Calvo: «Mondiale Club, DNA Exor: la strategia per la nuova Juve»
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Calvo: «Mondiale per Club, sponsor e DNA Exor: ecco la strategia per la nuova Juve»

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Calvo: «Mondiale per Club, sponsor e DNA Exor: ecco la strategia per la nuova Juve». Intervista al dirigente bianconero

Lunga intervista di Calcio e Finanza al Managing Director Revenue & Football Development della Juventus, Francesco Calvo. Ecco le sue parole.

MONDIALE PER CLUB – «Per noi è una grandissima opportunità, era estremamente importante qualificarci per il futuro della Juventus non solo per quanto riguarda il tema della sostenibilità economica ma anche per la forza commerciale e l’appeal che il nostro club potrà avere a livello internazionale. Questo detto, c’è un elemento di curiosità per capire come sarà questo Mondiale nella sua prima edizione, con 32 club per un mese negli USA. Infatti non sappiamo bene ancora quale sarà l’impatto del torneo, visto che sarà in un momento della stagione particolare considerando che si giocherà tra metà giugno a metà luglio, sarà molto interessante».

MONDIALE NEGLI USA«Il fatto di essere negli USA è notevolmente interessante, quello nordamericano è un mercato che sta crescendo, anche se non al livello degli altri sport americani tradizionali, visto che comunque il calcio negli USA resta marginale rispetto agli altri sport.  Però prima ci sarà il Mondiale per Club nel 2025 e poi la Coppa del Mondo nel 2026, quindi speriamo che anche lì con la crescita della MLS negli ultimi anni e l’arrivo di Messi, il calcio riesca veramente a sfondare».

MERCATO USA – «Senza dubbio. Va detto però che quando si va all’estero l’importante è avere la continuità. Noi come calcio non siamo presenti nella quotidianità della vita dei cittadini e delle aziende americane e questo è il fattore che ci penalizza rispetto ai loro sport domestici. Però sicuramente tra il Mondiale per Club, le tournée estive che abbiamo fatto e la Coppa del Mondo il calcio riesca a fare breccia».

NUOVO SPONSOR DI MAGLIA – «Ci stiamo lavorando. È una sfida importante per noi anche perché era da tanti anni che non andavamo sul mercato per cercare uno sponsor di maglia (dal 2012/13 infatti il brand sulla divisa è sempre stato Jeep, marchio del colosso automobilistico Stellantis il cui primo azionista è Exor, che controlla anche la Juventus, ndr). Inoltre arriviamo da anni complicati per quanto concerne l’immagine del brand Juventus, questo è un dato di fatto. Poi c’è una considerazione più generale: per il prestigio del nostro blasone è difficile trovare il partner adatto ma la grandezza del nostro marchio si definisce anche da quanti no riusciamo a dire visto che non siamo un marchio per tutti. In questo momento è molto difficile dire di no ma siamo ancora nella fase in cui diciamo tanti no alla ricerca del partner giusto».

QUOTATI IN BORSA – «Nell’attività commerciale è assolutamente indifferente, le criticità che vedo sono che tutti lavoriamo di più per quelli che sono gli obblighi di Borsa e parlo in generale dell’azienda, questo è un aspetto negativo. Inoltre essere sui listini ci dà degli obblighi di trasparenza nei confronti del mercato per cui io magari faccio fatica a raccogliere informazioni e dati legati ad accordi di altri aziende mentre noi dobbiamo dare visibilità pubblica per qualsiasi accordo di una certa dimensione. Questo non è mai piacevole. Dà l’impressione di essere il Manchester United italiano, inteso come azienda? Magari sono loro che possono essere ritenuti la Juventus inglese, mi piace di più (ride, ndr)».

VANTAGGI – «Essere quotati in Borsa dall’altro lato dà disciplina lavorativa in tutte le divisioni aziendali e un obbligo di professionalizzazione. Però non so dire se questo sia legato alla borsa oppure, vista la proprietà del club, alla cultura manageriale di Exor (la holding della dinastia Agnelli-Elkann, ndr). La Juventus è stata gestita come una azienda anche prima della quotazione. Insomma credo sia un mix tra le due cose, da un lato gli obblighi ma dall’altro il dna di Juventus e della famiglia che abbiamo alle nostre spalle».

CANALI PER AUMENTARE I RICAVI – «Tutti (ride, ndr). La pressione che mettiamo nell’andare a incrementare i ricavi su qualsiasi business è notevole, anche perché nella strada verso la sostenibilità dobbiamo razionalizzare i costi ma sicuramente dobbiamo anche aumentare i ricavi. Il digitale è la nostra grande sfida, in particolare lo sfruttamento dei contenuti. Noi abbiamo creato una nostra media house, lo Juventus Creator Lab, che lavora 20 ore al giorno sulla creazione di contenuti, ne postiamo circa 1.500 a settimana. È un tema affascinante, stiamo investendo tanto e la sfida è capire come monetizzare. Su questo abbiamo il vantaggio di avere la vicinanza con il gruppo Gedi (media company che come Juventus è controllata da Exor e che con Juventus condivide lo stesso amministratore delegato, Scanavino, ndr). Con loro stiamo lavorando per capire come essere primi ed essere leader».

DIRITTI TV –«È questa la vera sfida e anche il problema che viviamo e vediamo quotidianamente. Abbiamo analizzato i dati degli incassi dei diritti televisivi prima e dopo l’introduzione della Legge Melandri: nel 2009 l’Atletico Madrid incassava 50 milioni mentre la Juventus ne riceveva 110 perché andava a vendere i diritti tv direttamente. Oggi invece l’Atletico Madrid incassa 130 milioni e la Juventus arriva forse a 85. Questo chiaramente è uno svantaggio competitivo notevole che abbiamo rispetto alle tre big spagnole o a tutte le squadre inglesi».

MERCATO «Problema che si riflette sul mercato? Corretto. Basti pensare che nel 2013 la Juventus vendette Ogbonna al West Ham e molti di noi erano stupiti che il West Ham si potesse permettere di prendere un giocatore che era nazionale italiano ed era alla Juventus. Allora era un segnale di allarme e oggi è la norma. Oggi i nostri giocatori possono andare o alle grandi europee o alle medio-basse inglesi che hanno più risorse di noi. Fa spavento pensare che l’ultima squadra inglese incassi più della prima italiana. Si parla sempre delle prime cinque leghe d’Europa, ma in realtà ce n’è una che è l’Inghilterra, dietro c’è la Spagna e poi ce ne sono tre che sono Italia, Francia e Germania».

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