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Da Yildiz a Del Piero: la Juve alla disperata ricerca di un 10 per il futuro

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Da quando Alessandro Del Piero ha lasciato la Juventus, quel numero sulle spalle è rimasto orfano. Non semplicemente di un giocatore, ma di un’idea di calcio, di un modo di intendere la maglia, il campo, la fantasia. Il 10 bianconero non è mai stato solo un numero, ma un’eredità pesante, fatta di silenzi eloquenti, gol impossibili, gesti d’amore verso una tifoseria che ancora oggi pronuncia il nome “Alex” con un rispetto che sa di devozione. Negli anni, tanti ci hanno provato. Alcuni con risultati importanti, altri solo di passaggio. Carlitos Tevez ha lasciato ricordi indelebili, guidando la squadra fino a quella notte di Berlino, con spirito battagliero che sapeva di vero juventino. 

Pogba, con la sua eleganza ribelle, ha illuminato il centrocampo come pochi, ma la sua storia in bianconero si è chiusa troppo presto, portando via con sé tanto talento e un assegno da cento milioni. Eppure, nessuno di loro ha davvero incarnato lo spirito di quel numero. Perché Pogba giocava ovunque, libero di accendere la manovra ma lontano dall’area in cui Alex lasciava il segno. Tevez era un attaccante puro, potente, decisivo, ma con posizione in campo differente poco riferibile ad un numero 10. 

E poi c’è Dybala. Il più vicino, per sensibilità tecnica, al Del Piero dei giorni migliori. Tuttavia, resta anche il più incompiuto, sospeso tra guizzi da fuoriclasse e stagioni tormentate dagli infortuni, come se qualcosa l’avesse sempre trattenuto un passo prima della consacrazione definitiva. Forse il 10, per lui, è stato più una speranza che una certezza. Come se quella maglia, da sola, non bastasse a compiere l’incantesimo.

Yildiz, un lampo nel buio 

In un’epoca in cui la Juventus ha smarrito molte delle sue certezze, Kenan Yildiz è apparso come una luce inattesa, capace di squarciare il grigio con la spensieratezza dei predestinati. Classe 2005, origini turche ma forgiato nel rigore tedesco, il suo arrivo a Torino – silenzioso ma carico di promesse – ha subito acceso qualcosa nei cuori di chi sa riconoscere il talento al primo tocco. Da quando la Vecchia Signora ha deciso di strapparlo alle giovanili del Bayern Monaco, è stato chiaro che non si trattava di un ragazzo qualunque. C’è qualcosa in lui che sfugge alle definizioni: la tecnica naturale, la visione di gioco, il coraggio nel rischiare la giocata anche quando sarebbe più facile nascondersi. 

Allegri, inizialmente prudente, ha saputo dosarne l’esposizione, ma ogni sua apparizione ha lasciato il segno. Con Tudor, quel talento trattenuto ha finalmente preso forma, trasformandosi in leadership tecnica, in sfrontatezza creativa, in un punto fermo attorno al quale si comincia a intravedere una nuova Juve. Un talento che, secondo gli esperti di pronostici, rappresenta una delle più grandi promesse del panorama italiano, destinato a riportare entusiasmo e visione offensiva nella Juventus del futuro. Quando Yildiz riceve palla largo a sinistra e, con quei passi rapidi e leggeri, si accentra sul destro, il tempo sembra rallentare. 

Poi lascia partire quel tiro a giro che, più che un gesto tecnico, è una dichiarazione d’intenti. In quell’istante, sugli spalti e davanti agli schermi, accade qualcosa: un sussulto, un ricordo, forse un’illusione. Ma è lì, in quel frammento di bellezza, che i tifosi rivedono il loro numero 10. Oggi è Kenan Yildiz, l’erede di Alex Del Piero, domani chissà, basterà solo Kenan. Ma intanto, nel cuore dei bianconeri, la magia è tornata a farsi vedere.

Una scelta da non rimandare 

Ora tocca alla dirigenza. Comolli sa di avere tra le mani un patrimonio tecnico ed emotivo, e proprio per questo non può permettersi esitazioni. Yildiz va blindato, subito. Serve un rinnovo da top player, all’altezza del suo valore attuale e, soprattutto, di quello potenziale. Le big inglesi sono già sulle sue tracce, e le sirene della Premier non aspettano. Secondo alcune indiscrezioni, Comolli avrebbe già respinto un’offerta da 70 milioni di euro. Ma il tempo stringe: senza un gesto deciso, le pressioni rischiano di diventare irresistibili. E perdere Kenan ora, significherebbe molto più che rinunciare a un grande talento — sarebbe spegnere, ancora una volta, la luce accesa sul futuro.

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