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Allegri a Dazn: «Tornato per sfida. Non abbiamo vinto ancora nulla, ma il progetto della Juve è chiaro»

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Massimiliano Allegri, allenatore della Juventus, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Dazn: le sue parole

Massimiliano Allegri, tecnico della Juventus, ha rilasciato una lunga intervista a Dazn Heroes. Dal suo ritorno agli obiettivi, passando per il rapporto con lo spogliatoio: ecco le sue dichiarazioni.

DISPOSIZIONE SPOGLIATOIO – «Szczesny è stato messo nel posto che era di Buffon, Danilo in quello che era del ‘Matto’, Mandzukic».

MANDZUKIC SULL’ESTERNO – «Non sapevo dove metterlo, dovevo farli giocare tutti insieme: ricordo che eravamo ancora a Vinovo. Era venerdì e ci stavamo preparando per la Lazio. Cambiai in corsa senza dir loro niente. In dieci minuti si sistemarono. Scelsi i migliori e li misi in campo. L’anno dopo Mandzukic e Cuadrado rientravano meno. In mezzo erano da soli e allora tornammo a giocare con le due punte».

PRIMA VOLTA NELLO SPOGLIATOIO DELLA JUVE – «Lo spogliatoio mi ricorda ancora la prima volta che ci sono entrato, era il 2014: era la seconda partita di campionato perché la prima la vincemmo in casa del Chievo con un gol di Caceres di testa. La seconda vincemmo con l’Udinese con gol di Tevez e Marchisio».

ACCOGLIENZA ALLA JUVE – «(Ride ndr.) Fu meraviglioso. Arrivai con Andrea Agnelli a Vinovo e c’era un po’ di confusione. Non riuscivo a capire se erano contenti o scontenti del mio arrivo. Poi dopo ho capito, ma alla fine tutto è filato bene. Sono stato fortunato, sapevo che ci sarebbero state delle difficoltà al mio arrivo alla Juventus. Ma ero talmente convinto della qualità e della forza della squadra che avevo una serenità e una tranquillità veramente…».

RITORNO ALLA JUVE – «Io sono tornato con un programma ben preciso, per questo con Agnelli ho fatto quattro anni di contratto. In questi due anni è vero che la Juventus non ha vinto nulla, il primo anno pensavo sarebbe stato più facile e forse è stato un errore. Però da quando sono tornato ad oggi sono rimasti solo dieci giocatori, di cui tre portieri e sette di movimento. Il lavoro fatto in questi due anni su indirizzo e obiettivo della società è stato buono. L’obiettivo era rinnovare la squadra: sono arrivati dopo un percorso importante nel settore giovanile alcuni giocatori dalla Next Gen. Quest’anno ne abbiamo sette all’interno della Prima Squadra. C’è stato un abbassamento notevole del monte ingaggi e un incremento del valore patrimoniale del parco giocatori. Nei prossimi anni la Juve ha il destino nelle sue mani».

MOTIVAZIONE RITORNO ALLA JUVE – «Avevo altre offerte? Sì, diciamo di sì. Sono tornato perché era una sfida, avevo lasciato una squadra che in cinque anni aveva fatto la storia della Juventus. Giustamente mi dirai che è stato un errore di presunzione pensare che si potesse subito tornare a vincere. Era una sfida personale, oltre che una scelta affettiva perché ho un figlio che vive a Torino».

STAGIONE DELL’ESONERO – «C’ero rimasto male dopo Juve-Ajax. Ma il calcio è questo, non si può sempre vincere e non si può sempre perdere. Ma si può lavorare su degli obiettivi di crescita e su questo sono soddisfatto del lavoro negli ultimi due anni».

CRITICHE E GESTIONE DI UNA STAGIONE SURREALE – «Vanno bene e sono ben accette. L’anno scorso noi abbiamo vissuto una situazione surreale: capisco che dall’esterno non conoscendo completamente quello che vivevamo dentro venisse facile criticare e giudicare. Ad Empoli dieci minuti prima della partita arriva la notizia che ci avrebbero tolto definitivamente dieci punti. In quel momento avevo due soluzioni nello spogliatoio: o dire cose più leggere o andare forte su un dato di fatto, cioè metter loro davanti la classifica. L’ho scritta col +3 dell’eventuale vittoria, nonostante il -10 potevamo essere ancora davanti al Milan. Poi dopo perso ad Empoli abbiamo perso le speranze. In quel momento ci sono emozioni, stati d’animo. Quando ci hanno i primi 15 punti è stato più facile, ci davamo dei mini obiettivi. La classifica non era definitiva e potevi dire qualche bugia ai ragazzi: ‘I punti ce li ridanno sicuro’. E intanto scalavamo la classifica».

LACRIME DI UDINE – «Dall’esterno mi si vede come uno di ghiaccio, ma sono di ghiaccio perché mi sciolgo molto. A volte quando la sera guardo i film con mio figlio mi emoziono e piango. Poi al lavoro devo essere distaccato, ma mi emoziono molto. Lo sono anche ora mentre ne parlo. A Orlando ho incontrato Matuidi: ci siamo abbracciati e mi sono emozionato».

ESTATE A LIVORNO – «È un posto dove nessuno mi parla di pallone, mi parlano di cavalli e quindi sono molto contento. C’è la baracchina dove facciamo colazione con la banda dei miei amici, c’è un livello molto alto di discussioni: politica internazionale e missili sulla luna. Al Gabbione ho smesso di andare perché ora mi sono buttato sul tennis, comincio ad avere la mia età e ho un po’ di acciacchi. Al Gabbione c’è il problema oggettivo dell’età: il cervello va più veloce delle gambe e rischi di farti male».

CHIESA – «Nello spogliatoio è nell’angolo. Quest’anno farà tra i 14 e i 16 gol, è in piena fiducia ed è rientrato in maniera diversa. Deve convincersi di essere una punta perché lo è: che poi ogni tanto vada sull’esterno e ogni tanto in mezzo… È uno che fa gol. Deve essere convinto e migliorare a giocare dentro il campo. Ma deve essere più bravo a stare dentro la partita per più minuti. Ma è un giocatore che quando tira in porta fa male».

YILDIZ – «È bravo. Sotto l’aspetto del tirare in porta è tremendo. Quando tira in porta è davvero ‘noioso’. Si è tagliato i capelli ed è stato sveglio perché domenica nello spogliatoio e venuto per ringraziarmi e mi ha detto che si sarebbe tagliato i capelli. È stato bravo ad anticipare. Martedì si è presentato bellino, si è fatto aprire un parrucchiere. Poi gli ho detto: ‘Se in campo ti si muovono i capelli torni dal parrucchiere».

BONUCCI – «Guarda, mi dispiace che sia finita così, ma con Leo siamo stati chiari già da febbraio scorso, quando ci ho parlato diverse volte, sia io che la società, dicendo che l’anno prossimo sarebbe stato un anno dove lui avrebbe dovuto decidere se continuare da un’altra parte o se smettere, perchè quando arrivi a 35-36 anni, ha fatto la storia della Juventus, perchè Leo ha 55 partite nella Juventus, è stato un giocatore che anche zoppo andava in campo. Lui ha dato tanto alla Juventus e la Juventus ha dato tanto a lui. E credo debba prendere una decisione importante per lui, ma soprattutto non guardare a un anno, ma a quello che è il futuro, perchè è giovane. Quello che sto dicendo ora, l’ho detto a lui in tempi non sospetti. È normale che quando un campione, come è stato lui, arrivi a fine carriera, perchè se non è quest’anno sarà l’anno prossimo, è normale che ci sia sempre questa paura di smettere. Io non sono stato campione, ho fatto una carriera normale, quindi per me smettere è stato facile. Le dinamiche sono le stesse. La differenza è che uno deve avere la capacità di accettare prima, se accetta prima, è un bene per se stesso, se accetta dopo passa un momento di noia, perchè è stato un giocatore straordinario, importante. E comunque rimarrà nella storia della Juventus, perchè 500 partite nella Juventus credo le abbiano fatte in pochi».

NUOVA JUVE – «Tutti gli anni a inizio anno facciamo delle valutazioni e tutti gli allenatori danno delle direttive allo staff. L’anno scorso avevamo una squadra che giocava una partita ogni tre giorni che è completamente diverso e poi avevamo caratteristiche diverse. L’età media quest’anno è stata portata a 25 anni di media. Quest’anno l’obiettivo è correre più degli altri, lavorare sui giocatori e sull’intensità della squadra. Non dobbiamo essere spensierati perché alla Juve non bisogna esserlo, ma è una squadra che permette di dare un input diverso a differenza dell’anno scorso».

DI MARIA – «Giocatore straordinario, ho avuto la fortuna-sfortuna di allenarlo a 35 anni. Ma metteva la palla dove gli altri non ci pensavano nemmeno a farla passare. Ma bisognava giocare ai suoi ritmi e tutti non avevano le qualità di Di Maria».

RABIOT – «Rabiot è veramente straordinario, ha un motore diverso dagli altri. Ha imparato a fare gol, crede di più in se stesso. È cresciuto ed ha raggiunto la maturità di quell’età. Credo che quest’anno possa fare ancora meglio, non in termini di gol perché ne ha fatti tanti ma intanto uno l’ha già fatto a Udine quindi andiamo avanti. Mi dà grande soddisfazione, già per il modo in cui corre è fantastico. Come l’ho convinto a restare? Non l’ho chiamato perché lui al telefono non risponde. Gli scrivevo solo su Whatsapp chiedendo se stava bene e lui era contento e rispondeva con le faccine. Lui ha fatto una scelta giusta perché alla Juventus è diventato un uomo importante per lo spogliatoio. Abbiamo Danilo capitano e i due vice che sono Alex Sandro e Rabiot».

VLAHOVIC – «Non dimentichiamoci una cosa: lui è arrivato con responsabilità e pressione che nemmeno lui si immaginava. È arrivato con grande entusiasmo dalla Fiorentina ma ha dovuto caricarsi la Juventus sulle spalle. Però ha ventitré anni. Bisogna dargli il tempo per maturare. Ha la qualità straordinaria del gol, deve migliorare nel gioco con la squadra, cosa che dicevo un anno e mezzo fa. Lui in quello può darci una grossa mano perché ha anche un buon piede, lo sa perché glielo dico da un anno e mezzo. Quest’anno sta già migliorando perché sta meglio fisicamente».

MERCATO – «Siamo a posto così, non vogliamo nessuno. Abbiamo Vlahovic che l’anno scorso ha avuto un’annata difficile e potrà fare solo meglio. Chiesa viene da un infortunio e potrà essere solo che un acquisto nuovo come Pogba».

POGBA – «Quando gioca e fa gli allenamento è un giocatore diverso dagli altri, con tutto il rispetto. Mi accontenterei di averlo pian piano per spezzoni per po farlo tornare titolare perché un giocatore così sposta gli equilibri di una partita».

GIUNTOLI – «Va benissimo, si è inserito bene e ha trovato un gruppo di lavoro che l’ha accolto bene. Avevamo bisogno di una figura del genere. È arrivato in una realtà nuova, complessa e difficile come è la Juventus. Una società che appartiene a una famiglia che ha uno stile, un modo di pensare e un modo di lavorare».

SCUDETTO DEL NAPOLI – «Sono stati molto bravi, c’è stata una programmazione partita con Benitez. Fino all’anno scorso con la vittoria di Spalletti. Hanno giocato molto bene, hanno un centravanti che è Osimhen che è tra i tre attaccanti più forti al mondo. In questo momento lui sposta gli equilibri, non c’è niente da fare».

SPALLETTI CT – «Luciano è uno dei migliori che ci siano in Italia, lo dimostra la carriera, il modo in cui fa giocare le squadre e i risultati che ha ottenuto. Era giusto dare il post Mancini a Spalletti a coronamento dello scudetto e della carriera che ha fatto. A me lui sta molto simpatico, lo stimo molto. Se ci sentiremo? Dipende dal ct. Ce ne sono alcuni che chiamano e altri no. Io sono sempre stato a disposizione. Io i giocatori li vedo tutti i giorni e se posso essere d’aiuto…».

MORTE BERLUSCONI – «Ero legatissimo, l’avevo sentito quindici giorni prima che se ne andasse. Era sempre molto gentile e carino. La cosa che mi ha colpito è che non riuscivo a capacitarmi. Nella sua vita è stato talmente convincente che ha convinto chi gli stava vicino che sarebbe stato eterno. Una delle prime volte a Milanello mi disse: ‘Lo vedi Max, io devo aiutare la medicina perché devo arrivare a campare centoventi anni. Nella sua testa era eterno. quando è venuto a mancare non ci credevo».

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