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Spalletti e quelle parole sul Napoli: «Avevo detto che non mi sarei messo la tuta di un’altra squadra dopo quella stagione. Non è che debba smettere di fare l’allenatore…» Il nuovo allenatore della Juve mette le cose in chiaro

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Spalletti e quelle parole sul Napoli: tutte le dichiarazioni dell’allenatore bianconero sulla sua ex squadra

Un legame che non si spezza, un tatuaggio che non si tocca e una precisazione doverosa per chiudere le polemiche. Nella conferenza stampa di presentazione come nuovo allenatore della Juventus, Luciano Spalletti non poteva esimersi dal rispondere a una domanda sul suo passato recente, su quel trionfo a Napoli che lo ha consacrato alla storia e sulle sue parole d’addio che sembravano chiudere le porte a un ritorno in panchina. Il tecnico di Certaldo ha parlato a cuore aperto, ribadendo l’amore per la città partenopea ma chiarendo, una volta per tutte, il senso di quelle dichiarazioni.

NAPOLI – «Ho lasciato in tutte le città qualcosa. Mi ricordo bellissime cose. A Napoli è venuta fuori una cosa superiore per la bellezza del calcio e lo Scudetto bellissimo portato a casa. Ho instaurato un rapporto particolare con quella gente e quel campionato, rimarrà tutto intatto da parte mia. Stamattina dovevo tirarmi il sangue e l’ho fatto dall’altro braccio (non quello del tatuaggio ndr) perché voglio lasciare tutto intatto…

Ho amici a Napoli, in tanti mi han scritto, avrò un bel rapporto. Il fatto di estrapolare quanto io ho detto sul Napoli e sulla fine del rapporto, che non mi sarei messo nessun’altra tuta: in quella stagione non mi sarei messo la tuta di un’altra squadra. Poi è chiaro che non è che debba smettere di fare l’allenatore. Ma dopo quella stagione dovrò fare altre esperienze, altre conoscenze, di chi va a prendere quello per attaccare e scrivere ciò che vuole… Si decontestualizza la cosa reale».

LA CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DI SPALLETTI

Ma il passaggio chiave del suo intervento è stata la precisazione sulle sue famose parole d’addio, quel “non mi rimetto un’altra tuta” che molti avevano interpretato come un addio definitivo al calcio, rendendo il suo “sì” alla Juve un apparente tradimento. Spalletti ha spiegato che le sue parole sono state decontestualizzate e che il senso era ben diverso.

Un messaggio forte e chiaro: la sua promessa era limitata all’anno sabbatico, a quella stagione specifica. Non un ritiro, ma una pausa di decompressione necessaria dopo un trionfo così logorante. Ora, quella pausa è finita, la ferita della Nazionale (come da lui stesso ammesso) va rimarginata, e la voglia di tornare in panchina è troppa. La Juventus, come ha sottolineato lui stesso, è «un grande club» e «la fortuna di qualsiasi allenatore». Il passato resta intatto, scolpito sulla pelle, ma il presente e il futuro si chiamano Juventus. Spalletti è pronto a rimettersi la tuta, quella bianconera.

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