Danilo: «Juve casa mia, rinnovo facile. Mi sento meglio di 4 anni fa ma può essere l'ultimo contratto»
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Danilo: «Juve casa mia, rinnovo facile. Mi sento meglio di 4 anni fa ma può essere l’ultimo contratto»

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Danilo: «Rinnovo con la Juve decisione facile. Mi sento meglio di 4 anni fa ma può essere l’ultimo contratto». Le parole del brasiliano

Danilo, difensore della Juventus, si è raccontato a Globo. Le sue dichiarazioni.

STAGIONE – Per me è impossibile separare il successo personale dal successo di squadra. Sono contento di essere in campo praticamente in ogni partita, ne ho salate solo due per squalifica. Sono felice di aver potuto aiutare la società e i miei compagni ad andare avanti in un momento difficile. Abbiamo dovuto affrontare problemi per tutta la stagione. Altri gruppi di giocatori avrebbero reagito in maniera più negativa rispetto a ciò che fatto il nostro gruppo. Abbiamo dimostrato che, nonostante tutto, la Juventus era ancora forte. Certo, alla Juve arrivare secondi o terzi non sarà mai una buona cosa perché vincere è l’unica cosa che è conta ma abbiamo dimostrato una capacità di lottare che tanti altri non sarebbero riusciti a dimostrare.

APICE DELLA CARRIERA – È difficile da dire. Se mi chiedessi se mi aspettavo a trentadue anni di essere a questo livello direi di no, che mi sarei aspettato di essere al top quando ero più giovane. Al contrario, mi sento molto bene, forse anche meglio di tre o quattro anni fa. Mi sento molto forte, pieno di energie. Non si tratta solo di esperienza, capisco meglio il gioco, corro meno. Ma mi sento più potente e veloce. Sono ancora nella nazionale brasiliana dopo tanti anni e, a questa età, potersi divertire a giocare con la maglia del Brasile è una cosa che mi rende molto felice, perché non è facile.

RINNOVO – Per me è stato molto facile prendere la decisione di rinnovare il contratto alla Juventus. È un club dove mi sento bene, a casa, i valori che il club ha, ovvero il lavoro, la resilienza, il superamento degli ostacoli rappresentano molto quelli che ho imparato a casa da mia madre e mio padre. Quelli che cerco di trasmettere ai miei figli. Ricevo molto affetto in città, dai tifosi e dalle persone che ci vivono. Sto bene, non devo pensare di andare da qualche altra parte per avere tutto questo. Internamente ho creato un grande legame con dipendenti, staff, dirigenti. Sento di dover ripagare un po’ della fiducia che hanno avuto in me quando ho scelto di lasciare il Manchester City. Questo potrebbe essere il mio ultimo contratto da giocatore.

RITORO IN BRASILE – Ho tanti sogni, l’obiettivo di fare tante altre cose quando smetterò di giocare. Tornare in Brasile non è una possibilità in questo momento anche se mi manca molto il Brasile. Ho giocato poco nel campionato brasiliano, ma non è qualcosa che è nei miei programmi in questo momento.

RAZZISMO – Alla Juventus, tempo fa, ho partecipato a un podcast che il club sponsorizza e che affronta la questione razziale in modo più diretto in Italia. Ci sono due ragazze nere che fanno il podcast e cercano in qualche modo di sensibilizzare su questo argomento. Mi ha arricchito molto partecipare, abbiamo fatto la registrazione in un momento in cui il mare era calmo. Due settimane dopo, abbiamo avuto un episodio nel nostro stadio con Lukaku, in cui la narrazione che si è creata era che ero andato contro Lukaku e a favore dei razzisti. E si crea una narrazione in cui c’è il giocatore contro giocatore, istituzione contro istituzione, e il protagonista negativo del caso, che è il razzismo, viene messo da parte. Ho avuto l’opportunità di parlare e discutere in seguito con Lukaku e abbiamo detto: non sono io contro Lukaku, Juventus contro Inter, dobbiamo essere tutti noi della comunità calcistica contro il razzismo, che sia tifoso della Juventus, dell’Inter, della Nazionale, chissà. Questa è la grande domanda. A volte si verifica la seguente situazione: quando è contro un giocatore della mia squadra, scelgo il combattimento; quando è il giocatore di un avversario, mi alzo. E poi diventa molto difficile creare qualcosa di concreto contro il razzismo. Il razzismo deve essere punito”. Giorni dopo ho fatto una dichiarazione e quello è stato un mio errore, non ho parlato nello specifico di quel caso, di quello che è successo quella sera con Lukaku, ho fatto una dichiarazione un po’ generica. Dopo ho pensato: in quel momento ho commesso un errore, era importante parlare concretamente di quel caso, esattamente quello che è successo. Avere questa autoconsapevolezza di pensare: quel giorno ho commesso un errore, non posso più sbagliare su questo argomento, devo parlare in modo giusto, diretto, fare nomi, è così che funziona. Altrimenti, è più facile girare la faccia, asciugarla e lasciarla lì.

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