo in campo. Renderli orgogliosi di una vittoria è sempre stato un mio obiettiv. I tifosi della Juve li ho sempre ringraziati anche quando ho vissuto il primo esilio».

ANEDDOTO SU PIRLO E ALTRI EX – «Mi ha fatto sorridere Pirlo, che mi ha detto che magari potrebbe succedere come a lui: continuare a vincere da un’altra parte dopo che ti danno per finito. Ho sentito anche Chiellini, con cui ho un rapporto fraterno e pure Buffon che voleva sentire la mia verità, diversa da quella scritta dai giornali».

OBIETTIVO NAZIONALE – «Voglio continuare a giocare e mettere in difficoltà Spalletti per la Nazionale. La sua telefonata per comunicarmi che non mi avrebbe convocato per queste ultime partite non era un atto dovuto, è stato un gesto che ho apprezzato tantissimo, fa capire il suo spessore umano, la sua sincerità: non avendo avuto una preparazione consona non poteva chiamarmi in azzurro. Ho apprezzato la sua sincerità, me l’aspettavo, non sono scemo. Mi ha detto di fare quel che devo fare. Il mio obiettivo è aiutare ancora la Nazionale. La maglia della Nazionale la sento sulla pelle come quella della Juventus. Il mio obiettivo è giocare con l’Union per quanto mi sarà dato di farlo e poi vedremo quel che succederà. Farò di tutto per rivestirla».

GESTO SOCIAL PER DONNARUMMA – «Sinceramente non capisco…e direi che non sono da tollerare i fischi per un giocatore e una persona che in quel momento sta indossando la maglia della Nazionale, maglia che rappresenta tutti. Se uno indossa la maglia di una squadra avversaria ci può stare anche se non lo condivido. Il messaggio? L’ho fatto perché ho un rapporto molto stretto con Gigi. So, anche se non lo fa vedere, quanto gli fanno male queste situazioni. L’ho fatto anche perché mi sono reso conto della differenza culturale che c’è tra Italia e Germania».

L’IMPATTO CON LA BUNDESLIGA – «Domenica abbiamo perso 3-0 in casa e non c’è stata una persona che ha fischiato o è andata via dallo stadio. Noi abbiamo salutato tutti, siamo andati sotto la curva e per 5-6 minuti ci hanno intonato cori di vicinanza per i giocatori e l’Union Berlino. Questo mi ha fatto pensare molto. Sono molto contento di vivere questa esperienza perché vivi un altro modo di vedere il calcio e vivere la vita. E’ difficile lasciare la famiglia a Torino e vivere da solo, però ci provo a portare avanti quelli che sono stati sempre i valori che mi hanno contraddistinto, cioè il non voler mollare mai. Io arriverà alla fine della stagione togliendomi le soddisfazioni che mi voglio togliere».

COME SI REAGISCE AI FISCHI – «Ho sempre vissuto questo lavoro come una sfida, in primis con me stesso, nella voglia di migliorare e di fermarmi a quello che mi è arrivato di positivo in carriera. Ma di andare all’interno della sfida rappresentata dai fischi e dagli insulti dei tifosi avversari. Il mio modo di essere, forse, mi ha messo sempre davanti ad una presa di posizione e ovviamente quando prendi posizione non sei mai simpatico, Però sono stati sempre energia e adrenalina queste situazioni. Ho sempre cercato di portare il mio esempio ai compagni che hanno vissuto situazioni minori ma simili affinché credano sempre in loro stessi».

SU POGBA – «Sono veramente triste per lui. Nell’ultimo anno gli è successo quel che poteva succedere. E’ veramente un peccato, è un ragazzo buonissimo, un pezzo di pane. IL fatto di essere troppo buono l’ha portato a prendere decisioni non corrette. Paul l’ho sempre apprezzato per il modo di essere calciatore e essere genuino, una persona buona e positiva nello spogliatoio, anche quando era più giovane. Aveva sempre energie in corpo da trasmettere agli altri e l’ha fatto anche in questo anno per lui complicato. Ci siamo fermati più volti a parlare. L’ho incontrato in questi 2 mesi vissuti da esiliato e mi ha detto che mi ammira perché lui non sapeva se avrebbe avuto la forza di fare allenamento da solo con compagni e allenatori che non conosci. Detto da lui che è un giocatore di fama internazionale, uno dei top player che ci sono negli ultimi 10 anni nel mondo del calcio, ha un valore importante».

IL PERCHE’ DELL’INTERVISTA – «Sicuramente questa intervista spero aiuterà i tifosi a capire questo punto di vista. Finora era stato raccontato il loro punto di vista, le ipotetiche date in cui hanno comunicato le cose ovviamente non successe».

VICINANZA DEGLI EX COMPAGNI – «Oltre al gesto di Spalletti, sono rimasto colpito dai tanti messaggi, la vicinanza di giocatori attuali della Juventus, di ex bianconeri, di compagni della Nazionale tutti che solidali. Mi hanno manifestato la loro solidarietà davanti al trattamento irrispettoso ricevuto dalla Juventus».

FUTURO DA ALLENATORE – «Qualcosa in futuro ci sarà. Quando deciderò di cominciare ad allenare, ho bene in mente il mio percorso, quello che voglio fare. Sicuramente la Juventus quando sarò un tecnico non sarà quella di oggi e magari ci sarà il modo, un giorno, di riabbracciare i tifosi, di salutarli e fargli capire di quanto è stata importante la Juventus per me. Quella di oggi non la sento mia».

I PIANI FUTURI DA GIOCATORE – «La mia idea è quella di fare l’allenatore e riuscire a fare un percorso importante anche da allenatore. Ora sono focalizzato sul campo e il calcio giocato. Sto ritrovando entusiasmo e voglia di allenarmi. Sono perfettamente integrato in un gruppo nuovo, in uno spogliatoio che parla una lingua diversa dalla mia. Sto bene fisicamente come non succedeva da diversi anni perché mi sto allenando con grande intensità. La mia idea è quella di arrivare almeno ad Euro 2024, rispettando ovviamente le scelte del Ct, e vedere dopo quello che succederà».

PAURA DI SMETTERE DI GIOCARE – «No, sono molto preparato a questa situazione. Come è ovvio tutti i calciatori, ma in qualsiasi lavoro, c’è un inizio e una fine. Non mi sento oggi di essere arrivato a quel punto. Allenandomi, sentendomi apprezzato e importante posso dare tanto. Ne è stata la dimostrazione le partite giocate nella parte finale della stagione. Ho avuto una risposta netta sul fatto di essere ancora un giocatore. Ora sono stato messo nelle condizioni di allenarmi e questa sosta delle nazionali mi ha permesso di fare 15 giorni di allenamenti veri in squadra con intensità e un’idea. Non ho paura, arriverà il momento di decidere di chiudere la carriera e lo farò io. Forse potrebbe essere ad Euro 2024 o magari prenderò altre strade e decisioni. Vedremo quel che sarà…».

LA CHAMPIONS CON L’UNION – «E’ sempre una grande emozione. Le partite in Champions hanno delle note e vibrazioni diverse. Sicuramente giocherà la prima al Bernabeu nuovo contro una squadra di stelle che hanno saputo reintegrate con altre stelle dopo l’addio di tantissimi grandi giocatori mi stimola. Vorrei far passare questo pensiero ai compagni, però prima pensiamo alla partita di sabato col Wolfsburg, partita difficile in cui dobbiamo riprendere il cammino con una vittoria per dare senso a quello che facciamo in settimana e dare una gioia ai tifosi. Poi andremo a Madrid consapevoli che sono forti, ma che con qualità e organizzazione possiamo metterli in difficoltà».

SFIDA AD OSIMHEN E AL NAPOLI – «E’ una grande sfida. Lui è un giocatore esploso tantissimo nell’ultimo anno dopo aver fatto bene in Francia e singhiozzo al Napoli, E’ un giocatore temibile, sarà una sfida dura, ma una sfida per cui ci si allena tutti i giorni. Si inizia a giocare per vivere queste sfide. Faccio fatica a capire quelli che hanno paura di giocare certe partite. Puoi fare bene o male, ma la paura non può essere padrona di te in queste partite sennò hai già perso prima di cominciare».

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