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Douglas Costa, quando la samba diventa la grande bellezza

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Romantico, folle, anarchico, visionario, Douglas Costa. Quando il calcio diventa poesia, quando la Juventus comprende il valore del bello, quando la samba diventa la grande bellezza

C’è un momento di Juventus-Torino che ci ha meravigliosamente migliorato la serata. Non il primo gol, non il secondo, non l’espulsione di Mihajlovic anche se quella non è stata niente male. Il frame della partita che ci ha fatto veramente innamorare è un altro: il tunnel di Douglas Costa su Daniele Baselli. Una leccornia. Un palla c’è-palla non c’è da guardare cento volte, forse mille. È la naturalezza, la semplicità del gesto che esalta. Parliamone: è una cosa che, generalmente, un giocatore della Juventus non è portato a fare, almeno per un paio di motivi. In primis perché non è strettamente utile e quindi riconducibile ai canoni del pragmatismo e della concretezza bianconeri. In secondo luogo perché Allegri, se sbagli una cosa del genere, inizia a strillare: “Giocaaa sempliceeee” e al solo pensiero la voglia va via e non ritorna più. La giocata ha quindi un retrogusto anarchico e estraniante rispetto all’organizzato contesto. E la cosa ci è piaciuta da impazzire.

Douglas Costa è uno dei migliori tre esterni del mondo perché è folle. Ma è folle bene. Fa cose che gli altri non concepiscono perché pensa fuori dagli schemi, vede oltre. E lo fa con tale convinzione e qualità che alla fine risulta, per forza di cose, geniale. È il classico giocatore per cui impazziscono i bambini: maledettamente divertente a vedersi, ad ammirarsi, meglio. E poi perderà un pallone o un tempo di gioco di troppo ma importa sino a un certo punto, perché l’intento era magnifico almeno quanto romantico. Elastici, finte di corpo, accelerazioni, giochi di prestigio a volte possono essere più appaganti persino di un gol. Anche alla Juventus, dove vincere è l’unica cosa che conta. Dove Mandzukic sarà sempre il titolare perché più sobrio e pulito nel compito tattico.

La ricerca è quella del compromesso. Tentare di far coesistere la sregolatezza nel perfetto algoritmo, ma non è semplice. Allegri ci prova da mesi con risultati alterni, ora discreti. È il famoso “adattamento di Douglas Costa al calcio italiano” di cui avete tanto sentito parlare nelle ultime settimane. Il problema vero è che Douglas si può cambiare fino a un certo punto. A uno così il cuore batte a ritmo di samba. E puoi anche romperti la testa tentando di inculcargli le diagonali difensive e i raddoppi: a volte li farà, a volte li farà di meno; non è quel tipo di giocatore che segue passo passo le indicazioni di un allenatore. Questo brasiliano è un artista, uno spirito libero, una variabile non calcolata. Il buon Max dovrà cercare di guidarne il talento senza imprigionarlo. Tentare di accettarne il folklore e il colore. Così, la prossima volta che Douglas Costa tenterà un’estemporanea bicicletta in mezzo al campo, qualcuno, in zona panchina, non darà in escandescenza. Ma piuttosto borbotterà meravigliato: “Maremma, che giocata…”. In toscano strettissimo.

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