Porrini: «La Juve aveva trovato la quadra, è la squadra più forte»
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Porrini: «La Juve aveva trovato la quadra, è la squadra più forte»

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Sergio Porrini, ex difensore bianconero, ha parlato della stagione della Juve e dei suoi ricordi a Torino

Intervistato da Itasportpress, Sergio Porrini ha ripercorso i suoi ricordi in bianconero e non solo. L’ex difensore ha parlato anche della stagione della Juve.

CAMPIONATO«A prescindere da tutto reputo la Juventus la squadra più forte. Sembrava che ultimamente avesse trovato la quadra, giocando un buon calcio. La formazione che potrebbe essere maggiormente penalizzata dalla sosta è la Lazio. Era in una condizione mentale strepitosa. Sono quelle annate in cui vai in crescendo e acquisti una serenità straordinaria. Questa interruzione cambia tutto. Si ripartirà da zero e, dal punto di vista dei singoli, la Juve è la più forte. L’Inter, invece, mi sembra troppo distanziata dalla lotta per il titolo».

ANALOGIE – «È sempre difficile fare un paragone. Basti pensare che si facevano gli stessi discorsi quando giocavo, accostando la nostra Juve a quella di Platini. Il calcio attuale è particolarmente diverso rispetto a quello di trent’anni fa. Quello che maggiormente mi colpisce della Juve è la sua gran fame di vittorie, nonostante in Italia abbia sempre vinto negli ultimi anni. Ma ciò che non la accomuna a noi è il raggiungimento della Champions. È un trofeo che manca da tempo. Noi siamo riusciti a vincerla, mentre ultimamente i bianconeri ci sono solamente andati vicini».

SEGRETO DELLA SUA JUVE «I risultati non avvengono mai per caso. Si verificano sempre se all’interno dello spogliatoio si crea un gruppo di amici. Questo fattore è capitato nel nostro caso e faceva sì che la Juventus avesse una grande compattezza. Al termine delle partite di coppa si andava a mangiare al ristorante insieme a fidanzate o mogli. La coesione del gruppo ci dava la forza per continuare su quella strada. Oggi tutti socializzano sui vari network. Leggo tanti bei messaggi, ma, secondo me, c’è poco rapporto al di fuori. Ho vissuto diverse ere in bianconero, dal periodo con Baggio e Vialli a quello con Zidane. Alla fine si vince con i grandi campioni e se questi si mettono in discussione e si integrano all’interno dello spogliatoio. Alla Juve è accaduto e in questo modo diventava piacevole anche andare al campo per allenarsi».

TRASCINATORI«C’erano tante personalità diverse. Ad esempio Angelo Di Livio e Ciro Ferrara erano quelli che spiccavano maggiormente quando era il momento di scherzare. Invece Didier Deschamps era più chiuso, meno burlone. Comunque tutti stavano allo scherzo. Ricordo con piacere la creazione di rapporti di amicizia molto intensi e particolari: quando era giusto criticare un compagno, lo facevamo con i dovuti modi. Non si guardava mai all’altro con invidia, controllando l’andamento delle prestazioni o i voti sui giornali. Senza questa malizia, si accettano le osservazioni degli altri e si può prendere spunto per crescere. Per fortuna abbiamo sempre avuto uno spogliatoio sano».

PARTITA DEL CUORE«Forse la finale dell’Intercontinentale perché è il successo che ti pone sul tetto del mondo. L’ho vissuta da titolare e quindi è stato l’apice e il coronamento di tante vittorie. Oggi puoi vincere la Champions partendo da terzo o quarto in campionato. Quel successo, invece, era figlio dello scudetto nel 1995 e della Champions 1996. Se potessi la rigiocherei ancora per riassaporare quella gioia».

PARTITA DA RIGIOCARE«Assolutamente la finale di Champions League contro il Borussia Dortmund nel 1997. Il ricordo di quella gara ancora non mi è passato».

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