Empoli Juventus, la negazione della realtà
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Empoli Juventus, la negazione della realtà

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Empoli Juventus, la negazione della realtà. L’editoriale di commento dopo il match della 36esima giornata di Serie A

La giornata del 22 maggio 2023 la ricorderemo? Ne faremo una data automatica nel nostro immaginario di tifosi, visto che è anche facile da memorizzare, essendo l’anniversario della nostra vittoria in Champions League nel 1996? Il 22 maggio 2023 è stato un giorno che verrebbe da dire assurdo, se fosse il primo. Invece non è che l’ultimo – il penultimo, il terzultimo? – di una stagione che ha prodotto l’ennesimo rivolgimento della classifica. Dove la regolarità del campionato si è persa per strada in più occasioni, ma tanto non è un problema per nessuno in un anno dove l’Italia si è riaffacciata prepotentemente sul proscenio europeo. E dove persino Chiné non riesce a trovare una forma di soddisfazione minima: chiede 9 punti e ce ne danno 15; quando ne vorrebbe 11, l’abbassano a 10. L’importante è che sia salvo il principio dell’afflittività. Che è il grande neologismo del 2023, arrivato direttamente dal Medio Evo o dal futuro del diritto: il mio correttore automatico me la segnala come una parola inesistente, ma si vede che siamo proprio fuori dal tempo, non siamo stati capaci di aggiornarci.

Credo che in molti la tentazione, oggi, fosse quella di non guardare più il campionato. Per quello che ha detto Mourinho: una penalizzazione a 2 giornate dal termine – aggiungo anche: poco prima di scendere in campo – è «uno scherzo». Dov’è la realtà del campo, se il secondo posto viene negato, dopo che già ci avevano fatto precipitare dal terzo al decimo al termine del girone d’andata, per poi riportarci dal settimo al terzo? É questa la condizione della stagione, che ha visto il mondo del calcio accettare questa situazione come se fosse uno scherzo, sì, ma del destino. Niente da commentare, se non la marea montante di quelli che vorrebbero la Juve radiata (almeno sono coerenti: vivono di odio e di frustrazione, finalmente hanno modo di sfogarla). Gli altri, a partire dalla società Juventus, intenti ad accettare le decisioni nel “rispetto delle istituzioni”. Che, però, dovrebbero infliggere una pena in modo che il verdetto del campo abbia un senso, mentre questa sembra un esercizio di tortura sportiva: qualunque cosa tu faccia, qualsiasi risultato tu ottenga, ti verrà vanificato. Una possibile definizione di questa situazione è probabilmente molto semplice: la negazione della realtà. La cancellazione di quel che fai, che non è molto distante da quel che sei.

Credo che Allegri sia stato molto bravo, probabilmente il più lucido in società – se non addirittura l’unico – a tenere vivo il senso della realtà. Con una squadra che si era smarrita molto presto, la barca poteva affondare molto prima di stasera o di Siviglia. Penso che ad abitare a lungo i territori del surrealismo, però, ci si finisca per perdere comunque. Proprio come a Empoli, il racconto in sintesi della nostra stagione: si parte bene, si meriterebbe anche di passare avanti (così ci giocheremmo di nuovo il 4° posto? Ma chi ci crede?) e si finisce per crollare in maniera rovinosa. Non la peggiore partita della stagione, non la peggiore umiliazione (ed è tutto dire), anche se un 4-1 a Empoli faticavano a immaginarlo i più ottimisti e gli inguaribili sognatori che ci sono ovunque e che in provincia ogni tanto meritano di vivere serate indimenticabili.

Se ti tolgono la realtà da sotto i piedi, è alla realtà che ti devi ancorare. La devi leggere bene, anche a costo di essere spietati con se stessi (non dico onesti: so quanta fatica si fa ad ammettere i propri errori o i propri limiti, non ne faccio una questione morale). Continuare a sostenere come fa il mister che abbiamo fatto il massimo quest’anno o che a Siviglia Szczesny non doveva parlare perché a caldo non si sanno valutare le buone prestazioni, e tra queste inserire la semifinale di ritorno con l’Inter, significa una sola cosa: penalizzarci da soli. Ritenere che il lavoro di Allegri non sia giudicabile da una partita che decide la vittoria possibile di un trofeo è un alibi, non un’analisi. Almeno questo bisognerebbe evitarlo, se si vuole avere una minima fiducia nel domani, che oggi sarebbe già un’enorme conquista.

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