Timidi segnali di ripresa, ma troppe parole: il calcio in ostaggio della politica
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Timidi segnali di ripresa, ma troppe parole: il calcio in ostaggio della politica

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Allenamenti individuali OK, «della ripresa del Campionato per ora non se ne parla». Perché fermare una delle prime cinque aziende del Paese?

Anche il ministro dello Sport ha capito che il calcio è una bella passerella. Ultimamente parla del campionato più lui che gli addetti ai lavori, i quali provano a farsi un’idea tra le decine di interviste rilasciate da Spadafora e il nuovo decreto firmato dal Premier Conte. Menomale che dal Viminale hanno fatto un passo indietro sulla chiusura dei centri sportivi per i calciatori, autorizzati (sette giorni dopo le secche smentite del ministro) ad allenarsi individualmente alla presenza di un medico e un preparatore, proprio come gli altri atleti di discipline individuali, fino al prossimo 18 maggio, quando potranno riprendere gli allenamenti di squadra.

Sempre il nuovo decreto governativo consentirebbe gli spostamenti da regione a regione per comprovati motivi di lavoro: le trasferte lo sono. Dunque, legando il calcio a una normalissima visione aziendale, è davvero strano comprendere cosa spinga la politica a frenare ancora sulla ripresa della Serie A, dal momento che la convivenza col virus fino a una comprovata risposta della scienza non cambierà di molto le condizioni nei prossimi mesi.

Il calcio, che nelle prime settimana di emergenza sembrava lo spettacolo ideale per distrarre gli italiani costretti in casa, adesso è diventato un problema perché – oltre al sacrosanto valore sociale che nessuno intende mettere in secondo piano – si ragiona su logiche aziendali, rifacendosi al diritto di tornare a rendere produttivo il proprio settore come altri, chiaramente rispettando le regole e nella massima tutela dei lavoratori.

Non può certo passare inosservato, anche a chi lo strumentalizza facendo populismo, come questo mondo sia tra le prime cinque aziende del Paese: non proprio un dettaglio.

La diatriba iniziale tra il ministro e la Lega Serie A è ormai uno spettacolo vecchio. Adesso i toni sembrano più pacati, le società si sono ricompattate e la disponibilità a trovare soluzioni insieme al Governo è piena.

Spadafora però tiene a far sapere di aver letto nelle ultime ore «cose strane in giro» e che «gli allenamenti delle squadre non riprenderanno prima del 18 maggio e della ripresa del Campionato per ora non se ne parla proprio». Poi chiosa: «Ora scusate ma torno ad occuparmi di tutti gli altri sport e dei centri sportivi (palestre, centri danza, piscine, ecc) che devono riaprire al più presto!».

Ora, volendoci attenere a ciò che scrive Conte sull’ultimo decreto firmato, ci auguriamo che la prossima parola di tendenza, dopo «congiunti» nell’ultima occasione, possa non essere «calcio». Anche perché, immaginando un grado di parentela con tutte le altre discipline – anche quelle che si muovono su dinamiche economiche completamente diverse – l’azienda Calcio non ha mai pensato di tagliare fuori gli altri Sport per trarre maggiori benefici. Si pensi al bene del Paese.

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