McKennie: «Alla Juve non puoi ascoltare musica dopo le sconfitte»
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McKennie: «Alla Juve non puoi ascoltare musica dopo le sconfitte»

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McKennie: «Alla Juve non puoi ascoltare musica dopo le sconfitte». Le dichiarazioni del centrocampista texano

Weston McKennie ha parlato del suo ambientamento alla Juventus e non solo a Nbc Sports.

ARRIVO ALLA JUVE – «Ho lottato un po’ cercando un equilibrio quando sono arrivato. Non dal punto di vista dell’umiltà, ma per il semplice fatto che il calcio italiano ha una cultura diversa e la Juve è diversa dalle altre squadre in cui ho giocato. Tutti si aspettano che vinca e se non ci riesci non lo si accetta. Io sono una persona che odia perdere, ma non riesco a pensare troppo al passato. Mi fa male la sera, forse un po’ il giorno dopo, ma dopo la vita e il calcio vanno avanti e bisogna essere sulla prossima partita. Quando sono arrivato mi dicevano ‘Ehi, che stai facendo ragazzo? Ridi, scherzi e ascolti musica, ma ieri abbiamo perso’. Ho imparato a scegliere i momenti giusti in cui lasciar uscire la mia personalità e quando limitarla, ma rimanendo sempre me stesso».

COMPAGNI – «Giocare con Cristiano Ronaldo, Dybala, Szczesny, Chiellini e Bonucci? Se me l’avessi detto cinque o sei anni fa non ci avrei creduto: è da pazzi. A casa mi chiedono com’è lo spogliatoio, che tipo è Dybala. Non cambierebbe nulla se io non ci fossi, ma questi sono i miei compagni, questa è la mia squadra. Se ho bisogno di loro mi basta bussare alla porta della loro camera. Quando arrivi in squadre come questa non puoi comportarti da ‘tifoso’ o da ‘fan’ perché ora questo è il tuo nuovo livello: devi dimostrare di poterci stare».

USA – «Non scenderò nei dettagli, ma per me è stato un grande test mentale, una grande sfida da superare: sbagli e vieni visto automaticamente come egoista, come qualcuno che delude la squadra. La gente dimentica che siamo esseri umani: non siamo robot, anche noi facciamo errori. Tutti li fanno».

SOCIAL – «Provo a non guardarli tanto, ma a volte è difficile evitarlo e le cose che mi hanno detto sono state dure da accettare. C’è stato anche razzismo, sono stato chiamato in mille modi, mi è stato detto che sono egoista e che mi comporto come un ragazzino. Ho lavorato tutta la vita per arrivare dove sono. Ho imparato che devo continuare a lavorare, a testa bassa, e dimostrare sul campo che si sbagliano».

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