Zaccheroni: «Quando la Juve ci diede una speranza per lo scudetto»
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Zaccheroni: «Quando la Juve ci diede una speranza per lo scudetto»

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Zaccheroni: «Quando la Juve ci diede una speranza per lo scudetto». L’ex allenatore del Milan sullo scudetto conquistato con i rossoneri

Alberto Zaccheroni, ex allenatore del Milan, ha commentato ai microfoni di Sportitalia trattando di varie tematiche relative al passato e presente calcistico.

SCUDETTO MILAN – «La Lazio era proprio forte, non è un caso che è quella che ha lottato fino in fondo per vincere quello Scudetto. Gli allenatori contribuiscono a vincere, ma non vincono. Vincono i calciatori e quelli che ti fanno vincere sono quelli di qualità, nel momento in cui ci mettono anche la quantità, ovvero la voglia e la determinazione rispetto a quelli dotati di maggior talento. Sono arrivato ad un Milan di altissimo livello, a differenza di quello che si dice, però purtroppo parecchi di questi erano avanti con l’età e non riuscivano perciò ad avere la stessa determinazione e continuità degli anni precedenti. Evidentemente era mancato qualcosa, dato le classifiche deficitarie degli anni precedenti. In quell’annata il nostro grande merito è stato quello di esserci fatti trovare pronti nel momento in cui la Lazio perse in casa contro la Juventus e ci diede una speranza».

IDENTITA’ MLAN – «E’ cambiata la sede, son cambiati i dirigenti, però Milanello è ancora lì. E a Milanello ci sono tutte le gigantografie della storia del Milan. Quando percorri i corridoi di Milanello per andare negli spogliatoi ti rendi conto di cos’è il Milan. Due settimane fa mi sono permesso di far sottolineare che la maglia del Milan pesa come nessun’altra. Probabilmente sono tutte quelle gigantografie appese. Nel momento in cui i giovani scendono in campo a San Siro quella maglia pesa più del dovuto. Lì diventa una questione di gestione dello staff per renderla meno pesante».

GIAMPAOLO – «Questo Milan aveva un’età media sicuramente molto più bassa e ci sono giocatori di un talento importante, però qualitativamente i miei erano più bravi. Il Milan mi chiese di cercare di ritornare in coppa, perchè mancavano da due anni. Con Giampaolo inizialmente il Milan non è riuscito a catturare l’attenzione dei giocatori e nessuno è stato in grado di dare quello che avrebbe potuto dare».

IBRAHIMOVIC – «Ibra è un giocatore straordinario. Ho il rammarico in quei 10 anni di Serie A, in cui ho allenato quasi tutti i migliori, di non aver mai allenato Ibra. Trasmette la mentalità del successo a tutti i costi, però dipende sempre dai programmi. Il Milan di quest’anno non aveva ambizioni di Scudetto, ma di costruire. E per costruire si parte dai giocatori più esperti e poi vai a cercare i migliori talenti da mettere nelle condizioni migliori. Ibra non è il soggetto più indicato per costruire, non può rappresentare l’uomo base della ricostruzione. E’ perfetto per gestire in un’annata come questa».

BIERHOFF – «Mi ritrovai lui e Helveg al Milan, ma li aveva già presi Capello. Felicemente me li ritrovi a disposizione, immaginatevi la felicità di entrambi nel ritrovarmi. Poveretto Helveg, perchè 7 anni giocando sulla stessa fascia dell’allenatore è una cosa che non consiglio a nessuno (ride, ndr)».

ALLENATORE IN CUI SI RIVEDE – «Gasperini. E’ l’unico che ha continuato su un calcio offensivo, con calciatori offensivi con l’utilizzo del maggior numero di calciatori di qualità, con coraggio e intensità».

TOP 11 – «Quando hai allenato portieri come Buffon, come Peruzzi, come Toldo come fai a scegliere. Oppure in attacco hai avuto Bierhoff, Adriano, Vieri, Shevchenko, Amoroso, Crespo è molto difficile. Però mi piace pensare ad un Bierhoff, ad un Dejan Stankovic, a cui ho trovato una collocazione tattica. Qualche anno dopo il presidente Moratti mi ha fatto il regalo di portarmelo all’Inter».

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