Tifosi Juve, distanti ma uniti: la storia di Luca della 'De Agostini'
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Tifosi Juve, distanti ma uniti: la storia di Luca, rappresentante di ‘De Agostini’

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Tifosi Juve, distanti ma uniti: la storia di Luca, rappresentante di ‘De Agostini’. La rubrica che racconta le storie del popolo bianconero

«Sto portando a passeggio il cane, rimani in linea così mi fai compagnia». È iniziata così la telefonata con Luca Bordignon, rappresentante della casa editrice ‘De Agostini’ e costretto a cambiare le sue abitudini lavorative vista la chiusura delle scuola in seguito all’emergenza Coronavirus. A Juventus News 24, Luca ha raccontato la sua storia, la sua vita, come tutto sia mutato nel quotidiano in linea con l’evolversi della situazione in Italia. Marito, padre di due splendide bambine, il rappresentante di Torino ha dovuto cambiare in corsa i suoi piani, inventandosi un nuovo ruolo per rimanere al passo con i tempi e assistere, quotidianamente, professori alle prese con forme innovative di insegnamento.

Luca, raccontaci di che cosa ti occupi nella vita…

«Mi occupo di editoria scolastica, nel reparto commerciale di rappresentanza. Lo faccio praticamente da sempre: dal 2002 ho iniziato questo lavoro grazie ad un amico e da lì non ho più smesso».

In che cosa consiste, dunque, il tuo lavoro?

«Io vado nelle scuole di Torino città, della provincia, di Vercelli, Alessandria e Cuneo per proporre agli insegnanti i testi delle case editrici per cui lavoro. Per 13 anni ho collaborato con Mondadori, mentre ora sono 5 anni che lavoro per il gruppo De Agostini».

Com’è cambiata la tua situazione lavorativa in questa emergenza?

«Prima ero abituato ad andare tutti i giorni a parlare con gli insegnanti e proporre loro le varie novità della casa editrice. Ora, dato che anche gli insegnanti sono costretti a lavorare da casa, assisto loro nella didattica digitale, perché tutti i nostri libri hanno un’estensione online su una piattaforma che molti non hanno mai utilizzato. Dovendo lavorare da casa, sono costretti a usare questi strumenti: alcune volte non riescono a scaricare un libro, altre non hanno creato un profilo, per cui li aiuto io. Contestualmente, a coloro che volevano cambiare il libro, sto inviando dei PDF di testo nuovi in maniera tale che possano valutarli come se fosse un eBook dal loro computer».

Hai avuto qualche perdita derivante da questo periodo?

«Sicuramente sì. In questi periodo, ad esempio, gli insegnanti potevano essere interessati a volumi per le prove invalsi, quindi in questo caso tutto è andato perso. Sono state chiuse le scuole e, in questo periodo, venivano acquistati questi libri per esercitare i ragazzi ma non c’è stato più modo purtroppo. Gran parte del mio lavoro poi si fonda sul rapporto diretto con gli insegnanti: questa lontananza mi ha costretto a lavorare di più via e-mail, via telefono. Vorrei poter tornare però alla vecchia propaganda piuttosto che avere un rapporto freddo».

Quando pensi si potrà tornare a scuola? 

«Le voci che si susseguono svelano come il ritorno a scuola potrebbe non arrivare prima di maggio. Il limite è il 18 maggio: oltre quella data non si può più andare, quindi se ne riparlerebbe poi a settembre. Se si rientrasse i primi di maggio, ci sarebbe la corsa per consegnare i libri di testo agli insegnanti, anche se non so quanta voglia avrebbero essendo presi dagli esami di terza media e di maturità. Quindi avranno tutt’altro a cui pensare, poi non sono il tipo che insiste tanto vista la situazione che si sta evolvendo».

Voltando pagina, se ti dico la parola ‘Juve’, che cosa ti viene in mente?

«Sono juventino da quando sono nato, anzi, da quando ero ancora nella pancia di mia mamma. Racconto questo aneddoto: mio padre ha simpaticamente ‘abbandonato’ mia madre partoriente per andare allo stadio a vedersi la partita. Non potevo assolutamente non essere juventino, non ci sarebbe stata scelta! Lui ha avuto un ruolo importante nella mia scelta di tifare Juventus, è nel mio DNA. Sono stato abbonato allo stadio per tanti anni anche, perdendo un po’ l’abitudine vista la mancanza di tempo».

Se dovessi pensare ad un giocatore simbolo e ad una partita chiave della tua storia bianconera, quali ti verrebbero in mente?

«Il rischio è che te ne tiri fuori a centinaia (ride ndr). Sono del 1980, quindi ho vissuto poco l’epopea di Platini. Non sono mai stato particolarmente innamorato di Baggio, per cui quello che mi faceva più innamorare era Zidane. Quando è andato al Real Madrid, infatti, l’ho considerato un tradimento vero, perché mi piaceva davvero tanto. Per quanto riguarda la partita, invece, penso alla stagione 1996/97 e alla semifinale di Coppa Campioni tra Ajax e Juve. C’era Lippi in panchina, Vieri e Amoruso in attacco: per 45′ non abbiamo fatto vedere loro il pallone, tant’è che dissi a mio padre ‘Non ho mai visto una partita del genere!’».

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