Pancaro sullo Scudetto del 2000: «Lavò via tutta l’amarezza»
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Pancaro torna sullo Scudetto del 2000 vinto ai danni della Juventus: «Lavò via tutta l’amarezza, la delusione e i torti che avevamo subito»

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Pancaro è tornato a parlare così dello Scudetto del 2000 vinto dalla Lazio ai danni della Juventus, caduta a Perugia. Le sue dichiarazioni

Giuseppe Pancaro, a La Gazzetta dello Sport, ha ricordato lo Scudetto vinto con la Lazio nel 2000, proprio ai danni della Juventus che perse a Perugia nel famoso acquazzone. Le sue dichiarazioni.

L’ORIGINE DEL SOPRANNOME “PIPPO” – «I miei genitori, mio fratello e mia sorella. Stop. Lei è stata la prima a tirar fuori il soprannome “Pippo”… Lulù Oliveira iniziò a chiamarmi così a Cagliari, poi, in biancoceleste, eravamo in tre: io, Giuseppe Favalli e Giuseppe Signori. “Qui è complicato…”, disse Eriksson in una riunione. Così alzai la mano. “Mi chiami Pippo…”».

ALLENATORE – «Sì, anche se sono in attesa da un po’. L’ultima tappa è stata a Monopoli nel 2023, il tutto dopo Pistoiese, Catanzaro, Catania e Juve Stabia. Aspetto l’occasione».

MILAN-LAZIO, LA PARTITA DEL CUORE «Non mi chieda per chi faccio il tifo perché è impossibile. La Lazio ha realizzato tutti i miei sogni, il Milan mi ha permesso di vivere uno spogliatoio straordinario e di giocare una delle annate migliori della mia vita, quella del mio secondo scudetto, 2003-04. Avevo 34 anni e mi davano tutti per finito. Ho dimostrato il contrario».

I TROFEI PIÙ BELLI«La Coppa delle Coppe, a Birmingham. Ricordo il mio lancio per Vieri, che segnò con la testa fasciata, e la marea di laziali sotto la curva».

LA SUPERCOPPA EUROPEA«Ferguson disse che la Lazio era la squadra più forte del mondo e che quel trofeo era uno dei suoi rimpianti più grossi. Ricordo Beckham, sulla mia fascia, e il naso rotto di Inzaghi dopo uno scontro contro Stam. Il bello è che Salas, subentrato proprio a Inzaghi, segnò il gol vittoria».

LO SCUDETTO DEL 2000 – «Un solo flash: io, Mihajlovic, Stankovic e Conceiçao che ci abbracciamo dopo il fischio finale di Perugia. Lacrime, radioline che saltavano, bottiglie di spumante. Qualche giorno dopo ci presentammo a Milano per giocare il ritorno della finale di Coppa Italia contro l’Inter. C’era chi aveva i capelli blu, come Ballotta. E conquistammo il trofeo».

RIMPIANTI BIANCOCELESTI «Due. Il primo è lo scudetto perso nel 1998-99, proprio a scapito del Milan. Contro la Fiorentina ci negarono un rigore netto su Salas, poi pareggiammo 0-0 a Empoli e perdemmo 3-1 con la Juve. Lo scudetto del 2000 lavò via tutta l’amarezza, la delusione, i torti che avevamo subito. Il secondo rimpianto è legato alla sconfitta per 5-2 col Valencia ai quarti d’andata di Champions del 2000. Con un pizzico di esperienza in più, quel trofeo l’avremmo vinto».

L’ARRIVO AL MILAN«Avrei chiuso la carriera alla Lazio, ma c’erano già le avvisaglie di qualche problemino societario. Avevo perso motivazioni, l’annata non era andata bene e alla fine andai via, ma ebbi la fortuna di entrare in uno spogliatoio di campioni. Il rosso e il nero erano i colori della squadra del mio paese, l’Acri. Per questo mi sono sempre sentito a casa».

LA FINALE DI ISTANBUL E IL DISCORSO DI MALDINI – «Sarà stata l’una di notte. Nessuno riusciva a dormire. Ci ritrovammo nella hall. Paolo ci disse che ci saremmo dovuti rifare subito. E infatti andò così, ma io ero già andato via».

COME MARCARE LEAO – «Stretto, duro, senza possibilità di farmi puntare. Devi giocargli attaccato alle caviglie. La sua fortuna è stata incontrare Allegri, che io conosco dai tempi in cui giocavamo a Cagliari. Lui è stato un genio nel capire che uno come Leao non deve correre all’indietro, ma fare una sola fase».

MODRIC AVREBBE GIOCATO NELLE SUE SQUADRE – «Non so. Simeone, Veron, Pirlo, Gattuso, Kakà, Seedorf… farei fatica a toglierne uno».

LA CORSA SCUDETTO«La variabile è il centravanti, ma Leao può risolvere i problemi dei rossoneri. Davanti a tutti c’è sempre l’Inter, poi è un campionato equilibrato».

LA SITUAZIONE DELLA LAZIO«E’ il momento più basso della gestione Lotito. La società non programma, non fa investimenti ed è lontana dai vertici. All’interno di queste difficoltà, Sarri e la squadra stanno facendo il massimo. Tra i giocatori che amo di più c’è Gila: fortissimo».

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