D'Agostino: «La Juve deve tenersi stretta questo giocatore» - ESCLUSIVA
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D’Agostino: «La Juve deve tenersi stretta questo giocatore» – ESCLUSIVA

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Gaetano D’Agostino, ex centrocampista ed ora allenatore, ha rilasciato un’intervista esclusiva a Juventusnews24. Le sue parole

Dybala è il primo nodo sciolto dalla Juve, ne restano altri quattro in chiave rinnovi. In esclusiva a Juventusnews24, Gaetano D’Agostino ha detto la sua sulla situazione di Cuadrado e Perin, suoi ex compagni di squadra, spaziando anche sui diversi temi d’attualità che caratterizzano il club bianconero.

Hai giocato con Cuadrado all’Udinese, nella stagione 2009/10. Il colombiano ora è scadenza di contratto: punteresti ancora su di lui per il futuro?

«Assolutamente sì, anche perché in questo momento i terzini destri, i giocatori di fascia, costano più degli attaccanti. Chi li ha deve tenerseli stretti. Finché hanno gamba, finché creano superiorità numerica e sono determinanti tutto l’anno bisogna tenerseli stretti. E Cuadrado è uno di questi, sia negli assist sia nei gol. Ha imparato a fare il terzino perché fino a qualche anno fa aveva delle amnesie dal punto di vista difensivo, ora è diventato un giocatore completo. Attualmente è uno dei forti in quel ruolo».

Cosa ti aveva colpito del Cuadrado allora 21enne?

«La cosa che mi colpì d’impatto era la capacità di saltare l’uomo. Però, in gergo calcistico, diciamo che era “tutto fumo”: a 21 anni, sudamericano, voleva farsi vedere. Non puntava per determinare, ma lo faceva per lo spettacolo, però non lo prendevi. Aveva la stessa rapidità di muovere il corpo e spostare la palla che ha tutt’ora, però anche se tu sai che lui fa quella cosa non sai quando. Ti fregava sempre nel tempo. Vista la sua evoluzione negli anni, è diventato un laterale favoloso, ed è uno dei pochi al mondo insieme ad Alexander-Arnold che sa crossare. Anche con l’uomo davanti a pochi metri, con l’opposizione, è in grado di crossare ed è un’arma importante per la squadra».

Situazione simile per un altro tuo ex compagno di squadra, Mattia Perin. Giusto continuare da secondo portiere alla Juventus o lo vedresti meglio da protagonista in un’altra squadra?

«Mattia è un portiere forte, reattivo. L’ho conosciuto a Pescara ed era veramente matto, però forte. Non è facile per lui scegliere se essere protagonista in un’altra società o essere un secondo importante alla Juve, perché comunque sei alla Juve. Non è una scelta facile. Fisicamente ha avuto dei problemi al ginocchio negli anni, e credo che ora, se integro, avendo un fisico longilineo fino ai 36/37 anni può dire la sua. Dipende anche dalla Juventus se vuole prendere un vice Szczesny, se Szczesny va via: io a 30 anni rimarrei la Juve, a meno che non mi chiamino la Lazio, la Fiorentina ad esempio. Ma se devo andare a salvarmi, a prendere 3 gol a partita, resto alla Juve».

Aveva 20 anni in quella stagione 2012/2013 a Pescara. Lo sfidavi in allenamento nei tiri in porta?

«Mi fermavo spesso a calciargli, ma la domanda devi fargliela a lui (ride ndr)».

Altro giocatore in bilico è Federico Bernardeschi. Cosa può dare ancora alla Juve e il rinnovo sarebbe la scelta giusta?

«Lui è un giocatore che ti ritrovi sempre, anche a livello tattico, perché lui è un generoso. Non è di facile collocazione per come sta giocando la Juve ultimamente. Bernardeschi è un laterale, però a parte quella partita contro l’Atletico Madrid in cui ha determinato, segna poco. Un esterno d’attacco deve segnare almeno 7/8 gol l’anno, lui determina poco. A me non dispiace per qualità tecniche, però deve determinare. La Juventus in questo momento ha bisogno di giocatori che fanno la differenza».

Chi invece lascerà Torino è Paulo Dybala. Che idea ti sei fatto sulla situazione del numero 10?

«La Juve è l’azienda calcistica più importante d’Italia e non fa mai scelte a caso. Vedi con Zidane, Platini, o Del Piero in passato. Non si fa gli scrupoli se ti chiami Dybala, se hai il numero 10 e sei il giocatore più rappresentativo della squadra dal punto di vista tecnico. Credo che vadano per statistiche: quante partite ha fatto negli ultimi anni? Quanti infortuni ha avuto? Quanto può determinare? Quanto vuole? Faccio un esempio: vuole 10 milioni e ha fatto 15/16 gol ok, li vale. Se ha fatto 10 partite, non li vale. Credo che la Juve ragioni così, non per la caratura del giocatore che è mostruosa ma per il rendimento. La società fa delle scelte più oculate: nel caso di Dybala, essendo un’azienda, ha bisogno di giocatori che producono e lui nell’arco degli ultimi due/tre campionati non lo ha dimostrato. La richiesta che fa Dybala non è consona a quello che la Juve vorrebbe dargli e quindi i rapporti finiscono».

Il tuo ex compagno di Nazionale Giorgio Chiellini quale scelta farà secondo te a fine stagione?

«Chiellini ha fatto la storia, ha sempre garantito 30/35 presenze all’anno. Lì è una scelta di un rapporto fantastico tra lui e la Juve dove sceglierà lui se continuare. Credo che la società lo accontenterà. Chiellini è un’icona della Juventus, deciderà lui. Andare a fare un’esperienza in America, rispetto a un Insigne che ha 32 anni, cosa ci va a fare? La domanda è: voglio andare a fare anche un’esperienza a livello culturale per poi fare qualcosina dopo? Così ci può stare. Ma andare in America dopo tutto quello che è stato fatto in Italia, in cui sei stato anche per anni tra i migliori difensori al mondo, a questa età se è un altro motivo non sono d’accordo. Ma è sempre un mio pensiero».

Pensiamo ora al tuo passato da centrocampista. Se ti faccio un po’ di nomi: Arthur, Rabiot, Locatelli, Zakaria, quale idea ti sei fatto?

«Il centrocampo della Juve degli ultimi anni ha come emblemi Pogba, Vidal e Pirlo. Da lì non ci smuoviamo, perché tutti e tre avevano caratteristiche diverse ma che si completavano tra loro. Negli ultimi anni, il centrocampo della Juventus è formato da bravi giocatori ma che prediligono tutti la palla al piede, la palla appoggiata. Nessuno che attacca gli spazi, nessuno che strappa: un po’ Zakaria ha caratteristiche diverse, un po’ McKennie negli inserimenti, però manca secondo me quello che verticalizza, anche di prima, quello che serve le punte. Locatelli è un giocatore ordinato, a me piace moltissimo, ma non ha i tempi di gioco alla Pirlo. Arthur nelle ultime partite l’ho visto diverso, più dinamico, però somiglia di più a un Lobotka, a un Pizarro. Rabiot sta dimostrando di essere un giocatore di contenimento: non è né una mezz’ala di costruzione né una mezz’ala di inserimento. Le sue prestazioni migliori sono arrivate quando lui doveva difendere, quando deve giocare, determinare e fare un passaggio illuminante fa più fatica. Lui è bravo a fare la diga a centrocampo: contro il Cagliari ha recuperato 3/4 palloni sulla transizione avversaria con una gamba impressionante. Quello è il vero Rabiot».

Rinforzeresti quindi il centrocampo in estate o c’è qualche altro reparto, secondo te, che merita di essere puntellato?

«Direi a sinistra, io lì interverrei perché Alex Sandro non è più quel giocatore che abbiamo visto nei primi anni. Pellegrini non sta facendo male, però parliamo di Juve, squadra che ambisce a vincere la Champions. Quando tu giochi in Europa, sulle fasce incontri giocatori di caratura importante. Diciamo che quando manca Cuadrado si sente, perché è uno dei pochi a creare superiorità numerica».

Quando allenavi il Lecco hai incontrato anche la Juventus U23. Che idea ti sei fatto negli anni di questo progetto e quali giovani ti hanno stupito maggiormente?

«Io ero innamorato di Zanimacchia e sta facendo bene alla Cremonese. Stessa cosa per Portanova, che sta facendo bene al Genoa. Quest’anno, avendo fatto il Girone C, ho seguito poco l’Under 23, ma c’è un giocatore che mi piace moltissimo che è Soulé. Comunque quei due che avevo identificato quando ci ho giocato contro ora stanno facendo bene. La cosa che mi dispiace è che le altre società non stiano facendo quello che ha fatto la Juve. Invece di mandare i giocatori in giro, li monitora costantemente facendo fare loro un campionato in cui incontri giocatori di una certa età. Fai parte di uno spogliatoio caratterizzato anche da 3 Over che ti possono insegnare. E poi hai anche l’obiettivo della classifica, del risultato».

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