Conte l'ha fatto di nuovo: ma il Tottenham non ha 10 euro. Juve? Prima o poi tornerà
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Conte l’ha fatto di nuovo: ma il Tottenham non ha 10 euro. Juve? Prima o poi tornerà

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Conte l’ha fatto di nuovo: ma il Tottenham non ha 10 euro. Juve? Prima o poi tornerà anche se non con il ruolo di Allegri

Brucia tutto in fretta, perché vive di stimoli forti e si annoia subito quando le cose non vanno come vorrebbe. E soprattutto competere non gli basta, vuole giocare per vincere. Pretende il massimo da se stesso, giocatori e società. E preferisce lasciare prima di essere lasciato, quando si accorge che non ci sono più le condizioni per proseguire insieme. La carriera di Antonio Conte è un copione che si può recitare quasi a memoria, fatto di grande entusiasmo, imprese e successi ma anche dubbi improvvisi che spesso portano ad addii inaspettati. La sequenza andata in scena nelle ultime settimane a Londra non è una novità per chi conosce bene l’ex ct, deciso a consumarsi per il successo ma allergico agli stalli. Il Tottenham è in subbuglio per le sue recenti dichiarazioni che hanno ferito il club e messo spalle al muro i giocatori, ma in Inghilterra ancora ci si chiede cosa abbia provocato questo terremoto inatteso.

In fondo il Tottenham è quarto in classifica, in zona Champions, e fuori dalla agli ottavi in Europa, per mano del Milan, non proprio una stagione da incubo. Eppure Conte è insofferente, si vede dai gesti con i quali accompagna parole forti, in un inglese stentato che però va dritto al punto. Il “problema” è che Conte si è accorto di non poter vincere con questo Tottenham, nonostante gli investimenti e i suoi sforzi. E allora torna alla mente quel ristorante bianconero da 10 euro in Champions, o tante altre volte e situazioni in cui ha deciso che il gioco non valeva più la candela. Lo dice anche il suo storico, e non sarà un caso se in panchina non dura più di 2/3 anni, sempre alla ricerca di altro, di nuovo, di stimoli per rimettersi in discussione e ricominciare a vincere.

Scordatevi Wenger o Ferguson, ma anche Gasperini e lo stesso Allegri che alla Juve ha raccolto la sua eredità andando oltre, per anni, numero di scudetti vinti e soprattuto per finali di Champions (2) raggiunte. Quando capisce che la sua squadra ha raggiunto l’apice o il limite, Conte saluta, non ci sono milioni o progetto che tengano. Probabilmente è tra i migliori allenatore al mondo quando c’è da ricostruire una squadra o nel saper valorizzare la rosa, due esempi su tutti: la Juve di Matri e Vucinic o l’Italia di Zaza e Giaccherini. Più generale che condottiero, motivatore illuminato e capace di ottenere quasi immediatamente quello che vuole, Conte si infiamma subito ma fatica a gestirsi sul lungo periodo. Arrivando spesso a divergenze di vedute anche insanabili con la società, quasi sempre su questioni di mercato, portando spesso al logoramento il gruppo squadra, che fatica a tenere i suoi ritmi per più di 2/3 anni consecutivi.

A Vinovo c’era un prima e un post Conte. In mezzo è cambiato tutto: allenamenti blindati, siepi altissime per evitare sguardi curiosi, vetri opachi nel centro sportivo e parcheggi off limits, per isolare la squadra da tutto e tutti. Una stagione a Bergamo, due a Siena, tre alla Juve. Poi il biennio azzurro e quello al Chelsea, le due stagioni all’Inter e ora le prime avvisaglie di insofferenza al Tottenham, dopo due anni di panchina. La nostalgia dell’Italia il dolore enorme per la perdita del collega e amico come Ventrone, che ha rimescolato le priorità di una vita sul campo. Poi il problema alla Cistifellea che lo ha condizionato nelle ultime settimane e soprattutto un Tottenham che difficilmente andrà oltre il quarto posto in classifica. Troppo poco per stimolare uno come Conte, nato con altre ambizioni e abituato a lottare per altri obiettivi. La separazione con gli Spurs è imminente, lui è già in Italia per la sosta mentre in Inghilterra si fa il nome di Nagelsmann per sostituirlo in panchina. Conte è stanco, e solo una grande piazza potrebbe convincerlo a tuffarsi in una nuova avventura. Inter per il post Inzaghi, o Milan in caso di addio di Pioli. E la Juve? Prima o poi tornerà, ma non è ancora il momento.

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