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Spalletti Juve, le confessioni all’amico Galante: «Cambiaso gli piace da morire e dice che quell’altro giocatore è una forza della natura»

Spalletti Juve, le confessioni all’amico Galante: «Cambiaso gli piace da morire e dice che quell’altro giocatore è una forza della natura». L’intervista
Fabio Galante, ex calciatore e amico fraterno di Luciano Spalletti, apre il cassetto dei ricordi in un’intervista esclusiva a Tuttosport, raccontando il loro legame speciale.
IL PRIMO RICORDO – «Facile: le lezioni di guida tra Empoli e Sovigliana. Se ho preso subito la patente lo devo a Luciano. Quando giocavamo all’Empoli capitava spesso che mi fermassi da lui, a casa di mamma Ilva. Dormivamo nella stessa stanza, facevamo cena e colazione insieme, come due fratelli. Al rientro dall’allenamento metteva a disposizione la sua macchina per farmi delle lezioni di guida».
CHE MAESTRO ERA – «Esigente ma comprensivo, come in campo. È sempre stato al mio fianco, mi ha aiutato tantissimo a 360 gradi. È stata una fortuna per noi giovani averlo in quella squadra. Ci spiegava come dovevamo comportarci, come essere professionisti seri. L’impegno non poteva mai mancare».
COS’ERA IL SUO EMPOLI – «Un mix di fattori: molti ragazzi venivano da Napoli o dalla Sardegna quindi stavano nei loro convitti. Io invece ero di quelle parti, e allora un paio di giorni a settimana mi fermavo da lui. Poi penso sia stata una semplice questione di feeling. Stavamo bene insieme. Specie davanti alle lasagne di Ilva. Erano straordinarie».
UN RITO SCARAMANTICO – «È nato tutto un sabato prima di una gara in casa: eravamo in ritiro a pranzo con il resto della squadra e Luciano mi chiese di mangiare poco perché sua mamma – come al solito – aveva preparato le lasagne e ci avrebbe “cazziati” se le avessimo avanzate. Il giorno dopo abbiamo vinto la partita giocando alla grande entrambi. E allora da lì, quando possibile, cercavamo di ripetere di sabato in sabato questo rito».
QUANDO HA CAPITO CHE AVREBBE FATTO L’ALLENATORE – «L’ho capito subito. Bastava vedere come si rapportava con alcuni di noi durante la settimana. Mi diceva ogni giorno come dovevo mettere il corpo in marcatura, cosa dovevo mangiare, come mi dovevo allenare… Quando sono andato al Genoa lui scelse di ritirarsi, e allora mi chiedeva di scrivergli al dettaglio gli esercizi che facevamo con Scoglio… Aveva appena incominciato in panchina: voleva imparare e io, nel mio piccolo, gli davo una mano».
I SUOI METODI – «Per lui è fondamentale la credibilità all’interno dello spogliatoio. Non c’è singolo che possa minare il rapporto che lui ha con il gruppo. Fa di tutto per proteggerlo. E lo ha dimostrato con le gestioni di Icardi e Totti… Andando dietro a loro rischiava di perdere gli altri. I risultati gli hanno dato ragione tra scudetti e piazzamenti in Champions».
I CASI ICARDI E TOTTI: COME LI HA VISSUTI – «Non bene, ovviamente. Si è trovato nel posto giusto al momento sbagliato. Lui è una persona buonissima e di una generosità immensa. Quando vai a cena con lui non ti fa mai pagare. Ad Appiano si metteva lì con i magazzinieri per installare i cartelloni pubblicitari… Quando vede però che qualcheduno – calciatore, dirigente o giornalista che sia – fa il furbo, va su tutte le furi».
L’HA SENTITO DI RECENTE – «Più volte. È carico. A lui piacciono le sfide, metter mano in maniera capillare nelle sue realtà sportive. E una spallettata delle sue l’abbiamo già vista con Koopmeiners. Chi l’avrebbe mai detto che potesse giocare così bene in quel ruolo… Quando lo rimetterà a centrocampo sono sicuro che potrà contare su una fiducia ritrovata, essere più leggero. Luciano è un genio. Un allenatore moderno: quando ha un’idea la porta avanti fino alla fine perché è testardo. Ha vinto in Russia, a Napoli. Piazze che non gli chiedevano il titolo. All’Inter ha ricostruito i presupposti per lo scudetto con una serie di intuizioni tattiche significative. Gli auguro di fare lo stesso alla Juventus, perché se lo merita dopo l’esperienza in Nazionale. Per lui è una ferita ancora aperta».
IN NAZIONALE AVEVA BISOGNO DI PIU’ TEMPO – «In parte è vero, ma se pensiamo a Conte e Sacchi abbiamo la prova del contrario. La differenza è che questi due avevano a disposizione un’ossatura di campioni azzurri veri a cui appoggiarsi. Penso a Buffon, Chiellini, Barzagli, Bonucci… Forse agli Europei poteva cercare di alleggerire un po’ di più i ragazzi a livello di testa. Ma è stato lui stesso ad ammetterlo».
LA JUVE É LA SFIDA PIU’ AFFASCINANTE – «Direi di sì. Ritrovarsi a maggio in lotta per il titolo sarebbe incredibile. Oggi l’obiettivo più concreto è il piazzamento in Champions, ma per i ritmi delle nostre big che, fin qui, non stanno scappando, giocare per l’Europa significa giocare per lo scudetto. È la stessa cosa».
CHI PUO’ CRESCERE CON LUI – «Direi anzitutto i profili di qualità come Yildiz e Conceiçao, passando poi per un tuttofare come McKennie, Thuram con cui proverà a lavorare sulla falsa riga di quanto fatto a Roma con Nainggolan e Cambiaso. Quando allenava ancora gli azzurri e mi capitava di cenare con lui, si metteva lì a parlarmi di tutti i suoi moduli, dei suoi schemi… Non ce n’era uno che prescindesse da Cambiaso. Gli piace da morire. Senza dimenticare Vlahovic. Me ne ha parlato qualche giorno fa: dice che è una forza della natura. Sarà un punto fermo della sua Juve».
