Hanno Detto
Vieira riavvolge il nastro: «Quella Juve era fortissima. Ho un solo rimpianto in bianconero». Poi ha parlato così della retrocessione in B

Vieira riavvolge il nastro: «Quella Juve era fortissima. Ho un solo rimpianto in bianconero». Le sue dichiarazioni direttamente dal Festival di Trento
Un anno solo, intenso, vincente e finito nel modo più brusco e inaspettato. Dal palco del Festival dello Sport di Trento, l’attuale tecnico del Genoa, Patrick Vieira, ha riaperto il libro dei ricordi, tornando a parlare della sua unica, indimenticabile stagione con la maglia della Juventus, quella del 2005/2006. Un’analisi lucida e onesta, che mescola il rimpianto per un ciclo interrotto alla fierezza per quanto conquistato sul campo.
Vieira: i ricordi dell’anno a Torino
L’ex centrocampista francese ha parlato di quella Juve stellare allenata da Fabio Capello, definendola la squadra più forte in cui abbia mai giocato, pur con il dispiacere per come si è conclusa l’avventura.
GLI ANNI ALLA JUVE – «Capello sempre uguale, sempre arrabbiato. Non era cambiato per niente, grande voglia di vincere spirito competitivo. Squadra più forte? Questa Juve era fortissima, dispiaciuto essere rimasto un anno. Quello che è successo ha cambiato le mi idee, ma quell’anno è stato molto bello».
Il ricordo va poi inevitabilmente a Calciopoli e alla sua decisione, netta e senza ripensamenti, di lasciare la Juventus dopo la retrocessione in Serie B, per accasarsi ai rivali dell’Inter.
LA RETROCESSIONE IN SERIE B – «Non ci ho mai pensato, non volevo giocare in Serie B. Qualcuno era più legato, io non avevo voglia. Una ragione sportiva. Ho avuto l’opportunità di andare all’Inter».
Infine, una presa di posizione forte e mai nascosta: per Vieira, lo Scudetto vinto sul campo in quella stagione va assolutamente contato, al di là delle sentenze della giustizia sportiva.
LO SCUDETTO REVOCATO – «Scudetto con la Juve? Va contato, eravamo la squadra più forte. Quello che è successo, noi concentrati sul campo».
Le parole di Vieira sono la fotografia di un campione dal carattere forte e pragmatico. Da un lato, il riconoscimento della grandezza di una squadra che definisce “fortissima” e il dispiacere per averci giocato un solo anno. Dall’altro, l’onestà intellettuale nell’ammettere di aver fatto una “ragione sportiva”, scegliendo di non scendere di categoria per continuare a giocare ai massimi livelli. Ma il suo legame con quella stagione resta forte, così come la convinzione che quel titolo, il numero 29, sia stato vinto meritatamente sul campo.
