Mulazzi: «Così è cambiata la mentalità in Europa» - ESCLUSIVA VIDEO
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Mulazzi: «Così è cambiata la mentalità della Juve in Europa» – ESCLUSIVA VIDEO

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Gabriele Mulazzi, difensore della Juve Primavera, ha rilasciato un’intervista esclusiva a Juventusnews24. Le sue parole

Dal Torino alla Juventus, per poi non togliersi più di dosso la maglia bianconera. Gabriele Mulazzi è uno dei prodotti più talentuosi del vivaio bianconero: dai Pulcini fino alla leadership in Primavera. Proprio la Juve Primavera è attesa dagli ottavi di finale di Youth League contro l’AZ Alkmaar: in esclusiva a Juventusnews24, l’esterno ha proiettato lo sguardo verso la sfida europea, spaziando tra presente, passato e futuro. Classe 2003, come Miretti e Soulé, che si stanno giocando le proprie chances in prima squadra: il sogno per Mulazzi lo porta direttamente lì…

La Youth League e il presente della Juve Primavera

Si avvicinano gli ottavi di finale di Youth League contro l’AZ Alkmaar. Che partita ti aspetti e soprattutto che squadra è quella olandese?

«L’AZ Alkmaar è una squadra molto forte. Abbiamo visto alcuni video con mister Bonatti e i video-analisti: ci aspettiamo una partita tosta dal punto di vista fisico. Sarà giocata molto a scacchi anche, visto che in caso di pareggio dopo i tempi regolamentari ci saranno subito i calci di rigore. Mi aspetto una gara tattica da parte di entrambe le squadre: la spunterà chi riuscirà a essere più preciso nei dettagli e chi non si farà prendere dall’emozione».

Mai così bene come quest’anno nei gironi della competizione europea: 16 punti e 18 gol fatti (record personale). In cosa è cambiata secondo te la vostra mentalità in Europa?

«Lo step molto probabilmente c’è stato a livello di gioco: siamo sempre stati molto propositivi, cercavamo di pensare alla nostra partita. Non ci sono stati problemi nell’affrontare qualsiasi tipo di avversario: pensavamo a noi, ai nostri compiti e funzioni. Questo è stato il passaggio che ci ha fatto fare più punti e prestazioni più convincenti».

Primo anno da sotto età in Primavera e ora sei uno dei leader di questo gruppo. A proposito di questo, quali sono i punti di forza di questa squadra e in cosa dovete fare ancora quello step di crescita in più?

«Sicuramente l’unione è uno dei nostri punti di forza, il fatto di essere un grande gruppo. Si può vedere in campo: quando qualcuno segna, tutta la squadra compresa la panchina corre ad abbracciare il compagno. Dobbiamo migliorare invece sulla continuità, visto che spesso quest’anno abbiamo alternato risultati non buoni ad altri ottimi. È un obiettivo, questo, da raggiungere per il finale di stagione».

La classifica in campionato vede 9 squadre raggruppate in 6 punti all’inseguimento della Roma capolista. Tutto in equilibrio: dove può arrivare questa Juventus e quali squadre vedi favorite per la vittoria finale?

«La lotta per lo Scudetto è molto aperta, perché ci sono tante squadre raccolte in pochi punti. Il nostro obiettivo è pensare di partita in partita: la continuità è importante, non dobbiamo porci obiettivi su quale posizione raggiungere ma pensare ad una gara alla volta. Solo così possiamo arrivare il più in alto possibile. Per quanto riguarda le squadre favorite, a parlare è la classifica: sono tutte lì vicine, è difficile individuarne una».

Dagli esordi alla fascia da capitano in Primavera

Ripercorriamo ora la tua carriera. Quando è scoccata la scintilla col pallone e chi ti ha trasmesso questa passione?

«Quando ero molto piccolo, nel parco della mia città, perché vedevo tutti i bambini più grandi giocare e mi piaceva molto unirmi a loro. È nato tutto da lì. La passione me l’ha trasmessa mio nonno, che è sempre stato un grande appassionato. Appena ho avuto la possibilità mi ha spinto ad iniziare questo sport meraviglioso».

Prima della Juventus, però, c’è stato il Torino. Cosa ti ha fatto cambiare idea e maglia da bambino? Cosa ricordi dell’impatto con il mondo bianconero?

«La parentesi al Torino è stata molto formativa. Il cambiamento è stato dovuto probabilmente anche alla mia fede calcistica: sono sempre stato un tifoso juventino, quindi il fatto di essere chiamato e giocare nella Juve rappresentava un sogno. Il primo ricordo che mi viene in mente è il centro sportivo: ero un bambino molto piccolo, questa immensità era quasi spaventosa. Dal punto di vista calcistico, invece, ricordo il primo gol in bianconero dopo praticamente 6 secondi. Non me l’aspettavo, mai avrei pensato potesse arrivare così presto».

Quali tappe ricordi con più piacere della tua lunga scalata nel settore giovanile? C’è un “grazie” particolare a qualche compagno o allenatore che vuoi dedicare?

«La prima annata alla Juventus è stata la più bella. Non ero abituato a fare dei tornei all’estero, quindi ho iniziato a viaggiare durante la mia prima stagione qui ed è stata un’esperienza molto formativa. Per quanto riguarda gli allenatori, tutti mi hanno lasciato qualcosa, sia dal punto di vista tecnico-tattico sia da quello umano. È bello cambiare ogni anno e sperimentare nuove idee da parte di diversi tecnici perché ognuno di loro può insegnarti qualcosa per il tuo futuro, sia come calciatore e sia come persona».

È vero che facevi l’attaccante da piccolo?

«Sì, poi quella di cambiare ruolo è stata una scelta un po’ mia un po’ della società. C’è stato bisogno durante un torneo di arretrare la mia posizione per via di infortuni, squalifiche: sono stato provato in quella posizione, ho giocato bene e quindi è scattata l’idea di farmi poi giocare lì».

A proposito di ruolo e tornando al presente, quella di quest’anno è stata una stagione di cambiamento, con l’avanzamento da terzino ad esterno alto a destra. Come hai vissuto la novità e hai avuto qualche difficoltà particolare nell’adattamento?

«Mi è sembrato come un ritorno alle origini. Essendo stato attaccante da piccolo, per me è stato bello tornare in quella posizione. Non ho avuto particolari difficoltà avendolo fatto per tanti anni, i movimenti li ricordavo bene. Il focus principale degli allenamenti di mister Bonatti sono le funzioni, ovvero ogni giocatore deve saper svolgere più funzioni all’interno del campo. Siamo tutti abituati, quindi, ad intrepretare più ruoli nel rettangolo di gioco».

I risultati si sono visti subito: 5 reti totali sin qui, mai così bene in fase realizzativa. Il segreto?

«Non essere ossessionati dal gol, pensare unicamente alla prestazione perché poi arriva tutto di conseguenza».

Da leader in Primavera, dove hai indossato già la fascia da capitano, al salto in Under 23. Ci pensi ogni tanto a come potrebbe essere e ci racconti quella prima convocazione in Serie C lo scorso anno il 3 aprile 2021 con l’Alessandria?

«È un pensiero per tutti i giocatori della Primavera, perché l’Under 23 è molto vicina a noi e rappresenta un obiettivo per chiunque fare l’esordio tra i professionisti. Non deve essere un’ossessione, bisogna pensare alla partita che si gioca e la convocazione è un qualcosa in più che deve passare dalle prestazioni sul campo. Per quanto riguarda la prima convocazione in Serie C, è stata improvvisa. Sedersi in panchina e vedere un mondo nuovo, magari anche senza giocare, ti aiuta a capire com’è il calcio dei grandi. Ci sono molte differenze tra il settore giovanile e questa realtà nuova che affronteremo più avanti».

Tra calcio e musica: da appassionato ed esperto, dai un titolo di una canzone a ognuna di queste fotografie…

Semifinale Under 16 persa con l’Inter ai supplementari.

«Ricordo molto bene questa foto. La canzone che posso associare è “Forte e chiaro” di Capo Plaza, che ascolto sempre prima di scendere dal bus e alla quale sono più legato per il suo significato. Di questa partita ricordo bene il momento prima di entrare in campo, il discorso di mister Beruatto. Peccato non essere riusciti a passare, ma ho un ricordo molto positivo di quel momento».

Il rinnovo di contratto.

«È stato un giorno davvero speciale, a cui associo “Memories” dei Maroon 5. È stato un momento gratificante, il coronamento di tanti sacrifici e di un percorso che ho sempre voluto fare alla Juventus. Era il 22 settembre, me lo ricordo ancora».

L’esultanza.

«La canzone più adatta è “Io” di Marracash, perché qui c’è tutto me stesso. Fin da piccolo ci sono sempre stati giudizi su di me, ma mi son sempre fatto scorrere tutto addosso. Questa esultanza la uso per dire che sento poco ciò che viene detto in giro, io penso unicamente a giocare, divertirmi, dare il meglio di me sul campo. Al resto non penso neanche».

Bonatti e Zauli.

«Mi viene in mente “Thunderstruck” degli AC/DC, perché è la canzone che risuona prima di entrare in campo ed è anche quella che ci carica. Con entrambi i mister ho un bellissimo rapporto: sono molto preparati, mettono la passione in quello che fanno. Hanno uno stile propositivo e questa è la cosa più importante per il nostro percorso».

Cuadrado.

«Lui è uno dei miei idoli alla Juventus. Se guardo questa foto penso a “Baila Baila Baila” di Ozuna per il suo spirito di spensieratezza che mette in campo. Questo è invidiabile perché quello che facciamo è un divertimento prima di tutto e dobbiamo affrontarlo col sorriso sul volto».

In chiave prima squadra

Domanda semplice: c’è un giocatore al quale ti ispiri in prima squadra? Da chi cercavi di rubare qualche segreto?

«Le mie due ispirazioni sono Juan Cuadrado e Federico Chiesa. Per passato e presente, li ho sempre stimati e ho sempre apprezzato il loro stile di gioco. Quando vado ad allenarmi in prima squadra, cerco sempre di rubar loro qualche movimento che può tornarmi utile quando sono poi in campo. Allenarsi con loro è veramente un’esperienza fantastica».

C’è qualcuno che ti ha dato particolari consigli tra i big?

«Durante un allenamento, ho chiesto consigli sui cross a Cuadrado. Penso che lui sia un maestro di quest’arte. Ricevere queste indicazioni da lui è stato speciale perché mi ha aiutato tantissimo».

A proposito, i tuoi ex compagni Miretti e Soulé stanno facendo da spola tra Under 23 e prima squadra. Ci racconti qualche aneddoto sui tuoi due coetanei? Hanno le carte in regola, secondo te, per ritagliarsi uno spazio nella Juve del futuro?

«Fabio e Matias sono due ragazzi molto bravi, sia dal punto di vista tecnico-tattico sia dal punto di vista umano. Miretti lo conosco dal primo anno qui alla Juve, con lui ho un rapporto speciale, quasi fraterno. Soulé è arrivato dopo, ma fin da subito è stato accolto nel migliore dei modi da me e dai miei compagni. Con entrambi ho un bel rapporto, spero che possano realizzare il sogno di trovare continuità in prima squadra perché se lo meritano come persone e come giocatori».

E tu? Il sogno nel cassetto per il tuo avvenire?

«Sicuramente l’esordio in prima squadra, poi continuare con il maggior numero di presenze alla Juventus perché è il mio sogno».

Si ringraziano Gabriele Mulazzi e l’ufficio stampa di Juventus per la gentile concessione dell’intervista.

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