Pietro Lo Monaco: «Allegri ha il merito di aver trasformato Dybala»
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Pietro Lo Monaco: «Allegri ha il merito di aver trasformato Dybala» – ESCLUSIVA

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Pietro Lo Monaco, ex capo osservatori dell’Udinese e primo estimatore del primo Dybala, parla in esclusiva su Juventus News 24

C’è chi dell’Udinese, che domani sfiderà la Juventus all’Allianz Stadium, conosce bene le radici. Per averle costruite, insieme al patron Giampaolo Pozzo, nel ruolo di capo osservatore, con un’idea che negli anni è diventata caposaldo della struttura friulana, tra le più solide della Serie A. Si tratta di Pietro Lo Monaco, che ha parlato in esclusiva su Juventus News 24

Domenica la Juventus ospita l’Udinese, quali insidie può nascondere questa gara per la squadra di Allegri?
«Se ci sono dei rischi, la Juve sa bene come tenerli sotto controllo. Ha sempre dimostrato la capacità di vincere nel tempo. Ha coltivato, e fatto propria, la ferocia necessaria in ogni intervento di ogni partita. Di fronte a questa mentalità, non penso ci sia nulla di pericoloso. E l’impresa di Londra contro il Tottenham non ha certamente appagato l’organico, che non è striminzito e ha grande spessore. Basta vedere i giocatori indisponibili in attacco in queste ultime occasioni per rendersi conto come per questa squadra non sia nulla di pericoloso. Juventus-Udinese è un confronto abbastanza chiaro dal punto di vista tecnico, in favore della squadra di Allegri. Fermo restando che le cose vanno sempre prese con la giusta cautela. Ma con la Juve, allenata ad affrontare determinati eventi, trovo superfluo pensare a limitazioni derivanti dalle fatiche della gara di Champions».

Parlava di organico striminzito prima, sarà questo l’elemento chiave che farà la differenza nell’ultima parte della stagione nella corsa scudetto tra Juventus e Napoli?
«Assolutamente sì. Perché all’abitudine a vincere la Juve aggiunge una rosa fortemente attrezzata. Una rosa importante in ogni suo elemento, e che coglie in controbalzo il Napoli laddove ha qualche deficienza. La squadra di Sarri ha fatto vedere una grandissima espressione di gioco, penso giochi il migliore calcio in Italia e uno dei migliori in Europa. Ma la Juventus sull’altra parte della bilancia trova vantaggio appunto con la qualità del proprio ampio organico».

La Juve fa maggiore differenza per la maturità in difesa o per l’imprevedibilità in attacco?
«La differenza la fa storia della Juve. La mentalità si acquisisce negli anni. Loro affrontano tutte partite al di là degli attriti, il modo di pensare trasuda la voglia di essere competiti sempre. Con questa voglia fanno la differenza».

La Juventus sta cominciando a italianizzare nuovamente l’organico, l’Udinese punta invece da sempre al mercato estero. Ci spiega meglio la differenza tra queste due scuole di pensiero?
«Discorso lungo da affrontare. Ma posso dire che non sono due scuole di pensiero, visto che sono stato il creatore di quel modo di fare calcio. In quel momento, una piccola società, appena promossa in A, si è industriata allargando i propri confini a quello del mondo intero. Questo dava la possibilità di reperire buoni prodotti a parametro zero, o a basso costo, migliorarli e ottenere delle buone plusvalenza sulla rivendita degli stessi. Una politica che ha portato i suoi frutti. Poi l’Udinese questo modus operandi lo ha affinato, facendolo diventare se vogliamo qualcosa di diverso. E’ chiaro che bisogna comprendere dove investi i capitali che arrivano dalle plusvalenze. L’Udinese ha ampliato la sua struttura investendo anche sulle squadre all’estero. Questo aspetto contrasta un pochino con quella che dovrebbe essere la rivoluzione del nostro calcio. Il sistema lo dobbiamo cambiare cercando di indirizzare al meglio le risorse nell’adeguamento delle strutture e della valorizzazione dei settori giovanili con prodotti nostri. Presuppone un cambiamento e una rivoluzione nel vedere un calcio diverso. Quando si parla di stranieri mi permetto di obiettare, perché una società ha il compito di monitorare tutto quello che c’è nel mondo, così da poter intervenire al meglio nel momento delle esigenze. La valorizzazione del prodotto locale dovrebbe comunque essere uno degli obblighi interni che una società dovrebbe darsi».

Lei fu il primo a essere tentato da Dybala. Si aspettava l’esplosione di questo talento in così poco tempo?
«Io ho avuto la fortuna di essere il primo ad averlo visto e trattato in Argentina. Avrei voluto portarlo a Catania, ma quella piccola società non riusciva ad accontentare le richieste del presidente del Cordoba. Dopo due anni vederlo in Italia, e per coincidenza averlo ritrovato nella mia parentesi al Palermo, è stato motivo di grande soddisfazione. Già bambino gli facevo un grande futuro, ma devo essere onesto su un discorso importante sulla sfera tattica. Quando ho visto quel ragazzino, era una prima punta che aveva bisogno di spazio, di giocare da solo. Poi è subentrato Allegri, che ha il merito di averli invertito la posizione in campo, facendolo giocare incolonnato con una prima punta, cosa che gli fa esprimere tutta la sua classe innegabile. Già a Palermo avevano sperimentato in qualche occasione, ma il merito di questa collocazione in campo è tutto di Allegri. E’ un talento cristallino, destinato a far parlare di sé per tanto tempo, supportato dal suo modo di essere. E’ un ragazzo splendido, con pochi atteggiamenti da prima donna. E questo lo farà andare lontano».

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