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Tacconi ricorda il dramma dell’Heysel: «40 anni da quel giorno maledetto. Sappiamo benissimo che sarebbe stato meglio non giocarla ma…»

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Tacconi ricorda il dramma dell’Heysel: tutte le dichiarazioni dell’ex portiere della Juve anche sulle sue condizioni

L’ex portiere della Juve Stefano Tacconi durante la presentazione del suo libro “L’arte di parare” ha affrontato molti temi ricordando anche la strage dell’Heysel. Le parole riprese da TMW.

PAROLE – «Sono stato preso per i capelli per restare in vita. Ho vissuto un periodo abbastanza delicato, così come lo è stato per la mia famiglia. Mia moglie si sentiva dire che potevo morire ogni giorno. La mia miglior cura è stata la famiglia, dopo due anni di ospedali, non vedevo l’ora di tornare a casa. Mio figlio era con me la mattina in cui è successo, mi sono svegliato con il mal di testa. Era un avvertimento importante su quello che poteva capitarmi. Sono finito in coma, mio figlio mi ha salvato tirandomi fuori la lingua dalla bocca con il primo soccorso. Poi mi hanno portato in ospedale, ma non c’era nessuno che poteva curarmi alla testa, poi mi hanno trasferito da un professore che mi ha salvato la vita».

SULL’HEYSEL – «Sono passati 40 anni da quel giorno maledetto. Una pagina brutta per il calcio italiano e mondiale. Da quel giorno non capiscono ancora oggi cosa sia successo, perché vedo ancora incidenti particolari. Finché l’ignoranza è più forte dell’intelligenza non ne veniamo fuori. Sappiamo benissimo che non giocarla era meglio, ma dopo averla giocata penso che abbiamo salvato tantissime altre persone, perché si sentiva già che la curva della Juventus volesse andare sotto a quella avversaria per vendicarsi. Io, Scirea, Cabrini e Platini siamo riusciti a contenerli. Siamo stati criticati quando siamo usciti con la coppa, ma le forze armate presenti ci hanno detto che grazie a quello stavano facendo uscire piano piano tutti».

I PIÙ FORTI CON CUI HAI GIOCATO – «Ho avuto la fortuna di giocare negli anni 80′ quando c’erano tutti i più forti. C’era Maradona, Platini è già tanto che abbia giocato con me. Poi Matthaus, Socrates, Zico. Fa paura solo fare qualche nome. Ma credo che anche loro avessero un po’ paura di me».

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