Conferenza stampa Allegri Agnelli, il presidente: «La Juve è un'azienda»
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Agnelli: «La Juve è un azienda, Allegri ne ha scritto la storia». La conferenza

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Conferenza stampa Allegri-Agnelli: il presidente bianconero e l’allenatore si presentano insieme davanti ai giornalisti

Dopo la comunicazione della fine del rapporto tra la Juventus e Massimiliano Allegri, il tecnico e Andrea Agnelli hanno tenuto una conferenza congiunta per chiarire la decisione.

Le parole di Andrea Agnelli

«Prendo la parola io in una giornata diversa dalle altre. Io non risponderò a nessuna domanda sull’allenatore della Juventus 19/20. Sono qui per celebrare Max, che da solo ha scritto la storia della Juventus. 5 scudetti consecutivi sono arrivati solo negli anni ’30 e questo Max lo ha fatto solo. Mi ricordo a maggio nel 2013, io e Paratici stavamo andando a vedere la finale di Champions. Uscì da un albergo Max e dissi a Paratici che lui sarebbe potuto diventare il nuovo allenatore della Juve. Abbiamo aspettato il luglio 2014: tra le contestazioni generali ha accettato di diventare tecnico della Juventus. Anche qui ci sono due aneddoti: quando arrivammo a Vinovo, il nostro autista voleva passare dall’ingresso secondario per la contestazione. Ma io lo fermai, non avevamo nulla da nascondere. Alla fine di quell’anno feci un tweet: per vincere ci voglio gli attributi. È il secondo allenatore più longevo dopo Trapattoni, ha la miglior media punti e la miglior media vittorie. Oltre a tutti i trofei. Sono stati anni bellissimi. Abbiamo vissuto un anno e mezzo da vicini di casa a fare colazione e cena insieme, Barzagli era il nostro altro vicino».

«Abbiamo visto i nostri figli crescere reciprocamente. Non fermiamoci ai freddi numeri ma pensiamo alla cavalcata sino a Berlino nel 2015. Molti stavano già preparando il necrologio e noi riuscimmo a fare 15 vittorie consecutive. Io credo di aver trovato un amico sincero, con cui potermi confidare su tanti argomenti. In questo momento devo fare una valutazione sulla progettualità. Il nostro obiettivo è quello di vincere sia in Italia sia in Europa. Abbiamo le Women e l’Under 23. Stiamo cercando un impianto idoneo a queste due realtà. Stiamo valutando investimenti nell’intelligenza artificiale nelle metodologie d’allenamento. Siamo sempre volti al futuro: ho la massima fiducia in Re, Ricci, Nedved e Paratici. Per concludere: quando non ci sono elementi fattuali, si leggono tante dietrologie. Dopo l’Ajax ero sincero, poi sono seguite riflessioni che hanno portato alla giusta decisione. C’è un po’ di tristezza e un po’ di commozione. Ma questo era il momento giusto per chiudere questo ciclo. Normalmente le magliette si consegnano prima e non dopo, ma questa te la dobbiamo. Un applauso sincero».

DIVERGENZE – «Al di là delle dietrologie, quello che è stato è stato un percorso di professionisti. Al di là delle dichiarazioni sull’onda dell’emotività, si sono fatte delle riflessioni. Abbiamo capito insieme che questo ciclo era finito. Siamo persone intelligenti e abbiamo capito che era il momento di chiudere».

AMBIENTE ESTERNO – «Quello che ha contribuito è più che altro il cuore. Ma quando gestisci aziende devi saper prendere le giuste decisioni. Poi solo il futuro saprà dire se le scelte sono corrette. Noi viviamo una realtà dall’interno. Se uno non è dentro non può cogliere tutti gli elementi per cui vengono prese determinate scelte e vengono attribuite determinate responsabilità. A me piacciono le opinioni forti che vengono ascoltate e si subiscono delle pressioni. Chi non è in grado di gestirle, non può farne a parte».

CAUSE – «Non siamo le persone adatte a parlare di rapporti di coppia».

NUOVO ALLENATORE – «La prossima domanda, ho già risposto».

DECISIONE – «È maturata durante gli incontri. Quando si affrontano determinati temi, abbiamo capito che era nell’interesse di tutti fermarsi. Al termine di alcune riflessioni questa è stata determinata come la scelta migliore. Poi è evidente che è la società a prendere le decisioni, non è Max a rinnovarsi il contratto. Nessuna persona all’interno della società è indispensabile, da me ai magazzinieri. Pensiamo anche a Romeo. È la storia della Juventus che è più grande di una persona. Ci sono responsabilità che vanno esercitate nell’interesse della società».

DECISIONE SOFFERTA – «La più sofferta di tutte? Credo di sì».

JUVE DEL FUTURO – «È una domanda che dovete fare al direttore, Paratici. La divisione dei ruoli all’interno di un’azienda è fondamentale. Sarà Paratici a darvi queste risposte. La Juventus è un’azienda».

Le parole di Allegri

«Ringrazio il presidente per le bellissime parole, ringrazio i ragazzi (si ferma commosso ndr). Per quello che hanno fatto. Tutti i gruppi. Ci siamo tolti grande soddisfazione. Lascio una squadra vincente che ha le potenzialità per ripetersi in Italia e per fare un’altra grandissima Champions».

FINE DEL CICLO – «Abbiamo discusso del futuro e del bene della Juventus. La società ha ritenuto opportuno che l’allenatore non fossi più io. I rapporti col presidente sono straordinari, con Paratici, con Nedved. Ho trovato una squadra dirigenziale straordinaria, all’epoca c’era anche Marotta. Lascio una società solida composta da uomini. Lascio una società con un presidente straordinario, un decisionista. Fabio e Nedved erano dei ragazzi e ora sono dei dirigenti importanti. Domani sera bisogna festeggiare: prima per la vittoria, poi per l’addio di Andrea Barzagli. Il professore dei difensori che lascia. Domani deve essere una bellissima serata in cui dobbiamo tutti festeggiare».

DECISIONE – «La vivo serenamente. Nei rapporti professionali ci si può dividere. Sono state scritte cose inesatte, io non avevo chiesto anni di contratto e rivoluzioni. Abbiamo capito che bisognava separarsi. Questo è quello che è successo nelle famose riunioni. Una sera sono andato a cena dal presidente – mi avete rincorso ma non mi avete preso – e l’altro ieri ci siamo visti in sede con Fabio e Pavel. Il presidente ha preso questa decisione. Abbiamo fatto 5 anni straordinari e siamo orgogliosi di aver vinto 5 scudetti. Sono contendo ed emozionato. Però basta perché domani bisogna vincere e festeggiare».

BEL GIOCO – «Quest’onta non ha mai pesato. È un dibattito che si è creato coi tifosi e con i giornalisti. Quando lavori nella Juventus devi portare a casa gli obiettivi. Giocar bene o giocar male dipende dai risultati finali. Io che sono l’allenatore devo esaminare sempre la prestazione e non il risultato. Le partite di calcio sono strategia, non sempre si può giocare bene. Quando giochi male e perdi perdi lo scudetto. La Juve ha un DNA vincente. Se uno si accontenta di uscire dal campo e dire “Abbiamo giocato bene ma abbiamo perso e siamo arrivati secondi…”. Non è roba che fa per me. Io a Cagliari feci 0 punti nelle prime cinque ma giocavo bene. Quando abbiamo fatto 15 vittorie nell’anno della rincorsa non giocavamo un calcio straordinario. A calcio difendere non è vergogna. Lo ripeto: la partita che abbiamo giocato a Cardiff non abbiamo perso perché loro hanno fatto più gol ma perché il Real ha difeso meglio di noi. Non ho ancora capito cosa vuol dire giocare bene o giocar male. Come dico sempre nella vita ci sono le categorie. Ci sono giocatori che vincono le Champions, i campionati, che si salvano. Poi ci sono quelli che non vincono mai e ci sarà un motivo. Nel gabbione a Livorno ho perso solo un torneo. Ci sarà un motivo. Non c’è più mestiere, è tutta teoria. Io ho avuto Cellino a Cagliari, in un anno ha riportato il Brescia in Serie A. Quelli che vincono sono più bravi degli altri. Ora vorrei fare un esempio ma se lo faccio viene giù tutto».

ALLENATORE MANAGER – «In questi anni sono stato coinvolto nella società, a livello tecnico. Sono sempre stato fiero di essere etichettato come aziendalista. Io sposo o contesto le varie problematiche all’interno delle aziende. L’allenatore deve conoscere tutto, tutte le problematiche. La Juve fattura 500 milioni. A me personalmente piace molto, magari quando smetterò avrò un ruolo dirigenziale. È una cultura mia personale. Non voglio essere ridotto a fare i cambi la domenica».

BARZAGLI – «È un allenatore in rampa di lancio».

JUVENTINO – «Mi sono sentito subito juventino. Da piccolo avevo il poster di Platini perché mi affascinava. Poi comunque sono rimasto juventino. Significa far parte di una famiglia che da 120 anni è al comando della Juventus. Ti aiuta a crescere: qui impari cultura del lavoro e disciplina. Ha inglobato la mia stravaganza».

TIFOSERIA – «È sempre stata calorosa verso di me. Mi ha fatto emozionare quando mi hanno invocato dalla curva. Io sono distaccato ma alla fine vivo anche io mi emoziono. Non posso mettere tutti d’accordo, poi ci avevo qualcuno contro ma la contestazione ti fa crescere. Ma quando sono entrato all’Ippodromo la prima sensazione quando ero sui campi è stata il pensiero al mio cavallo che aveva vinto tre trofei».

FUTURO – «Ora non so niente. Domani si va in campo e si festeggia. Magari una pausa mi farebbe anche bene. Poi è normale che dopo il 15 luglio mi viene voglia di tornare a lavorare. Ma questo dipenderà da quello che ci sarà in giro, dovrò valutare quello che mi è stato proposto. Se rimarrò fermo mi dedicherò alla mia famiglia e ai miei amici».

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