Giuntoli: «Lavoriamo per riportare la Juve al vertice. Allegri, Next Gen e futuro: vi dico tutto»
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Giuntoli: «Lavoriamo per riportare la Juve al vertice. Allegri, Next Gen e caso Fagioli: vi dico tutto»

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Cristiano Giuntoli, Football Director della Juventus, ha parlato dal palco del Festival di Trento: le sue dichiarazioni

Cristiano Giuntoli, Football Director della Juventus, ha così parlato dal palco del Festival di Trento.

VIAGGI IN PULLMAN – «Ricordo molto lunghi da Prato per andare a vedere la Juve. Ero un bambino che sognava molto. La mia passione nasce da bar di mio nonno, lì si parlava tanto di sport. C’erano persone che facevano della loro passione una ragione di vita».

JUVE PREFERITA – «Quella di Platini, Tardelli, Boniek… Sapevo a memoria la formazione. Ma anche quella di Lippi è stata una Juve straordinaria, va ricordate perchè aveva lo spirito giusto».

VITTORIA PIU’ BELLA – «Hanno tutte un grande fascino, anche al Carpi, lo scorso anno col Napoli… Ma quella più importante è sempre quella che deve ancora arrivare».

GIOCATORI CHE VORREBBE RIVEDERE – «Del Piero, Baggio, Platini… Hanno segnato un’epoca del calcio mondiale, ma dirne solo uno sarebbe troppo riduttivo».

FIGURA DEL PADRE – «Mio padre era un fanatico, aveva solo quella direzione. Io ero appassionato ma avevo una visione a 360 gradi. Lui aveva l’unicità della Juve, era un grande tifoso e lo ricordo volentieri. Mi manca la condivisione con lui di questi momenti. Sarebbe stato orgoglioso e magari un po’ preoccupato ora. Mia madre mi vede come un bambino, mi chiede sempre come faccio. In famiglia sono tutti juventini, hanno anche loro questo senso responsabilità di questo club che amano».

CHE GIOCATORE ERA – «Avevo una buona lettura, non una grande elasticità e mi facevo spesso male. Non ero molto veloce. In allenamento mi facevo rispettare, era un altro calcio. Non potevo giocare con le televisioni e il Var, gli attaccanti facevano 11/12 gol l’anno, era difficile giocare, il tempo effettivo era basso. Era bello e affascinante, era una lotta uomo contro uomo, un pochino il calcio moderno sta tornando a quelle situazioni con le tutele del caso come giusto che sia. Era uno sport maschio, era molto bello».

IL PASSATO AIUTA – «Si perchè capisci in quel momento l’errore del calciatore. Dentro la partita ci sono partite giuste e importanti e meno importanti. Fare tante partite ti fa capire tanti piccoli dettagli. Ricordo una volta che Albiol fece due errori, poi lo trovai disperato. Gli dissi che aveva sbagliato perchè voleva sopperire alla mancanza di un compagno. 400/500 partite le ho viste anche io. Mi chiese dove avevo giocato e gli dissi “Eh al Nord…”. Il calciatore deve essere contento di essere giudicato da chi capisce».

LA SCUOLA – «A scuola ero molto bravo, anche se non mi piaceva studiare. Università di Architettura? C’è un momento dove uno deve prendere una strada e ho scelto la mia grande passione. Mia madre non era contenta, scelsi una strada tortuosa piena di punti di domanda nonostante potesse cominciare il periodo di quelli sospesi. Stare sospesi per tanti anni dava un po’ di pensiero, ma la mia testardaggine mi ha ripagato. Mio padre mi spalleggiava di più, ma anche lui era preoccupato perchè non c’era la sicurezza di un futuro».

FARE IL DIRIGENTE – «Ero un punto di riferimento per l’ambiente, stavo facendo gestione senza accorgermene. Io per natura sono un aggregante, mi sono accorto che stavo già facendo gestione, davo qualche suggerimento di mercato. Ero un punto di riferimento naturale, poi la volontà di fare il dirigente… Già a 24 anni avevo quell’ambizione, me lo ha ricordato mia madre. A me non piace molto apparire, ora devo per forza farlo, rappresento un club importante ed è giusto io mi faccia sentire. Fondamentalmente a me piace lavorare dietro le quinte, mi piace dare forza al noi che è il modo corretto di riuscire nello sport. La Juventus comincia con Ju e finisce con Us, me lo ha fatto notare una persona ed è una cosa che racchiude molto di quello che penso io del gruppo, del futuro e di tutto».

CARPI – «Il presidente Bonacini è stato importante, abbiamo costruito una bellissima situazione che mi ha fatto conoscere il calcio dalle basi. Alla fine quando uno diventa un vertice di un club molto importante può dire di conoscere tutto, anche capire le esigenze del quotidiano da parte di tutti. Era una situazione incredibile, io volevo andare in B, magari non in A, poi strada facendo ho visto che c’era questa pubblicità. Un percorso straordinario».

CASTORI – «Calcio transepocale è molto essenziale, lo facevano anche tempo indietro. Si dimostrò attuale già ai tempi per andare in Serie A. Lasagna? Era un ragazzo importante, lo prendemmo dall’interregionale ed era un bravissimo ragazzo, fummo bravi e fortunati a prenderlo. Il procuratore era Briaschi, un altro ex Juve».

AGLIANESE – «Sono di Agliana dove ha iniziato il mister ad allenare, corsi e ricorsi storici».

FLOP COMPRATI – «Noi si cerca di sbagliare meno possibile, poi di errori se ne fanno tanti. Uno prende un calciatore pensando sia la “fidanzata” giusta, poi te la metti in casa e capisci che non fa da mangiare, non lava, non stira… Ci sono tante dinamiche alle quali stare attenti, capire i parametri di confronto, capire il ruolo che abbiamo, decidere i calciatori. Sono tanti gli errori fatti, poi da lì si fanno cose positive e ringrazio anche loro».

COME SCEGLIERE UN CALCIATORE – «Quando è possibile mi piace parlarci, capire la provenienza della famiglia e la vita fatta precedentemente. Le variabili sono tante, può succedere lo stesso di sbagliare. Avere informazioni, incrociarle con i collaboratori, poi si vive di emozioni e quando punti tanto su un calciatore lo vai anche a vedere, capendo le emozioni di pancia. Negli ultimi tempi va di moda ma è corretto confrontarsi con i numeri».

CHIAMARE GLI ALLENATORI – «Dipende dall’abitudine dell’allenatore. Non vado a letto presto, poi di giorno sono occupato con la gestione, la sera penso e mi capita di chiamare la gente. E’ un momento dove non penso ad altro e vedo oltre il futuro, produco tanto. Allegri alle due? Siamo insieme dalla mattina alla sera, non ce n’è bisogno».

SCUDETTO NAPOLI – «E’ stata una soddisfazione, poi se uno pensa da dove è partito non c’è un momento in cui… La programmazione è avvenuta da sempre, a Napoli trovammo una squadra con elementi importanti, fummo bravi a razionalizzarla. Il secondo ciclo nacque strada facendo, abbiamo lavorato da lontano su uno spartito chiaro e ci ha dato grandi frutti e soddisfazioni. Di Lorenzo era arrivato prima, Zielinski, Mario Rui, Meret… Erano da tempo dentro, poi la fase finale è stato bravissimo Luciano, che ha usufruito anche del lavoro di Gattuso. Poi serve arrivare al momento giusto. Anche l’anno precedente ci pensavamo, gli infortuni di Osimhen e Di Lorenzo portarono via serenità e punti, eravamo convinti di potercela fare. Ho trovato calciatori molto bravi, poi siamo stati insieme tanto tempo. Diventi come un fratello o come un padre, poi quando c’è il momento di distaccarsi è un momento doloroso e difficile, portano in campo i sentimenti che hanno insieme a loro. Ci tengo a ringraziare i ragazzi».

DE LAURENTIIS – «E’ stato straordinario, mi ha dato fiducia. E’ stato un visionario, ha fatto un’azione incredibile, fu un veggente. Il rapporto è stato straordinario, lui non è quello che appare. Abbiamo lavorato costantemente ogni giorno, siamo cresciuti insieme. Mi ha insegnato tanto, è stato un bellissimo rapporto».

ALLENATORI – «La fortuna di un club è avere la forza di proteggere un allenatore, è un uomo solo. A me piace di proteggerlo, stare con lui in tutto e per tutto, capendo come pensa. Per aiutarlo devi capire, avere un confronto per capire qual è la strada giusta per tutti. E’ un mio cavallo di battaglia».

ALLEGRI – «Intanto mi ha sorpreso la grande personalità che lo accomuna ai grandissimi allenatori. Lui fa fare alla squadra quello che ha in testa senza creare alibi, per ottenere i risultati tutti devono fare una cosa e tutti devono essere convinti sia la cosa giusta. Quello che mi ha stupito è l’applicazione che continua a mettere come fosse il primo giorno, ha grande passione e grande dedizione al lavoro e da quel punto di vista mi ha stupito».

MERCATO JUVE – «Stiamo andando in un percorso per valorizzare tutti quelli che abbiamo a disposizione. Possiamo fare meglio, ma la strada è quella giusta. C’è qualche mese da qui a gennaio, vediamo se e come intervenire. Siamo in valutazione, pensiamo alla prossima gara».

ARRIVO ALLA JUVE – «Mi ha convinto la passione e poi il fascino e il blasone di un club importante. Poi che passi un momento delicato, visto cosa succede in Premier, la Juve è sempre la Juve. Torneremo a fare quello che abbiamo sempre fatto. Nel senso, ripeto che c’è grande soddisfazione, vogliamo ricollocarci, abbiamo fatto un progetto di tornare con il mister dando grande rispetto ai numeri, fare un calcio competitivo e sostenibile. In questo momento è doveroso e corretto verso un popolo che sta battagliando e non poco, ci vuole rispetto per i tifosi. Dobbiamo tornare con i piedi per terra, senza crearci limiti».

JUVE AL VERTICE – «Un tempo sarebbe limitante e noi limiti non ne vogliamo. Lavoriamo ogni giorno per fare le cose giuste per riportare la Juve dove merita».

DNA DI SQUADRA – «C’è la cultura del lavoro, ho trovato collaboratori bravi che mi hanno messo a grande agio. C’è un club che ha voglia di fare cose importanti, pensando che il quotidiano ti dia un mattone per costruire una casa. La grande menatalità, la forza di riportare la squadra dove merita, dobbiamo continuare e coltivarla».

COSA LO HA SORPRESO – «La disponibilità da parte di tutti. E’ un club dove i dirigenti erano della stessa famiglia, mi hanno accolto come un fratello e li ringrazio. Sono disponibili e professionali. Sono tanti i valori trovati da elevare a potenza».

ITALJUVE – «Ci sono già ragazzi da Locatelli a Kean, Gatti, Fagioli e Miretti che devono portare i valori della Juve a quelli che vengono dall’estero. Lo zoccolo duro di italiani è positivo, in questo momento dobbiamo pensare a mercati esteri e meno battuti per avere equilibrio tra competitività e sostenibilità».

ARABIA SAUDITA – «Sono iniezioni di denaro nel mondo europeo, sono risorse che stanno arrivando. Le conseguenze come polo non le so, le vedremo. Ora la voglio vedere come una cosa positiva».

NEXT GEN – «E’ importante dal punto di vista tecnico, non avendo spese folli e creando i ragazzi in casa, acquisendo il senso di appartenenza che la Juve richiama per ritornare grande. Aumenta il senso di appartenenza, i ragazzi hanno respirato quell’aria, è importante per il futuro. Yildiz, Huijsen, Soulé, Iling che hanno fatto un grande lavoro i dirigenti. Le altre squadre? Non so, subito servono investimenti. Il nostro calcio è stato un calcio difficile da parte di tutti, è arrivata l’Atalanta, forse anche il Milan».

SFIDA PIU’ DIFFICILE – «Dobbiamo vincere, da lì non si scappa. Quando non vinci valorizzi le cose che sono andate, quando non vinci analizzi le cose che non sono andate. Ci sono cose che vanno e cose che non vanno, lì c’è da intervenire. Non vogliamo essere solo fortunati, per creare una squadra importante serve analizzare i numeri e le gare».

NUOVA JUVE – «La squadra è più giovane, ha preso intensità e il mister può cavalcarla. Abbiamo fatto periodi di gare di grande aggressione che devono ripetersi. La volontà da parte di tutti di fare di più c’è. Siamo contenti di quanto fatto, poi vogliamo migliorare perchè si può fare di più. I numeri sono migliori come punti e prestazioni, poi si può sempre fare meglio. La strada intrapresa è giusta».

SCUDETTO – «Ci sono progetti partiti prima di noi. Milan, Inter, Napoli, ci siamo prefissati il crescere a prescindere, tornare in Champions. Lo scorso anno siamo arrivati terzi. Vogliamo arrivare in Champions per motivi economici, portare i ragazzi in Europa aumenterebbe il loro valore e la loro autostima. Dobbiamo stare coi piedi per terra e pensare di entrare tra le prime quattro. Poi in Primavera vedremo».

CASO SCOMMESSE – «Siamo dispiaciuti per Nicolò, da tempo abbiamo avvertito la procura. Il ragazzo è disponibile, aspettiamo e vediamo ma gli siamo vicini. Il compito non è di punirlo come avverrà dagli organi predisposti, ma dobbiamo anche rieducare il sistema».

GUARDA LE GARE DALLA PANCHINA – «Le vedo da più in alto, il ruolo me lo impone. Forse si soffre di più, in panchina ho visto molte partite e giocato tanto, ho una percezione differente delle cose. L’analisi da fare a caldo è molto importante, non si deve vivere di pancia a differenza di quando si valuta un giocatore. Devi stare il più calmo possibile per avere un quadro lucido».

MILAN-JUVE – «Manteniamo questa direzione senza paura. Una squadra imbottita di giovani deve affrontare una gara con piglio, personalità e voglia di vincere. E’ un crocevia importante non per i punti ma per l’autostima. Queste sono partite che te la possono dare. Crediamo nei nostri calciatori, vogliamo crescere con loro. Alla fine molte volte questo calcio frenetico ci fa bruciare calciatori, tappe e tante cose. Ci vuole pazienza, i ragazzi sono giovani e devono esprimersi al meglio. Il terreno che gli creiamo è fondamentale. Dobbiamo sfruttare le qualità e caratteristiche che abbiamo, pensiamo di avere qualità».

CHIESA E VLAHOVIC – «Chiesa vedremo nelle prossime ore. Vlahovic sta meglio, ha fatto qualcosa con la squadra. Pensiamo di poterlo schierare credo».

PROMESSA – «Vediamo tutti i nostri calciatori come si esperimono, poi vediamo se ci sono opportunità da prendere al volo. A gennaio non è facile, però ci possono essere occasioni. Saremo vigili e attenti, ma non prometto nulla».

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