Locatelli si racconta: «La Juve, Del Piero, De Zerbi, vi dico tutto»
Connettiti con noi

Hanno Detto

Locatelli si racconta: «La Juve, Del Piero, De Zerbi, vi dico tutto»

Pubblicato

su

Locatelli si racconta: «La Juve, Del Piero, De Zerbi, vi dico tutto». L’intervista del centrocampista bianconero

Manuel Locatelli si racconta a La Provincia.

Le parole del centrocampista della Juventus.

ORIGINI – «Cos’è rimasto? La stessa voglia di allenarsi che aveva allora. Vivo sempre per il calcio, vado al campo felice, mi alleno con entusiasmo. Poi è chiaro che ora le pressioni sono di tutt’altro genere, ma la voglia e la passione sono rimaste intatte. Spero resti cosi sino a quando avrò 40 anni… Il concetto del valore di famiglia è molto radicato a casa Locatelli e tutto ruota lì attorno: almeno così è sempre parso di capire. Vero, ed è una fortuna per me essere cresciuto in una famiglia del genere. Non finirò mai di ringraziare i miei genitori e i miei fratelli Mattia e Martina».

FAMIGLIA – «Formare una mia famiglia è la realizzazione di un sogno. Ho una moglie fantastica e ora stiamo aspettando qualcuno che metta presto il naso fuori… Speriamo vada tutto bene. Il sesso è già delineato, il nome l’abbiamo deciso, ma per ora teniamo tutto per noi. Nozze a Firenze? Non c’è un motivo preciso. Abbiamo visitato molte località dove potenzialmente poterci sposare e abbiamo scelto Firenze perché è una città molto romantica e la villa della cerimonia e del ricevimento era davvero incredibile. Siamo molto felici di aver compiuto questa scelta, anche se abbiamo costretto tutti i nostri parenti e amici a sobbarcarsi una lunga trasferta. Dove ho conosciuto Thessa? A Milano a un evento. Io ero al Milan. Colpo di fulmine o cottura a fuoco lento? Un po’ e un po’. Quando l’ho vista mi è piaciuta subito e mi ha colpito, ma è passato qualche giorno prima che ci mettessimo in contatto. Siamo usciti e da lì è nato tutto, vale a dire è sbocciato il nostro amore. Quello che dico sempre ai ragazzini è che finché non sei un “vero” professionista – e la stessa “Primavera” è un limbo in cui ancora non sai che fine farai – tu devi sempre e solo divertirti. Chiaro poi che diventa un lavoro. Bello, certo, ma nel quale ti divorano e allora tu devi avere la forza di star lì e nei momenti difficili di star su. Di calcio parlano tutti, e sta a te saper scegliere chi seguire e chi no. Di critiche se ne ricevono in abbondanza, a volte pure feroci: facevano male e fanno male tuttora, ma adesso io ho un’altra consapevolezza di me stesso».

CRITICHE – «C’è stato un periodo in cui non riuscivo più a esprimermi ad alto livello. Ed è stato proprio in quei momenti che gli insegnamenti ricevuti mi hanno aiutato, di testa, a non finire nel tritacarne. Il calcio, del resto, è fatto così: fai bene una domenica e sei il più forte di tutti, fai male un’altra e ti sfondano. E allora tu devi saper mantenere l’equilibrio. Questo è il segreto, per il quale ringrazio mamma e papà. Ho avuto la fortuna, sempre grazie ai miei, di aver vissuto questo mio sogno non come un qualcosa di pesante e gravoso o addirittura di ossessivo. Loro mi hanno sempre detto che comunque avrei dovuto fare la mia vita, a prescindere dal calcio e che “arrivare” non era tutto. Di sacrifici, io e loro, ne abbiamo affrontati veramente tanti, ma senza avere la pressione di dover arrivare a tutti i costi. In realtà una volta ho pianto e pure parecchio perché c’era l’Europeo Under 17 e in una partita di qualificazione io ero certo di essere convocato, mentre il mister di allora non mi chiamò. Quello fu per me un momento di grande delusione e sconforto. Mia mamma veniva a scuola a prendermi e io rientravo a casa in lacrime. Ma ribadisco, senza l’ansia di dover farcela a tutti i costi è stato più semplice gestire anche questi frangenti».

CALCIATORE – «Durante l’intero percorso delle giovanili, allenatori e dirigenti riconoscevano in me delle doti e delle qualità tecniche e mi ritenevano un potenziale buon calciatore. Anche se poi questo può non basta poiché in parte dipende anche dalla fortuna. Mi sono reso conto che potevo farcela veramente quando al secondo anno di Primavera al Milan – ero capitano con mister Brocchi – venivo ritenuto un leader nonostante fossi tra i più piccoli. E questo mi aveva dato molto fiducia. Tant’è che poi a febbraio sono stato aggregato alla prima squadra. Lì mi sono detto “ok, Manuel, ci sei, ce la puoi fare”. E da lì ho avuto una consapevolezza maggiore. Non fossi diventato calciatore? Mi prendono tutti in giro quando lo confesso, ma mi intrigava e continua a incuriosirmi la professione dell’investigatore privato perché mi ha sempre affascinato il mondo dei libri gialli e delle serie tv di quel genere. “Meno male che hai giocato a calcio” dicono i miei amici…».

COME TI DESCRIVERESTI – «Come descriveresti il Locatelli giocatore? Bella domanda… Parere tecnico? Centrocampista che può essere duttile. Non sono più giovincello, ma neppure troppo in là con gli anni. Ora sono maturato tanto. Ho avuto la fortuna di aver iniziato presto a giocare ad alti livelli, per cui ora ho acquisito un’esperienza che mi torna certamente utile. Un pensiero per i principali allenatori che hai avuto? Brocchi è stato quello che mi ha lanciato e quindi è nel mio cuore. Con Montella ho trovato continuità, con Gattuso ho cominciato a non giocare tanto, ma c’erano tante colpe mie. Tra l’altro lui è un mister che sa tirare fuori tutto da un giocatore. Quello al quale ho voluto più bene è De Zerbi che mi ha cambiato la vita. Quanto ad Allegri, lo stimo per le vittorie che ha conseguito in carriera. Ma è il mio attuale allenatore e non mi posso spingere oltre nell’incensarlo. Non sarebbe corretto. A chi, dunque, devo più riconoscenza? Tutti ci hanno messo del loro, ma se sulla strada non avessi incontrato De Zerbi, non sarei ora alla Juve. Al Sassuolo si diceva che ero un incompiuto e io sapevo di dover diventare un altro tipo di giocatore per far ricredere la critica. Con lui ho avuto alti e bassi e pure feroci litigate, ma mi ha sempre saputo stimolare. Considero il nostro un rapporto speciale che andava oltre il calcio. Gli devo la Juventus, come accennato, ma anche la Nazionale. Ho vinto un Europeo giocando al Sassuolo, circostanza che non trascurerei».

LA JUVE – «La Juventus, tua squadra del cuore, cosa rappresentava per te da ragazzino? Chi mi conosce sa che sono juventino della nascita, così come il resto della mia famiglia, e mi ricordo che avevo detto a quello che è sempre stato il mio procuratore che un giorno avrei dovuto diventare un giocatore bianconero. Appesi alle pareti della tua cameretta a Galbiate ci sono ancora i poster dei giocatori bianconeri del tempo. Chi era il tuo idolo in particolare? Del Piero innanzitutto. Un genio. E pure Nedved, tanto è vero che gli ho fatto vedere quelle foto quando mi sono trasferito a Torino per divenire bianconero. Oggi? È una responsabilità perché so di avere delle potenzialità e so cosa pensa la società di me. È dunque una dimostrazione continua e spero di essere sulla strada giusta. Ho avuto la fortuna – e lo dirò sempre ai miei figli – di aver giocato la mia prima partita con la Juventus in quella che è stata l’ultima volta per Cristiano Ronaldo in bianconero. Contro l’Udinese. E poi ho affrontato Messi… Quei due sono qualcosa di diverso da tutto il resto. Non c’entrano nulla con il calcio. Fortunato io a essere stato in campo nella loro era».

Copyright 2024 © riproduzione riservata Juventus News 24 – Registro Stampa Tribunale di Torino n. 45 del 07/09/2021 - Iscritto al Registro Operatori di Comunicazione al n. 26692 Editore e proprietario: Sport Review S.r.l P.I.11028660014 Sito non ufficiale, non autorizzato o connesso a Juventus Football Club S.p.A. I marchi Juventus e Juve sono di esclusiva proprietà di Juventus Football Club S.p.A.