Scibilia: «Non è il momento di parlare di titoli, non si è capita la gravità»
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Scibilia: «Non è il momento di parlare di titoli, non si è capita la gravità»

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Scibilia: «Non è il momento di parlare di titoli, non si è capita la gravità». Il direttore generale del Venezia sull’emergenza Coronavirus

Dante Scibilia, direttore generale del Venezia, ha parlato del’emergenza Coronavirus correlata al mondo del calcio, soffermandosi sulla gravità dell’epidemia piuttosto che dall’assegnazione di trofei.

CORONAVIRUS – «La situazione ha raggiunto livelli molto preoccupanti. Le dimensioni sono tali da non poter essere più considerato solo un problema italiano. Sono preoccupato da alcune interviste rilasciate in questi giorni, c’è ancora l’illusione di poter gestire questa situazione nel calcio. Vuol dire che non si è capito la gravità del momento. Non è il momento di parlare di promozioni e titoli, non è possibile farlo perché oggi non è possibile fare alcuna previsione sull’evoluzione del virus. Il problema ormai è europeo, il calcio e tutti gli altri sport devono essere messi tutti sullo stesso piano, e infatti si stanno sospendendo campionati ovunque. È inevitabile che le decisioni saranno prese al di fuori del mondo del calcio italiano, servirà coordinamento con l’Europa e con il CONI e il calcio dovrà adeguarsi alle regole che dovranno valere per tutti, perché i problemi sono gli stessi per tutti. È un occasione per far capire alle persone che i calciatori e il mondo del calcio tutto non gode di privilegi e non si considera migliore di altri sport. Serve maturità e responsabilità perché il calcio gode di grande visibilità e oggi bisogna pensare come comunità e non ai singoli interessi personali. Dobbiamo essere un esempio in un momento in cui si chiede a tutti di fare sacrifici che, in alcuni casi, non consentiranno ad alcune famiglie di poter avere nemmeno i soldi per dare da mangiare ai propri figli. Io dico solo una cosa: si può scegliere di essere di fianco al paese o di mettersi davanti ad esso ma in questo caso le ricadute saranno gravi perché la gente di fronte ai morti, che sono già tanti, non dimentica».

 

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