Tifosi Juve, distanti ma uniti: Christian e il suo negozio di alimentari
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Tifosi Juve, distanti ma uniti: Christian e il suo negozio di alimentari

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Tifosi Juve, distanti ma uniti: Christian e il suo negozio di alimentari. La rubrica che ascolta e racconta le storie del popolo bianconero

Abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Christian Napoleoni, titolare di un piccolo negozio di generi alimentari a Prossedi, paesino di circa mille abitanti in provincia di Latina. I 50 metri quadri di Via Gabrielli numero 98 sono, in questo speciale momento storico di grande emergenza, un po’ come il centro del mondo. La gestione è familiare: Christian ha ricevuto le redini dalla madre Patrizia che le aveva a sua volta ereditate dalla nonna Violanda. La passione per il suo lavoro l’ha coltivata in casa, così come quella per la Juventus di cui ci racconta essere «malato».

Non si possono usare parole migliori di quelle che utilizza lui per descrivere l’anima della sua attività: «Il mio negozio racconta la vita del Paese, la gente passa anche solo per salutare».  E poi ci dice con orgoglio: «Io mi sono sposato e ho messo su famiglia. Ho avuto la fortuna di rimanere qui e spero che in futuro anche mio figlio abbia questa possibilità». Intanto anche lui, nel suo piccolo, sta combattendo contro il nemico comune Coronavirus: ce ne ha parlato a JuventusNews24.

Ciao Christian, come è cambiato il vostro lavoro in questo momento di emergenza?
«In questo momento noi stiamo facendo un lavoro quasi da supermercato. Siamo aperti dalle 8.30 fino alle 13 e dalle 16 sino alle 19. Nella pausa pranzo cerchiamo di sistemare il locale e la merce. Cerchiamo di fare entrare i nostri clienti uno alla volta, in modo da rispettare le norme igieniche. Adoperiamo mascherine e guanti come da criterio ministeriale e ogni 20 minuti disinfettiamo le maniglie delle porta e dei banchi frigo. Ci laviamo le mani ogni 40/50 minuti ed ogni 20 clienti che entrano nel negozio puliamo anche la cassa e la bilancia. La prudenza non è mai troppa in una situazione del genere».

State lavorando molto di più?
«L’ordine di lavoro è aumentato del 300 percento. Chiaramente raccogliamo anche tutta la clientela che non ha la possibilità di andare a fare la spesa nei supermercati fuori paese a causa delle restrizioni vigenti. Per dare una mano al paese abbiamo deciso di tenere aperto anche la domenica dalle 9 alle 12. È un segnale che abbiamo voluto dare: “Noi ci siamo”. Ringrazio anche il consigliere Danilo Torella e tutta la giunta comunale per averci dato questa possibilità. Ora è da due settimane che siamo organizzati in questo modo: mia sorella mi sta dando una mano in questo periodo di grande lavoro».

Quali difficoltà state incontrando?
«Ci sono dei clienti che stanno faticando molto ad adattarsi a questa nuova realtà. Soffrono il fatto di non riuscire a trovare quello che desiderano in un negozio di pronto soccorso come il nostro. Fanno delle richieste assurde come per esempio dei prodotti particolari per gli animali o cibi dietetici. Purtroppo non si capisce il periodo tragico e non si capiscono nemmeno i sacrifici che stiamo facendo io e la mia famiglia. Sto levando del tempo ai miei cari per lavorare di più: io non dormo più con mia moglie e cerco di stare lontano da mio figlio. Mi faccio la doccia ogni volta appena tornato a casa e rischio quando mi reco al mercato o in un qualche magazzino pieno di gente che non conosco. E qualcuno pensa anche che ci stia lucrando su…»

Riuscite a reperire facilmente tutta la merce?
«Per una settimana è mancata la farina nei magazzini. Ti voglio raccontare questo aneddoto: mi sono recato a un ingrosso dove sono riuscito ad acquistare 60 chili di farina. Poco dopo di me è entrato un altro commerciante che non ne ha trovata, visto che in questo periodo scarseggia davvero. Allora mi sono offerto di fare metà di quella che avevo comprato io. È stato un momento di grande commozione che mi rimarrà impresso per sempre, siamo quasi scoppiati a piangere tutti e due. In questo momento non c’è nulla di scontato e bisogna adattarsi. Quante volte iniziava il cenone e mancavano quei 100 grammi di parmigiano o quella bottiglia di spumante…».

La tua passione per la Juventus quanto è profonda?
«Sono letteralmente malato di Juventus. Pensa che su Facebook non ho neanche un amico che non sia juventino. Se no finisce che litighiamo… Io ho tutta la famiglia bianconera, è una passione vecchia come il mondo la mia. Ricordo la prima Coppa Uefa con Baggio e la finale di Champions del ’96. Sono emozioni che rimangono impresse, cose che quando le racconti sussulti. Il calcio è come una fede». 

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