Chiellini: «Riprendere senza tifosi? Se ci penso mi passa la voglia»
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Chiellini: «Riprendere senza tifosi? Se ci penso mi passa la voglia»

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Chiellini: «Riprendere senza tifosi? Se ci penso mi passa la voglia». Le dichiarazioni del capitano della Juventus a Repubblica

Intervistato da Repubblica, Giorgio Chiellini ha parlato della possibilità di riprendere la stagione ed ha presentato la sua nuova autobiografia “Io, Giorgio”.

RICOMINCIARE A GIOCARE – «Devo confessarlo: a casa con le mie tre donne, mia moglie e le due bambine, sono stato benissimo. E quando la Juve mi ha richiamato alla Continassa mi è piombata la tristezza addosso. Però mi è bastato uscire con la macchina allo svincolo di Venaria perché mi si riaccendesse subito qualcosa. È stato bello ricominciare».

RIPRESA CAMPIONATO – «Non ne ho idea. Questa pandemia ci sta insegnando a vivere il presente, ad adattarci a cambiamenti quotidiani, a ragionare su un futuro di due mesi al massimo. Avevamo comunque bisogno di ripartire, non è semplice e l’ho notato in compagni più giovani di me. Se mi stimola l’idea di affrontare una situazione inedita con gli spalti vuoti, le partite in serie, le incognite della lunga pausa? Se penso a tre mesi senza tifosi mi passa la voglia. Ci vorrà una forza mentale sovrumana e difatti mi chiedo: ma perché lo devo fare? Ma anche: e perché no? È il nostro lavoro e dobbiamo adattarci, come anche a tutto il resto».

FAMA DA DURO – «Posso essere stronzo, sì, ma cattivo no, anche mi è capitato di fare del male. Su Bergessio, nel 2013, feci un intervento sconsiderato e mi dispiacque tanto, gli chiesi scusa mille volte anche se non potevo ridargli il pezzo che gli avevo rotto. Lui stette fuori tre mesi e al ritorno scatenò una caccia all’uomo contro di me, finché a furia di gomitate si fece espellere. In ogni caso, anche in trance adrenalinica non mi mai è passato per la testa: ‘Adesso entro e gli faccio male. Nei 90’ non ci sono amici. Mi ricordo una volta contro Pazzini, uno con cui sono cresciuto assieme: portava la maschera protettiva sul viso e gli ho dato fastidio apposta per tutta la partita, toccandogliela. Lui mi mandava a quel paese ma sapeva meglio di me che sarebbe andata così, difatti poi alla fine ci siamo parlati come se nulla fosse. Nessuno mi ha fatto perdere le staffe? Quando ero giovane ero io che volevo innervosirmi, cercavo di continuo lo scontro. Sono una persona razionale, ma quando ho iniziato a giocare con gli adulti ha cominciato a venire fuori da dentro, come qualcuno che prima non c’era e che fuori dal campo non esiste. Nell’età giovanile non riuscivo a domare questa parte di me. Ma poi ho saputo cambiare. In Serie A sono stato espulso due volte soltanto? Sono stato bravo a controllarmi. L’unico rosso diretto l’ho preso per un fallo di reazione su Morfeo: lui mi ha dato un calcio, io ho sbroccato, fuori tutti e due. Nel sottopassaggio poi ci siamo guardati e ci siamo detti: ma siamo proprio due scemi. Non sono uno di quelli a cui si tappa la vena e ci ricascano».

ALLEGRI – «Bar di Livorno? Allegri ne è il classico frequentatore. Lui entra e gli dicono: non capisci ’na sega, ma perché fai gioca’ il Chiellini, fa proprio ca’are . A Livorno c’è un’irriverenza naturale di cui a Torino non c’è traccia».

BALOTELLI E FELIPE MELO – «Balotelli e Felipe Melo mi hanno deluso veramente. Balotelli è una persona negativa, senza rispetto per il gruppo. In Confederations Cup contro il Brasile, nel 2013, non ci diede una mano in niente, roba da prenderlo a schiaffi. Per qualcuno era tra i primi cinque al mondo, io non ho mai pensato neppure che potesse essere tra i primi dieci o venti. Uno anche peggiore era Felipe Melo: il peggio del peggio. Non sopporto gli irrispettosi, quelli che vogliono essere sempre il contrario degli altri. Con lui si rischiava sempre la rissa. Lo dissi anche ai dirigenti: è una mela marcia. Non ho rancore né mi interessa averne, se mi toccherà condividere qualcosa con loro lo farò. Non sono il miglior amico di tutti, però loro sono gli unici due ad essere andati oltre un limite accettabile. Per come sono fatto, il problema non è se giochi bene, male o se qualche volta fai serata, ma se manchi di rispetto e non hai dentro niente. Una volta va bene, se è ricorrente no».

“ODIO L’INTER” NELL’AUTOBIOGRAFIA – «Penso che la gente capirà cosa intendo dire, che non verrò interpretato male. Io odio sportivamente l’Inter come Michael Jordan odia i Pistons, non posso non odiarla, ma il 99,9 per cento delle volte che ho incontrato fuori dal campo persone con cui mi sono scannato in partita, ci siamo fatti due risate. Difatti il messaggio che mi ha fatto più piacere, quando mi sono rotto il ginocchio, è stato quello di Javier Zanetti. L’odio sportivo è quello che ci spinge a superare l’avversario: se gli si dà il giusto significato, è una componente essenziale dello sport».

HIGUAIN – «Se ho dei compagni che da avversario ho odiato? Higuain, ma conoscendolo mi ha sorpreso: i 9 sono egoisti, fanno un mestiere a parte, però lui ha un lato generoso, giocherellone. È un ragazzo impegnativo perché devi coccolarlo, stimolarlo. Ha bisogno di affetto per alimentare le potenzialità incredibili che ha. Se tornerà? Lo aspettiamo».

DOPO IL CALCIO GIOCATO – «Ho una visione di come dovrà evolversi il calcio, non so se tra cinque o dieci anni, ma non ancora le competenze per svilupparla. Mi vedo dietro una scrivania, non come ds o talent scout ma con un ruolo gestionale. Vorrei occuparmi di politica sportiva, se non fosse che è una parola che mi spaventa e che quello è un campo minato. Nel libro dico che mi piacerebbe lavorare all’Eca, ma era solo per dare un’idea: di sicuro, mi piacerebbe contribuire a riformare del calcio».

POLITICA E CALCIO – «Khedira è intelligente e riflessivo come pochi, scommetto che diventerà una persona importante in Germania. Poi ho conosciuto Kompany, che ha personalità e cultura e intanto per cominciare sta facendo l’allenatore-giocatore all’Anderlecht. Un altro che mi sembra intelligente è Fabregas, me ne sono reso conto dopo aver letto una sua riflessione su Conte e Sarri».

TAGLIO STIPENDI – «Ho fatto solo da tramite. La volontà era di trovare una soluzione che aiutasse il club in un momento di difficoltà e desse un esempio alla nazione, perché non è vero che noi calciatori viviamo fuori dal mondo. Non è stato facile mettere d’accordo 25 persone, ma è stato un gesto di grande maturità da parte nostra».

RITO PRE PARTITA – «Una lunga doccia. È il mio rito per gestire lo stress emotivo. L’ultimo momento per stare solo con me stesso e ascoltare il mio corpo. Ne ho necessità».

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