Jarosz: «Brutto colpo -15, ma non si può limitare solo alla Juve»
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Jarosz (ex ECA): «Brutto colpo -15, ma non si può limitare solo alla Juventus» – ESCLUSIVA

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Olivier Jarosz, ex director ECA e attualmente nel consiglio di LTT Sports, ha rilasciato un’intervista esclusiva a Juventusnews24

Uno sguardo interessato sulla Juventus e l’attualità del calcio italiano. Olivier Jarosz, ex director ECA e attualmente nel consiglio di LTT Sports (advisor sportivo indipendente) traccia un bilancio sul presente e il futuro del club bianconero in un’intervista esclusiva a Juventusnews24.

Dall’estero qual è la percezione delle vicende che hanno coinvolto la Juventus recentemente?
«La Juventus è da sempre un trend setter, su fronti diversi: brand, commerciale e mercato. Fuori dall’Italia ha avuto molto eco la notizia delle operazione sospette per plusvalenze. Se siamo onesti sappiamo che quando gestisci una società i guadagni sono fondamentali, e uno degli aspetti principali tenuti in considerazione dagli investitori sul mercato, a volte contano più degli stessi risultati sportivi. La Juve non era da sola a valutare i giocatori nelle varie operazioni, per giudicare fino in fondo la sua strategia bisogna ricalibrare tutto il sistema. E ridefinire come vengono gestiti i trasferimenti, i rapporti con gli agenti, e le nuove norme di sostenibilità. Non si può limitare solo il discorso alla Juventus, anche perché è una tematica delicata che negli anni torna ciclicamente alla ribalta. Forse questa volta, viste le parti in causa coinvolte, si può innescare un vero cambiamento».

C’è il rischio di nuove sanzioni, dopo i 15 punti di penalizzazione in campionato?
«La Juve presenterà ricorso al Collegio di Garanzia contro il -15, un’altra penalizzazione aggraverebbe ulteriormente la situazione. I giocatori hanno reagito sul campo, ma è un brutto colpo per società, tifosi e dipendenti Juventus. E nel complesso anche per il calcio italiano, perché la Juve è un club trainante in Italia. Credo che per la Juve ora sia meglio abbandonare la mentalità dell’ottenere sempre quello che si vuole ad ogni costo, e approfittare del momento per trovare una nuova strada, con creatività, per farsi seguire dagli altri. In questo calcio rivoluzionato dal Covid, condizionato dai diritti tv e sempre più lontano dalle nuove generazioni, credo che la Juve possa evolvere solo se prende in considerazione un profondo rinnovamento. Proverei a ripartire da zero, ma senza arrendermi di fronte alle battaglie che l’aspettano su tutti i fronti».

E’ rimasto sorpreso dalle dimissioni di Andrea Agnelli e l’intero cda Juventus a novembre?
«Ci sono molte ragioni diverse che lo hanno portato alle dimissioni, alcune giustamente le tiene per sé. E’ stata una sorpresa perché per uscire dai momenti complicati spesso c’è bisogno di un leader, ma c’erano tante diverse situazioni da valutare, e a volte serve una nuova energia. Nessuno gli vieta di tornare alla Juventus quando la situazione si stabilizzerà, ma probabilmente è il segno che qualcosa doveva cambiare. Rimane un punto di riferimento, anche se non direttamente coinvolto nelle dinamiche del club».

La Uefa potrebbe sanzionare la Juventus con l’esclusione dalle coppe europee?
«Tutto è possibile, ma se decidono di penalizzare la Juventus forse dovrebbero prendere in considerazioni provvedimenti anche nei confronti di altri club: per le operazioni di mercato bisogna che ci sia l’accordo almeno tra due società. Andrei cauto sulle motivazioni che potrebbero portare ad eventuali sanzioni, non so esattamente quali valutazioni farà la Uefa. La domanda fondamentale è: chi decide il prezzo e l’esatta valutazione di un giocatore? Credo che i processi sportivi italiani possano influenzare, e va valutata anche la questione Superlega: in attesa della decisione della Corte di giustizia europea, il tribunale di Madrid ha stabilito che la Uefa non può limitare una competizione parallela, come già succede in altri sport. Non credo che ai tifosi importi molto chi organizza un evento, conta chi gioca. Il valore della competizione è dato dai club in gioco. L’Uefa può applicare sanzioni ma deve usare equilibrio: la Champions League è la Champions perché è una competizione per top club, e ci sono squadre come Real, Barcellona e Juventus»

Se la Juventus dovesse rinunciare alla Superlega, l’Uefa potrebbe far cadere eventuali sanzioni?
«Argomento interessante, è una situazione delicata. L’esempio è quello di un padre: se punisci troppo un figlio puoi correggerlo, ma c’è anche il rischio di averlo per sempre contro di te. Se la Juve uscisse dalla Superlega diventerebbe una questione tutta spagnola, per Tebas. Ma quale sarebbe la finalità di escludere la Juve dall’Europa? Il figlio alla lunga potrebbe stufarsi e cercare una nuova famiglia»

Il progetto Superlega ha diviso l’opinione pubblica
«Il calcio cerca sempre di trovare una soluzione all’interno del sistema. Quando non riesce spesso si crea scompiglio, come la sentenza Bosman nel 1995. I top club si lamentano di non aver abbastanza introiti, ma figuriamoci i club di serie B e C ai quali non è data un’opportunità di crescita. La Superlega è un tentativo di controbilanciare il sistema, anche se finisce per trascurare le medio/ piccole: a chi interessa l’Aberdeen se non gli abitanti di Aberdeen? Nel sistema attuale la Uefa garantisce una ripartizione dei ricavi, ma in modo asimmetrico».

La vera Superlega in questo momento è la Premier League
«Non esistono più i “big five” campionati d’Europa. La Premier League è diventata una global league e il campionato più internazionale. Il modello inglese al momento non è riproducibile altrove. Per molte nazioni la vera sfida in questo momento sono i cambiamenti strutturali e i miglioramenti del movimento, secondo le nostre analisi il calcio italiano rimane nella top 10; ha grande potenzialità, tradizione e qualità. Ma manca il linguaggio globale – l’inglese – che avvantaggia decisamente la Premier. L’unica cosa che si può fare è un rimodernamento dell’organizzazione, ma non è semplice; servono investimenti e figure mirate»

Il calcio italiano è in crisi dopo aver fallito due mondiali consecutivi?
«Non sarei troppo severo nei confronti della Nazionale, secondo me va rivisto il sistema delle qualificazioni che non può basarsi su una partita secca, in cui ad esempio la Macedonia sa che dovrà fare sempre la partita della vita. La Germania si è qualificata in Qatar ma è uscita di scena presto, possiamo parlare di crisi tedesca? E se il Bayern dovesse vincere la Champions si potrebbe ancora considerare in crisi? Nel calcio ci sono troppi alti e bassi che spostano le valutazioni anche nel giro di pochi giorni»

Spese trasferimenti Serie A vs Premier League (1991-2023). In caso di successo, la Superleague avrebbe potuto innescare un meccanismo per prevenire il dominio assoluto della Premier?

Ma cosa manca al calcio italiano per tornare al top?
«La Serie A come collettivo non sta raggiungendo il suo pieno potenziale, questo è chiaro. L’Inghilterra ha cavalcato un’onda e ha coniugato con successo le tradizioni del calcio britannico con la gestione degli affari sportivi in ​​stile americano, ma la Serie A non può limitarsi a copiare quel modello per molte ragioni. Penso che la Serie A potrebbe davvero generare molte risorse aggiuntive solo se si rivolgesse al proprio mercato interno. Strutturando adeguatamente i club, assicurando che tutti abbiano tutte le funzioni commerciali necessarie, sistemando le infrastrutture. Credo di averlo detto anche direttamente ad Andrea Agnelli qualche anno fa: il potenziale della Serie A non è stato raggiunto nemmeno al 50%. Penso ancora che ci sia molto da guadagnare dallo sviluppo della struttura domestica in Italia, che dovrebbe essere in grado di competere con Liga e Bundesliga in termini di ciò che generano».

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