Tommaso Mancini: «Dai consigli di Paolo Rossi alla Juventus»
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Tommaso Mancini: «Dai consigli di Paolo Rossi all’arrivo alla Juventus: l’obiettivo è la prima squadra» – ESCLUSIVA VIDEO

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Tommaso Mancini, attaccante della Juve Primavera, ha rilasciato un’intervista esclusiva a Juventusnews24. Le parole

Un viaggio a tappe, quelle che da Vicenza lo hanno portato alla Juve. Inizialmente in Primavera, ma con un percorso futuro ben definito all’interno del club bianconero. Tommaso Mancini è uno dei talenti più cristallini del settore giovanile della Juventus: da Vicenza a Torino dicevamo, seguendo i passi di due leggende come Roberto Baggio e Paolo Rossi. Ma il classe 2004 preferisce mantenere i piedi per terra ora: trascinatore dell’Under 19 di Paolo Montero, ha ben chiare prospettive, obiettivi e sogni. Passato, presente e futuro intrecciati nella sua intervista esclusiva a Juventusnews24.

Prima tappa: il Vicenza

Tommaso, ci racconti da dove prende forma il tuo viaggio? Chi ti ha trasmesso la passione per il calcio e quali sono stati i primi passi in questo mondo?
«La passione per il calcio me l’ha trasmessa mio papà. Già mio nonno giocava ai tempi a Vicenza, nella città dove sono nato, infatti ho iniziato anche io a giocare al Vicenza a 5 anni. Giocavo già con i più grandi: ho mosso lì i miei primi passi, ma fino ai 12 anni praticavo anche un altro sport, lo sci. Tra l’altro giocavo anche in porta, quindi oltre a fare gol cercavo pure di pararli. A 12 anni ho scelto il calcio, di fare l’attaccante. Sono cresciuto, in Under 15 ho avuto la mia esplosione diciamo: ho fatto un buon campionato, mi ha chiamato la Nazionale, sono stato aiutato dalla società, dai mister che ho avuto, sono cresciuto e a 16 anni ho fatto l’esordio a Vicenza che è la squadra della mia città ed è stato bellissimo».

Il Vicenza ha rappresentato certamente le fondamenta della tua crescita. Che percorso è stato il tuo nel settore giovanile? C’è un ricordo in particolare, del te stesso bambino, con la maglia biancorossa?
«La spensieratezza, la famiglia, il fatto di essere sempre agevolato dalla mia città mi ha aiutato molto. Un ricordo bellissimo è un gol in rovesciata che ho fatto in Under 15, mi sono trovato benissimo, è stato tutto perfetto».

Dalle giovanili fino alla prima squadra. Ti dico solamente una data: 4 gennaio 2021, il resto raccontamelo tu…
«Eravamo 3-0 in vantaggio a Brescia, mi stavo scaldando. Già che il mister mi aveva convocato non ci credevo, poi mi allenavo da ormai un mesetto in prima squadra. Segniamo il 3-0 e il mister mi chiama ma io non ci credevo. Era una cosa incredibile. Nonostante non ci fosse nessuno allo stadio, a causa del Covid, mi sembrava di essere fuori dal mondo. È stato intenso, potevano esserci tante aspettative ma ho cercato di fare del mio meglio. È stato stupendo, ho chiamato subito la mia famiglia, i miei amici, è stata una giornata indescrivibile».

Esordio in Serie B a 16 anni con il Vicenza, come fece circa 38 anni prima Roberto Baggio il 5 giugno del 1983 in C1. Lui e Paolo Rossi hanno segnato la storia del calcio, vestendo come te ora le maglie di Vicenza e Juve. Rappresentano e han rappresentato per te dei modelli nel corso della tua crescita?
«Non posso sicuramente paragonarmi a dei giocatori di quel livello. Hanno vinto un Pallone d’Oro a testa, non c’è niente in più da raccontare su di loro. Ho avuto la fortuna di conoscere Paolo Rossi, mi ha dato dei consigli da attaccante. Mi ha spiegato com’è Vicenza, una società stupenda dove sarei potuto crescere e sarei potuto rimanere fin da piccolo. Mi ha detto di rimanere lì perché potevo crescere, potevo migliorare, e poi sarei potuto andare a giocare nei grandi club. Mi ha trasmesso la sua umiltà fin dai primi discorsi che abbiamo fatto, è stato un’ispirazione e una fortuna averlo conosciuto».

Il giovane talento che dal settore giovanile sboccia in prima squadra chiude quell’anno con 5 gettoni in Serie B. L’anno successivo, invece, sei aggregato in pianta stabile con i grandi ma la stagione termina con la retrocessione…
«Non è stata una stagione da incorniciare diciamo. Ci sono state molte difficoltà, siamo stati sfortunati in certe occasioni. Abbiamo fatto il possibile ma non è andata bene».

Primo off topic. Hai giocato con Filippo Ranocchia quell’anno, centrocampista di proprietà della Juventus. Pensi possa diventare un giocatore importante per il futuro del club bianconero?
«È un giocatore fortissimo. Abbiamo legato molto, non avevo ancora la patente e quindi mi portava lui al campo d’allenamento. È un bravissimo ragazzo, un gran lavoratore. Sono sicuro che farà benissimo, potrà crescere molto in questi anni. Migliorerà tanto, ancora di più di quel che già è».

Arriva l’estate e si accendono anche tanti riflettori su di te, dall’Italia e dall’estero. Prima c’era il Milan, poi la Juventus: che mesi sono stati per te e come mai ha scelto proprio di trasferirti a Torino?
«Ho avuto poco tempo per decidere perché fino a metà luglio sono stato impegnato con la Nazionale, abbiamo avuto un torneo. Poi ho avuto quei 5 giorni di vacanza in cui mi sono rilassato di più, ho pensato. Ci sono state delle grandissime opportunità ma non abbiamo mai scelto niente: la mia scelta è arrivata quando ho deciso di voler andare alla Juve. L’ho detto a mio papà, alla mia famiglia e ho scelto la Juventus. Ho avuto la fortuna di visitare tante squadre: reputo che la Juve sia la società con le strutture e con un percorso, grazie anche alla Next Gen, che mi possa far crescere più di tutte».

Piccola curiosità: è vero che hai detto no al Liverpool di Klopp in passato?
«Ce l’ho avuto qualche anno prima, poi c’erano delle voci, varie cose… Io ho pensato a quello che era reale, a quello che sarebbe potuto essere, a ciò che mi avrebbe fatto crescere di più e alla fine ho pensato che la Juventus sarebbe stato il meglio».

Seconda tappa: la Juve Primavera

La prima volta che sei entrato nel centro sportivo della Juventus, a cosa hai pensato? C’è un aspetto che ti ha stupito particolarmente?
«Ero già stato a visitare la Juve qualche anno prima, ma nel momento in cui sono venuto per firmare e mi sono sentito parte di questo club, indossando il suo marchio, è stato uno shock quasi. Indossare sempre la maglia della propria città, poi andare via di casa e indossare uno stemma come quello della Juventus, la squadra che tifavo fin da bambino, è una cosa incredibile. Mi ha colpito, mi ritengo fortunatissimo ad essere qua».

Il presente in bianconero è la Primavera. 13 gol, 5 assist fino a questo momento tra campionato e Youth League: sotto quale aspetto senti la Juventus ti abbia fatto crescere maggiormente da quando sei a Torino?
«L’inizio non è stato dei migliori, un po’ per l’ambientamento, un po’ per varie cose. La Juve mi ha fatto crescere sotto l’aspetto tecnico-tattico, perché comunque abbiamo uno staff molto numeroso e di grandissimo livello. Mi hanno fatto crescere, mi sento più sicuro su alcune cose, ho più certezze. Ho sempre avuto una grande fame di gol e l’ho accentuata ancora di più. Sento di voler essere decisivo in ogni partita, in ogni momento, lavorando durante gli allenamenti sto crescendo molto fisicamente e anche tecnicamente».

Due facce, invece, della stagione dell’Under 19. La prima: il percorso di fine 2022 a cavallo tra il primo e il secondo posto. La seconda: il 2023, con 6 sconfitte all’attivo e una zona playoff ancora da conquistare. Dall’interno che spiegazioni vi siete dati a questa doppia fase del vostro campionato?
«Nella prima parte di campionato siamo stati dominanti, anche perché le altre squadre non ci conoscevano. Abbiamo battuto il Benfica campione d’Europa, raggiungendo grandissimi risultati e sono state partite importanti. La seconda parte è sempre la più difficile, perché devi riconfermarti. Ci sono state partite in cui non siamo riusciti ad andare in vantaggio, a mantenere il vantaggio e a gestirle al meglio. Siamo giovani, il mister ci dice sempre che è una parte di crescita per poi arrivare nelle prime squadre ed essere più pronti. Siamo una squadra fortissima che merita di stare in alto».

In Youth League è finita troppo presto secondo te?
«Abbiamo fatto un girone incredibile, avevamo tre squadre molto toste e siamo riusciti a passare. Con il Genk siamo usciti ai rigori, è stata una partita difficile, strana, ma sicuramente anche lì eravamo superiori».

Montero ha più volte ribadito: “Siamo la Juve e dobbiamo vincere”. L’obiettivo Scudetto ve lo siete prefissato?
«L’obiettivo è arrivare ai playoff e dimostrare ciò che siamo. Come ho già detto, siamo una squadra fortissima, abbiamo i singoli che sono tra i migliori del campionato Primavera. Dobbiamo riuscire a compattarci e creare quella sintonia, quell’intesa perfetta per riuscire ad arrivare fino in fondo. Ovviamente siamo la Juve, la Juve deve stare sempre in alto, deve vincere. Per la sua storia, per quello che vogliamo fare. La mentalità è vincente, sicuramente vogliamo arrivare al massimo».

A proposito, com’è lavorare con Montero? Ci racconti su quali tasti batte maggiormente in allenamento o cosa vi dice dopo una vittoria o una sconfitta?
«Montero è stato un giocatore incredibile, una colonna di questa società. Lo ammiro, lo ammiriamo tutti, è una fortuna averlo come allenatore. Essendo stato un difensore, mi può dire cosa posso fare per andare via ai difensori. Da campione qual è stato, mi può dire quali sono i punti che possono dare più fastidio ai difensori. Personalmente mi aiuta in queste cose, è un maestro sia in campo sia fuori. Ci sprona sempre, ci dà dei consigli, soprattutto come uomini perché bisogna essere uomini».

Il morale è tornato alto dopo la vittoria contro il Cesena, segnata ancora dai tuoi gol e da quelli di Anghelè. Verrebbe da dire ora “Segnano sempre loro”: sentite di essere voi i trascinatori della Primavera? Qual è effettivamente la vostra intesa?
«Il lavoro è di tutta la squadra, se noi facciamo gol il merito è di tutti i compagni. Ci stiamo trovando molto bene insieme, abbiamo una bella intesa, anche in allenamento ci divertiamo a dialogare. Io sono felice di fargli un assist affinché lui segni e viceversa, e questa è la cosa più importante».

Dal presente ad un piccolo pezzo di recente passato, perché il tandem in attacco lo formavi con Kenan Yildiz, prima che il 2005 salisse in Next Gen. C’è un aspetto che più ti impressionava del suo talento e dove può arrivare secondo te?
«Kenan è bravissimo, è devastante nell’uno contro uno. Ogni volta che punta l’uomo lo salta. È fortissimo, può crescere ancora. È un ragazzo umile quindi può arrivare in alto e sono contento per lui».

E Huijsen? Qualche retroscena nei duelli in allenamento magari?
«Con Dean abbiamo avuto dei duelli fin dal primo allenamento, ho capito subito che si trattava di un difensore forte, difficile da saltare e che sarebbe arrivato ad alti livelli. Ora sta facendo benissimo e anche per lui sono molto contento».

Terza tappa: il futuro, tra Next Gen e prima squadra

Partiamo dal futuro prossimo: la Juventus Next Gen. L’hai già assaporata quest’anno in tre occasioni (di cui una da titolare): cosa può dirci della Seconda squadra vivendola dal suo interno?
«La Seconda squadra è un passaggio importantissimo ed è una fortuna avercela. Ho avuto questo periodo in cui sono stato con loro ad allenarmi, ho fatto tre presenze e sono un gruppo bellissimo. Si sente già l’atmosfera da prima squadra, nonostante siano tutti giovani. Si sente proprio la coesione, quanto siano uniti per cercare di vincere, come lottano in campo. Mi ha fatto crescere molto sotto questi aspetti, spero di andarci il prima possibile per continuare la mia crescita».

Che tipo di campionato è quello di Serie C? Tu hai vissuto quello di B con il Vicenza, l’impatto che hai avuto con la Next Gen in C invece com’è stato?
«Nel campionato di Serie B c’è più ritmo, è magari un po’ più tecnico. La Serie C è tante seconde palle, tanti duelli, tanti contrasti. Però la Juve propone sempre un buon gioco: è un percorso che fa sicuramente crescere perché ti avvicina al calcio dei grandi, al calcio vero».

Mister Brambilla o qualche giocatore della Next Gen ti ha detto qualcosa di particolare quando sei salito in Seconda squadra?
«Mister Brambilla è tranquillissimo, mi ha fatto sentire subito a mio agio. Mi ha fatto stare tranquillo, anche perché mi ero allenato poche volte e poi da lì ho iniziato a giocare. Mi ha detto di stare sereno, di giocare tranquillo come sapevo. Anche i compagni, che sono bravissimi, mi hanno aiutato fin da subito».

Quanto pensi sarà importante per la tua crescita il trampolino di lancio con la Juventus Next Gen?
«Credo sia un passaggio fondamentale, che possa essere per un mese, per un anno, quello che sarà. Però avere questo appoggio è tanta roba. In Italia spesso si passa dalle stelle alle stalle: prima sei un fenomeno e dopo non sei nessuno, perché magari passi dalla Primavera a squadre di Serie C dimenticate. Invece se sei sempre nella Juve puoi fare questo trampolino di lancio per poi andare in prima squadra e rimanere sempre in questo ambiente per lavorare e crescere».

Prima squadra. Ti sei già allenato con i big di Allegri in questa stagione: qualcosa in particolare che ti ha rubato l’occhio?
«Mi sono presentato in palestra, in prima squadra, e davanti avevo tutti i campioni, i miei idoli che fino a due anni prima attaccavo nell’album delle figurine. È una fortuna allenarmi con loro: è tutto perfetto, dal campo al cibo, c’è di tutto per lavorare al top. Ci sono delle strutture clamorose, mi ha stupito soprattutto questo, e la mentalità vincente sempre. Voler vincere ogni partitina, mi ha stupito questo».

Chi ti ha impressionato di più, vedendolo da vicino?
«Sicuramente Vlahovic. Lo guardo, lo studio molto, averlo vicino è una fortuna. Vedere come calcia, come si muove».

C’è un giocatore che magari ti ha dato qualche consiglio, o una parola giusta in un particolare momento dell’allenamento per aiutarti a migliorare?
«Di essere cattivo, sono le prime cose che ti insegnano. Di andare forte su ogni palla, di cercare sempre di fare gol. La cattiveria di segnare la vedo sempre, anche in Vlahovic, che vuole fare gol in ogni partitina e lo trasmette anche a me quando scendo in Primavera, quando faccio i miei allenamenti voglio sempre fare gol. È sicuramente un’ispirazione».

Se la prima squadra della Juventus è un obiettivo che ti sei prefissato per il futuro, chi ha già messo gli occhi su di te è Roberto Mancini. Che esperienza è stata quello stage con la Nazionale maggiore?
«È stata un’esperienza stupenda. Confrontarsi con dei giocatori di così alto livello, allenarmi e fare delle partitine a quei ritmi ti aiuta a crescere e a migliorare su tanti aspetti. È stato un colpo, è stato bellissimo, poi a Coverciano è stupendo».

Di record nelle giovanili del Vicenza ne hai polverizzati tanti. Prima la Serie B, ora la Juventus: ma dove vuole arrivare davvero Tommaso Mancini?
«L’obiettivo è quello di arrivare in prima squadra. Se sono qui è perché voglio lavorare, crescere e arrivare alla prima squadra. Avrò modo di lavorare, di crescere, mantenendo sempre i piedi per terra perché è importantissimo però il mio obiettivo è quello di salire, sfondare e crescere nel calcio che conta».

Si ringraziano Tommaso Mancini e l’ufficio stampa di Juventus per la gentile concessione dell’intervista.

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