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Hanno Detto

Heysel, Stefano Tacconi: «La mia migliore partita in una serata tragica, ecco com’è andata. La Juve non voleva giocare, ci obbligarono. Mi manca tanto Scirea»

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Heysel, Stefano Tacconi ricorda la tragedia a quasi 40 anni di distanza: tutte le dichiarazioni dell’ex portiere della Juve

Stefano Tacconi difendeva la porta della Juventus nella tragica serata dell’Heysel del 29 maggio 1985. A quasi 40 anni di distanza, l’ex bianconero ne ricorda i momenti e le angoscianti sensazioni in un’intervista a La Gazzetta dello Sport.

PENSIERI – «Penso spesso all’Heysel, soprattutto di notte quando fatico a prendere sonno. E ricordo ancora tutto, come fosse ieri. Invece la prossima settimana saranno già 40 anni da quella triste serata. Non si può morire per una partita di calcio. È una sofferenza che tutti noi ci portiamo dietro da 40 anni e non ci abbandonerà mai».

I FATTI – «A un certo punto arrivarono nello spogliatoio diversi tifosi: erano feriti e insanguinati. Il nostro medico prestò soccorso a tutti. Noi giocatori eravamo già sotto la doccia, spaventati e tristi, pensando di non giocare. In quel momento sapevamo di una persona finita schiacciata nella calca, mentre dei 39 morti ci hanno detto soltanto dopo la partita, intorno a mezzanotte. In ogni caso nessuno pensava più al calcio e alla finale di Coppa Campioni.

Ma poi ci raggiunse un generale delle forze dell’ordine belga, che di fatto ci obbligò a scendere in campo per questioni di ordine pubblico. Così ci ricambiammo e uscimmo sul prato in un clima surreale. Trapattoni era traumatizzato dall’accaduto, come il figlio di Agnelli e tutti noi».

VITTORIA PER 1-0 PER IL GOL DI PLATINI – «E anche alle mie parate. Penso sia stata la miglior prestazione della carriera, ma non se ne può parlare perché la serata purtroppo è stata drammatica».

I FAMILIARI DELLE VITTIME – «Sono particolarmente legato alla famiglia di Franco Martelli. Sono umbri come me, ho incontrato e abbracciato i parenti poco dopo la tragedia. Franco era di Todi ed era iscritto al mio club».

ERA LA JUVE PIU’ FORTE DI SEMPRE – «Difficile dirlo. Sicuramente era la più arrabbiata e affamata, anche perché diversi giocatori erano reduci dalla delusione della finale di Coppa Campioni persa nel 1983 contro l’Amburgo di Magath.

Avevamo uno squadrone: Platini, Tardelli, Scirea… Sogno spesso anche Gaetano e mi manca tantissimo. Eravamo due persone completamente diverse, ma avevamo un buonissimo rapporto. Scirea ha preso soltanto una multa negli anni alla Juventus e sapete perché? Perché la colpa non era di Gaetano, ma mia».

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