Tavecchio: «Non c'è la garanzia di finire con la regola della quarantena»
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Tavecchio: «Non c’è la garanzia di finire con la regola della quarantena»

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Carlo Tavecchio, ex presidente della FIGC, ha parlato del problema legato alle regole della quarantena in ottica conclusione del campionato

Carlo Tavecchio, ex presidente della FIGC, ha parlato ai microfoni di TMW Radio durante la trasmissione Stadio Aperto della ripersa del campionato.

RISCHIO CONTAGIO – «C’è solo il rischio di un contagio che va a implicare tutta la squadra, è una decisione molto restrittiva: sarebbe come fermare l’intera equipe di medici di un ospedale se se ne ammala uno. Bisognava fare come Germania, Spagna, Inghilterra e Portogallo… Secondo me c’è un rischio, e non di poco conto, in itinere».

PROVVEDIMENTO – «Gli italiani hanno seguito per filo e per segno le indicazioni, anche quelle che in alcuni casi sono maniacali. Il fatto è che questi atleti, che sono sempre controllati in massima sicurezza e fuori da ogni rischio, non dovrebbero essere a pericolo di contagio, ma questo mette a rischio il termine della regular season. Non c’è la garanzia di finire».

COPPA ITALIA – «La nostra coppa è da parecchio che sta riprendendo tono e prestigio, le finaliste sono espressione massima del campionato. Notevole il risultato sotto l’aspetto della comunicazione: con la trasmissione in chiaro, è un’apertura decente dopo tre mesi di assoluto silenzio».

LOCKDOWN – «La Federazione ha mantenuto la linea di chiedere la ripresa, perché il problema è soprattutto economico: ci sono centinaia di milioni a rischio, mutualità non pagate nelle leghe minori, e possibilità di processi civili interminabili. Lo Stato italiano prenderà nota che riceve più di 1 miliardo di tasse dal calcio…».

DILETTANTI – «Vorrei dire che se non si fa in questo momento la riforma del calcio, si perde una grande occasione. Le squadre professionistiche devono essere ridotte dalle cento attuali a sessanta circa. Bisogna stabilire chi riuscirà a rispettare questi parametri di iscrizione, io vedo tanti problemi. Poi i dilettanti, che hanno sempre vissuto di volontariato e donazioni. Gli interventi spettano agli enti locali, qualcuno ci deve pensare. I piccoli industriali, i ristoratori e quei commercianti che contribuivano prima, non so se sono ancora in grado di far fronte a certe cose. Il paese ancora non ha capito che l’aspetta una grande crisi economica, e quando succede sono le marginalità che soffrono».

CONTRATTI – «Ci saranno proroghe, dovranno farle perché il problema sanitario è eccezionale e servono provvedimenti che siano tali. Servono disposizioni di legge».

EUROPEO – «La Nazionale ha un fiorire di giovani speranze che vengono da una buona nidiata. Sono convinto che siano smaniosi di rappresentare il nostro paese nel migliore dei modi. D’altro canto il Coronavirus non è stato solo una cosa italiana, ma è successo anche a tutti gli altri».

STOP IN FRANCIA – «Si immagini se l’avessero deciso in Italia… Già c’è una causa civile con sapete chi… In Francia evidentemente non è successo».

IN CHIARO – «C’è talmente tanta voglia di vedere del calcio che questo handicap sarà superato. Poi credo che, una volta che riprende il campionato, si potrà andare in 20.000 in uno stadio che ne contenga 40.000, tenendo un metro di distanza. Non credo si possa lasciare fuori dalla porta una parte culturale e socio-economica tale».

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