Roberto Baggio: «Non dimenticherò mai il rigore sbagliato in finale»
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Roberto Baggio: «Non dimenticherò mai il rigore sbagliato in finale»

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Roberto Baggio: «Non dimenticherò mai il rigore sbagliato in finale». L’ex campione della Juve si racconta a Sky

E’ uscita su Sky un’intervista esclusiva a Roberto Baggio dal titolo “Vite – L’arte del possibile“.

Queste le parole dell’ex campione della Juve.

AMORE DEI TIFOSI – «Ho sempre ricevuto grande affetto da parte della gente. Anche quando ero avversario di alcune tifoserie. Ho avuto la fortuna di aver fatto parte della Nazionale e questo ha aiutato molto. I risultati ottenuti con tanti compagni in Nazionale hanno lasciato il segno. Credo che questa sia una delle cause».

DIFFICOLTA’ FANNO CRESCERE – «Gestire il dolore è la cosa più difficile, ma è quella che fa crescere. Possiamo diventare grandi persone se solo se sapremo affrontare le difficoltà, se non ci facciamo sviare da altro. E’ il sale della vita di ogni persona. Senza difficoltà non possiamo capire il nostro valore»

INFORTUNIO PIU’ DURO – «Il primo a 18 anni è stato veramente molto pesante, non hai ancora capito niente dela vita a quell’età. Non ho giocato per quasi 2 anni. E’ difficile, ci sono cose che ad una certa età possono segnarti per la vita. Avevo talmente tanto desiderio di giocare che sono andato oltre. E’ stata la mia fortuna»

RIGORE SBAGLIATO AL MONDIALE – «Non lo dimenticherò mai. Era il sogno che coltivavo da bambino e che portavo avanti per tutta la mia vita, mi sosteneva nei momenti più difficili. Lo mettevo come obiettivo davanti per tirare via tutte le lamentele. Tutte le sere che andavo a dormire ho sognato la finale col Brasile. Poi è arrivata ed è finita nella maniera più assurda che non avrei mai pensato».

TROPPO CRITICO – «Forse la gente mi ha perdonato, mi ha sempre dimostrato grande amore ed affetto. Ha capito la mia sofferenza, però sono molto esigente con me stesso, per cui avevo mille occasioni per sbagliare ma non quel giorno. Volevo spiazzare il portiere come successo. Inspiegabile che ne ho calciati tanti, ma tirarlo alto non mi era mai capitato. C’è il dubbio di non aver comandato la forza del tiro, la forza del piede. Quella roba non la cancelli. Quando penso al Mondiale perso che ho perso quello, il secondo Pallone d’Oro e il trofeo come miglior giocatore del mondo. Tutto in un rigore.

MONDIALE 1994 – «Venivo da un anno importante dove avevo vinto il pallone d’oro, c’era grande attesa. Purtroppo però le responsabilità di quel momento, l’attesa che c’è diventa un muro quasi invalicabile. Nelle prime gare volevo fare ma non ci riuscivo».

IL GINOCCHIO – «Se potevo dare 5 davo 5, ma ho sempre dato tutto, sapendo che i rischi erano alti. Ovviamente il ginocchio mi ha segnato la vita di calciatore e anche di persona. Non riesco a fare ora tante cose. Ma la mia forza mentale mi faceva mettere la mia passione davanti a tutto, la sognavo».

MONDIALE 2002 – «Una ferita e come tutte magari non si cicatrizza. Quel Mondiale era magari un atto per quello che avevo dato alla maglia azzurra. Aver fatto parte di quella Nazionale sarebbe stato qualcosa, se giocavo o non giocavo era un’altra storia. Ma meritavo quel Mondiale ed andare nella terra del mio maestro, la cosa a cui tenevo di più».

RITIRO – «Ho ricordi pieni di emozioni. Sapevo che si chiudeva una parte importante per cui avevo lottato, ma è stato anche un momento di gioia perchè sapevo che finiva quell’agonia che mi aveva accompagnato per tanti anni, il fatto di non sapere se arrivavo al giorno dopo a fare quello che sognavo. Ho fatto forse di più di quanto potevo. Mi ricordo l’applauso, è stato commovente per me, c’era tutta la gente».

BAGGIO IN CARRIERA – «Quando ci ripenso mi sarebbe piaciuto rivedermi quando ero a Vicenza, lì ero imprendibile. Con l’infortunio mi hanno tolto qualcosa. Non ero più lo stesso, mi ha segnato per la vita».

UN’ESPERIENZA CHE LO HA SORPRESO NEL CALCIO – «L’anno di Bologna è stato un anno meraviglioso che mi ha riportato in Nazionale e alla gioia di poter vivere un altro Mondiale, quello di Francia. Sembra sia durata un mese e non un anno. E’ stato bello, un grande rapporto».

DIFFICILE DA GESTIRE – «Non lo so. Chi aveva il mio ruolo ha vissuto gli anni più difficili. Tutti iniziavano a giocare a zona, Sacchi aveva creato questa scuola e lo seguivano. Per chi aveva il mio ruolo, non ben definito, era difficile. Zola è dovuto andare in Inghilterra per giocare. Fa ridere. Però penso che l’allenatore è importantissimo, ma il calcio lo fanno i giocatori».

CAMBIATO IL CALCIO – «Se incontri un allenatore che mette davanti il suo modulo allora è tempo perso. Se il tecnico è oscurato da se stesso è chiaro che un giocatore che esce da certi canoni dà fastidio».

CITTA’ VISSUTE – «Sono stato bene dappertutto. A Bologna è stato talmente grande il desiderio di andare ai Mondiali che è volato».

DOVE SAREBBE VOLUTO ANDARE – «Ci vorrebbero tre vite. Ci sono state squadre che mi hanno cercato anche all’estero, ma perdevi la Nazionale in automatico se facevi così. Però io ho seguito il mio desiderio, non ci penso tanto».

ONSIGLIO A CHI SI RITIRA – «Uno deve trovare altri interessi, questo è fondamentale, ti devi rinnovare. La vita non è fatta per stare a guardare. Anche la cosa più semplice poi ti riempie. Il calciatore è sempre sotto giudizio, se ti chiudono la luce non sai dove andare. Non hai qualcosa che ti appassiona come prima».

RUOLO IN FEDERAZIONE – «Non mi sentivo a mio agio. Ho provato ma quando uno torna a casa e non si sente bene significa che deve abbandonare».

TORNARE NEL CALCIO – «Volevo staccare completamente, capire cosa fare da grande. Poi ogni tanto ci pensi, ma per fortuna rimane quello. Devi essere portato e forse io non mi reputo all’altezza di allenare».

CALCIO DI OGGI – «Lo guardo ogni tanto, ma non so se è per le troppe partite ma oggi sembra che ci sia troppo di tutto. A volte non ho più l’interesse di prima».

NAZIONALE DEL 1982 – «Io andavo con papà a vedere giocare il Vicenza dove c’era Paolo Rossi. Sognavo di diventare come lui, mi arrampicavo alla rete dello Stadio per vedere le partite. Il sogno di poterlo emulare era vivo. Quello che ha fatto il Mondiale ancora di più. Fu un’estate indimenticabile, lui ci ha fatti godere tutti. Era quello il rammarico mio quando arrivammo alla finale. Non ho regalato quella gioia agli italiani».

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