Mancini sprona Bernardeschi: «È ora che faccia il salto»
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Mancini sprona Bernardeschi: «È ora che faccia il salto»

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Mancini sprona Bernardeschi: «È ora che faccia il salto». Le parole del ct azzurro sul rendimento del 33 bianconero

Intervistato da La Gazzetta dello Sport, il ct Roberto Mancini ha toccato tanti temi sensibili all’universo Juve.

SCUDETTO – «La Juve in assoluto è la più forte, non dimentichiamo che vince da otto anni e si è pure rinforzata: anche l’Inter, ma la Juve non è stata ferma. E come vice Juve vedo pericoloso il Napoli: ha gli stessi giocatori che ormai giocano insieme da anni, mentre l’Inter ne ha già cambiati 4-5 e perde giocatori importanti come Icardi e Perisic. Andrà valutata dopo un po’ di tempo, ma di sicuro sta migliorando. Per ora metto in fila Juve, Napoli e Inter».

NUOVA JUVE – «Quando si cambia, qualche minimo rischio subito c’è. Però se le cose vanno bene già in partenza, può diventare un vantaggio. L’abbondanza a volte pare un problema, di sicuro per la lista Champions, ma se ne hai tanti bravi e sei bravo a gestirli, è una spinta in più, non un freno».

BERNARDESCHI – «È ora che Berna faccia il salto, diventando un perno della Juve. Ha tecnica, forza, velocità per diventare imprescindibile. Anzi, per diventare uno dei migliori giocatori europei: è il momento, ha le qualità per riuscirci. Attaccante esterno, può fare tutto. E anche se gioca più spesso in un ruolo, non è detto che in Nazionale non ne possa fare un altro: sempre offensivo, ovviamente».

KEAN – «Va a giocare in un campionato bello e difficile, in un club dove non vincono da anni e hanno fatto una squadra competitiva per riprovarci. Questo può aiutarlo a crescere, il dispiacere è più mio personale. Ma ormai si sa: non è più il calcio di vent’anni fa, quando tutti venivano a giocare in Italia, il campionato più bello e dove si guadagnava meglio».

CHIESA – «Chiesa è giovane. È fondamentale che i ragazzi giochino, tutti: se poi qualcuno ha la fortuna di farlo anche in Europa, tanto meglio. Quello che conta davvero è che nel frattempo siano diventati pilastri delle proprie squadre: due anni fa non lo erano, oggi sì. Questo li deve far maturare».

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