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IL PERSONAGGIO – Tridente Juve, cosa ci lascia il match con la Fiorentina

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Tridente Juve, ecco cosa ci lascia il match contro la Fiorentina dopo aver visto insieme Chiesa, Vlahovic e Di Maria

«Al Milan giocavamo con 4 offensivi, con il Cagliari anche, con la Juve addirittura non avevamo i terzini. Ci sono equilibri da seguire però. La stagione non è uguale, ci sono momenti in cui la squadra può sostenere per 60 minuti, devo capire io quando. Stasera però i ragazzi sono stati bravi». Così Massimiliano Allegri ha analizzato la prestazione del tridente offensivo bianconero, rispondendo a chi gli chiedeva se anche giovedì sera contro il Nantes potremo rivedere insieme dal primo minuto Chiesa, Di Maria e Vlahovic. In attesa di capire cosa succederà possiamo intanto analizzare cosa è già successo. La prima uscita ufficiale di quei tre insieme lascia aspetti positivi e anche alcuni negativi sui quali lavorare. Della prima fanno sicuramente parte la voglia di “fare a botte” del numero 9 serbo, ritrovato gladiatore che si era perso dopo i problemi legati alla pubalgia, ma anche l’intraprendenza di Chiesa e la classe infinita di Angel Di Maria, che dal nulla inventa il cross, la pennellata geniale dal quale arriva il gol partita di Adrien Rabiot.

Ma la Juventus deve fare anche attenzione. Come sottolineato dallo stesso Allegri, infatti, giocare così in avanti comporta grossi rischi e c’è bisogno di tanto sacrificio da parte dei centrocampisti ma anche degli stessi attaccanti. Cosa che viene difficile pensare possa fare il Fideo, considerati i 34 anni di età. Certo, una rincorsa al diretto avversario di turno non la negherà mai, ma la forma fisica in calo non consente di contare su di lui per 90 minuti. C’è poi Chiesa, che in alcuni frangenti appare ancora troppo “irrequieto”, quasi sentisse la pressione di doversi inventare per forza la giocata dopo un anno in cui Madama ha sentito il peso della sua sua assenza. Il giocare maggiormente semplice, come da dogma di Max, potrebbe sicuramente favorirlo e aiutarlo a compiere quella completa maturazione che gli manca. E poi Dusan, che deve ancora affinare la mira sottoporta e credere di più in alcuni palloni (la scivolata di Milenkovic insegna) che possono improvvisamente trasformarsi in occasioni ghiotte in area. In sintesi, sul trio offensivo c’è ancora da lavorarsi, e questo si sapeva bene, ma le premesse sono tutt’altro che negative per non riproporlo anche nella fredda notte torinese che vedrà la Signora alle prese con la competizione europea meno affascinante ma a questo punto decisiva per salvare la stagione.

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