Bertolini: «Le juventine sono tristi. Per certi club le donne sono immagine»
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Bertolini: «Le juventine sono tristi. Per certi club le donne sono immagine»

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Bertolini: «Le juventine sono tristi. Per certi club le donne sono immagine». La denuncia della ct della Nazionale femminile

Milena Bertolini, ct dell’Italia femminile, non ci sta e sulle pagine del Corriere della Sera attacca la FIGC per aver deciso di chiudere il campionato femminile. Queste le parole della ct azzurra.

STOP CAMPIONATO – «Per certi club le donne sono soltanto immagine. Sono triste, delusa, arrabbiata. Avevo preparato una sorpresa per le ragazze. Appuntamento su Zoom alle 13, orario d’inizio della partita d’esordio in Francia per ricordi, aneddoti e un quiz sul nostro Mondiale. Invece ci siamo ritrovate volentieri ma con molta amarezza di fondo. Visi tristi, soprattutto di chi ha patito di più l’annullamento del campionato: le juventine, che non hanno avuto lo scudetto, le milaniste, che in Champions vedranno andare la Fiorentina. E pensare che Juve e Milan sono i due soli club che dopo il lockdown avevano permesso alle calciatrici di tornare ad allenarsi. Un paradosso».

DISCRIMINAZIONE – «Saremmo tornati a parlare di calcio femminile e così, con tutte nelle stesse condizioni, il torneo sarebbe potuto ricominciare. Ci sono state squadre, invece, che mentre facevano allenare gli uomini non trovavano un campo per le donne. E’ accettabile? Non è discriminazione? La verità è che c’è ancora qualcuno che si rifiuta di capire che queste ragazze sono un patrimonio del calcio italiano. Giudichiamo i fatti. Su 12 squadre, due, Juve e Milan, hanno considerato le atlete un valore, dando loro dignità. Io capisco le difficoltà dei quattro club dilettantistici, ma i restanti sei? Sono rimasti fermi, e questo dice tanto. Ci dice che avere la sezione femminile per alcune società è un investimento importante, per altre è solo una questione di immagine, priva di sostanza».

NAZIONALE – «Quella Nazionale veniva da due stagioni di lavoro durissimo. Purtroppo oggi si è perso di vista il bene generale, a favore degli interessi particolari. In Italia manca una visione più ampia del calcio femminile: non si possono lasciare le calciatrici senza allenamenti per sei mesi… Le altre nazioni vanno più veloci, non ci aspettano».

EUROPEI – «Entro la prima quindicina di giorni di agosto, per poter arrivare a giocare con almeno un mese di partite nelle gambe e con una preparazione adeguata, sennò non saremo in grado di affrontare alla pari le avversarie. Ma nel futuro ci deve essere una progettualità, servono investimenti forti e non di facciata. Fin qui, invece, ho visto molte chiacchiere e pochissimi fatti».

MIGRARE ALL’ESTERO – «Se non mettiamo le ragazze in condizioni di parità, rischiamo di perderle. E arriviamo al professionismo: culturalmente in Italia siamo ancora indietro ma non ha più senso implorare per avere cose che ci spettano. Il calcio femminile merita, e basta».

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