Buffon: «Juve, quando tornò Allegri reagimmo così. Lo scudetto una speranza. Marotta il migliore, ma Giuntoli...»
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Buffon: «Juve, quando tornò Allegri reagimmo così. Lo scudetto una speranza. Marotta bravissimo, ma Giuntoli…»

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Buffon: «Juve, quando tornò Allegri reagimmo così. Lo scudetto una speranza. Marotta bravissimo, ma Giuntoli…». Le parole dell’ex portiere

Gigi Buffon, ex portiere della Juventus e capo delegazione della Nazionale italiana, si è raccontato in una lunga intervista su Tuttosport.

CORSO DS – «Ancora non sono usciti i quadri con i risultati degli esami, quindi stiamo calmi. Sono, però, molto contento di aver fatto un buon esame e di essermi preparato bene, perché non è una formalità. Diciamo che è la tipica situazione nella quale se non ti prepari a dovere, fai una figura di merda, ecco. Ho dovuto mettermi sotto. Anche perché ci sono delle parti mnemoniche e un po’ noiose, per esempio quella sulla giustizia sportiva, con lo statuto e il codice da imparare comma per comma».

RITIRO – «Guarda, benissimo! Sono molto felice perché mi occupo di tante cose, impegno la testa nel cercare di mettere da parte nuove idee e soprattutto migliorare le mie competenze. E poi, dai, non è che ho smesso a 29 anni, all’improvviso. Era una scelta che da quattro o cinque anni stava lì: dovevo solo scegliere il momento più opportuno. Ora sto molto bene, ho una vita soddisfacente, oltre che lavorativa, anche familiare». 

DECISIONE COSI’ RIMANDATA – «Un paio di milioni di motivazioni! (ride). La prima fra tutte è che fino all’ultimo giorno in cui ho giocato mi sentivo di poter competere a livelli altissimi. Seconda: volevo essere un esempio per i miei figli per far capire loro che non sono gli altri a porti i limiti, ma sei tu che devi metterli a te stesso. E i limiti spesso sono più in là di quanto crediamo noi e, soprattutto, di quanto credano gli altri. Terza: l’idea di riabbracciare il Parma e un certo contesto, così come di farmi riabbracciare da loro, perché lì sono cresciuto e sono stato sempre amato. Quando sono tornato alla Juventus ero spinto dal desiderio di ricondividere con determinate persone un percorso e siamo arrivati a una bellissima conclusione con quella Coppa Italia vinta a Reggio Emilia. Certo gli obiettivi erano altri, ma è stato un bel viaggio e, soprattutto, in compagnia di persone con cui ho viaggiato sempre benissimo. E poi ci sarebbero altre quattro, cinque, sei, sette ragioni…».

RISCATTO – «Guarda, per me giocare in Serie A e indossare la maglia della Juve, così come quella del Parma, rappresentava un riscatto. Ma non un riscatto sociale, un riscatto esistenziale, perché avvicinarmi a certi giocatori che mi avevano ispirato da piccolo, entrare in certi stadi, mi faceva accapponare la pelle. Io ho sempre avuto una certa coscienza di quello che stavo vivendo e una certa incoscienza di quello che sono stato e che ho rappresentato per il calcio, sono sempre stato sereno e ho sempre pensato di avere una fortuna incredibile di giocare con certi calciatori. Adesso temo che il discorso esistenziale sia diverso, con i social, un giovane calciatore si sente già centrale nel mondo, le centinaia di migliaia o i milioni di follower lo rassicurano sul fatto che il mondo sa che esiste e che sa qualcosa di lui. Forse questo può rendere le nuove generazioni più appagate, tuttavia manca la voglia di andare in profondità». 

ALLARGARE LE PORTE – «Sai che è un pensiero che si può incominciare a fare? Ne parlavo con i miei parenti e mia moglie l’altro giorno. Quando ho incominciato io, nel 1998, ero tra i primi cinque giocatori più alti della Serie A, l’anno scorso quando ero nel Parma in B, ero sempre fra i cinque più alti, ma dei ventidue in campo! Voglio dire, le misure sono state fissate nel 1875 e per i valori antropometrici di allora erano probabilmente troppo grandi, poi c’è stato un arco temporale diciamo di 50/60 anni in cui, centimetro più centimetro meno, erano giu- ste, adesso, vedendo determinati atleti e portieri, viene da pensare… D’altronde anche nel volley si discute sull’altezza della rete, avendo due sorelle pallavoliste conosco il problema. Il servizio sta diventando determinante quasi come nel tennis».

INSEGNAMENTO VIALLI – «Non buttare via tempo, la vita è un’opportunità e visto che abbiamo questa fortuna, dobbiamo cercare di metterla a profitto fino all’ultimo giorno. Ah, è ovviamente in quel “profitto” non c’è nulla di economico. Meglio specificare». 

DONNARUMMA SEMPRE CRITICATO – «Sicuramente! Non dico che c’è un eccesso di critica, ma vedo un cer- to piacere quando si può sottolineare un suo errore. I tedeschi han- no una parola per indicare il sottile godimento che si prova quando le cose vanno male agli altri: schadenfreude. Ecco io credo che Gigio ne subisca tanto, ma è uno strutturato e ha già superato molte volte questi momenti».

ALLEGRI – «Critiche? Perché viene da due anni nei quali la Juve ha passato parecchie vicissitudini. Se penso alla felicità del mondo bianconero quando è tornato… Ma quando si riparte c’è bisogno di tempo. Questi due anni gli hanno permesso di fare delle scelte, di operare una scrematura nel gruppo e magari di costruire per arrivare nel giro di un anno o due alla vittoria».

SCUDETTO JUVE – «Illusione? E perché? Certo, non deve essere l’obiettivo, quello che ti toglie il sonno di notte, ma deve essere “un” obiettivo, una speranza. E deve essere quella voglia e quella determinazione a spostare il limite di ogni squadra». 

CAMPIONATI – «Seguo “i” campionati. Plurale. Perché il mio percorso da appassionato e calciatore condiziona molto le mie scelte. Io seguo molto la Serie C per la mia Carrarese e poi il campionato dilettanti, che mi appassiona da morire. Poi mi imbatto negli highlights di Serie A e B, dove cerco sempre la Juventus e il Parma. Sempre. E poi un po’ di Champions. Passo dai dilettanti alla Champions con grande facilità e felicità. Poi, ovvio, cerco di seguire i giocatori della Nazionale».

MIGLIORI PORTIERI – «Tre sono troppo pochi. A parte Courtois che è infortunato e che per me aveva qualcosa in più, poi ce ne sono sei o sette che sono for- tissimi. I nomi li conoscete, sono quelli lì».

MAROTTA – «Diciamo che quando arriva nei posti è bravissimo. Nessuno riesce a scegliere le persone e sistemare le cose importanti. È una capacità innata e naturale di percepire ciò di cui c’è bisogno e trovare la soluzione. Marotta è uno che fa immediatamente la diagnosi e non sbaglia la cura e becca se pre la prognosi, tutto molto velocemente. È una qualità che hanno in pochi: solo gente sveglia ed esperta. Detto ciò, attenzione a Giuntoli: il percorso che ha fatto Cristiano è stato di grande rilievo e lo pone fra i top. Forse stiamo facendo confusione, perché Giuntoli non è un competitor di Marotta per ruolo e Beppe non è un direttore sportivo ma qualcosa di più. Come direttore sportivo “puro”, Cristiano è uno di quelli che, in questi ultimi anni, ha fatto più degli altri. E ha un suo animalesco fiuto per il calcio».

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