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Antonio Conte, la storia del capitano bianconero

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Dai capelli alla moglie Elisabetta: la storia di Antonio Conte, l’uomo che da Lecce è arrivato fino al Chelsea, conquistandosi la Juve e la Nazionale

Antonio Conte nasce a Lecce il 31 luglio 1969, è il più grande di tre fratelli: Gianluca e Daniele. Per tirare avanti il padre Cosimo noleggia auto, ma nel tempo libero è presidente, allenatore, magazziniere, massaggiatore e altro ancora nella Juventus Lecce, una piccola squadre di calcio che già nel nome raccoglie tutto il destino di Antonio. La mamma Ada fa la sarta e confeziona soprattutto abiti da sposa. Da qua parte la storia dell’uomo, del calciatore e dell’allenatore capace di conquistarsi tutto: la Juve, l’Italia e il Chelsea. Merito di una ferrea disciplina tattica (e non solo) che Antonio ha ereditato fin da piccolo.  «Lo studio, il punto fermo di papà, è sempre al primo posto» si legge nell’autobiografia “Testa, cuore e gambe“. Tanto che a scuola Antonio è spesso citato dai professori come esempio positivo per i compagni: è uno dei migliori della classe, nonostante i mille impegni legati al calcio. Dal Lecce il grande salto alla Juventus, per volere di Trapattoni e qui il nome di Antonio Conte si lega per sempre ai colori bianconeri: 13 stagioni,  fino a conquistarsi la fascia di capitano. Un binomio che si ripete anche nella sua seconda vita da allenatore, splendente almeno quanto quella da calciatore. Dopo la gavetta a Bari e Siena, con lo stesso epilogo della promozione in A, viene scelto come allenatore della Juventus in uno dei momenti più difficili della storia bianconera. Da qui si apre un ciclo indimenticabile: 3 Scudetti consecutivi, 2 Supercoppe italiane e una credibilità riconquistata a livello mondiale. Poi l’esperienza da ct sulla panchina della Nazionale ed il salto in Premier nel Chelsea di Abramovich.

Antonio Conte calciatore: caratteristiche tecniche

Con 178 centimetri di altezza e 73 kg Antonio Conte non eccelle particolarmente sul piano fisico, ma la sua dote migliore è la combattività e l’intelligenza tattica. La capacità di inserirsi in area poi fa sì che diventi anche un centrocampista prolifico in zona gol (45 gol totali in carriera). Nasce come centrale di centrale di centrocampo, ma la sua duttilità lo porta a ricoprire anche altri ruoli, come quello di mediano (specie con Marcello Lippi in panchina). La corsa e l’intensità fanno di lui uno dei migliori centrocampisti italiani di quella generazione. Giovanni Trapattoni lo definisce «una forza della natura, sia in fase difensiva che offensiva. Non è un caso che sia diventato allenatore: giocando in quella posizione capiva le dinamiche di tutta la squadra». Il giornalista Giuseppe De Bellis lo ricorda invece così. «Era uno di quei centrocampisti che si sanno inserire, che partono da dietro, che sanno infilarsi saltare un uomo e calciare. Poi era bravo di testa. Era un Perrotta in grado di segnare di più e spesso meglio».

Antonio Conte, gli inizi e l’esordio nel Lecce

A 13 anni venne venduto dalla Juventus Lecce del padre al Lecce vero e proprio per «8 palloni, di cui 3 sgonfi». Questo era il valore di Antonio Conte, secondo quanto riportato nella sua autobiografia. Con la maglia salentina debutta in Serie A ad appena 16 anni e 8 mesi, era il 6 aprile 1986 (Lecce-Pisa 1-1). Con Carlo Mazzone in panchina comincia pian piano a conquistare sempre più spazio. Ma l’anno dopo la frattura alla tibia rischia di compromettere tutto quanto. Il ritorno sul campo è però da vero guerriero: nell’ 88/89 segna anche il suo primo gol in Serie A contro il Napoli. Gioca ancora sei mesi in B col Lecce (nel ’91) prima di finire sotto il raggio di attenzione di Giovanni Trapattoni, allora allenatore della Juve.

Antonio Conte e la Juve: dal campo alla panchina

A novembre del 1991 si trasferisce a Torino per 7 miliardi di lire. Debutta il 17 di quello stesso mese, subentrando nel finale a Totò Schillaci nel derby vinto 1-0 sul Toro. Da qui in poi si comincia a scrivere la storia. «Il giorno della presentazione l’Avvocato (Giovanni Agnelli) mi invitò a casa sua. Volle sapere come stavo e qual era la mia storia. Quando mi chiese quanti gol avevo segnato fino ad allora, io mentii dicendo che 3-4 gol a stagione ero sempre riusciti a farli. Avevo ancora il timore che si fossero sbagliati e non volevano in realtà acquistare me. La cosa bella fu che con la maglia della Juve riusciì sempre ad assicurare quella media di gol a stagione». La carriera da calciatore si lega indissolubilmente con Marcello Lippi che approda sulla panchina della Vecchia Signora nel ’94. Antonio Conte con la maglia bianconera si è già affermato come uno dei titolari con la vittoria di una Coppa Uefa (giocando da titolare la finale d’andata contro il Borussia Dortmund)e conquistando la convocazione di Arrigo Sacchi ai mondiali statunitensi.

Con Marcello Lippi il rapporto è complesso, ma Antonio è uno dei pochi (assieme a Del Piero e Tacchinardi) ad aver partecipato a tutte e due i cicli del tecnico toscano alla Juve. «Un rapporto uguale a quello tra padre e figlio, del tipo che ogni tanto sfocia in litigi e frasi forti dette in faccia. Ecco, io e Lippi ci siamo sempre detti tutto, senza ipocrisie» disse nel 2001 al Guerin Sportivo. Nella era Lippi I vince il double (Scudetto e Coppa Italia) e segna all’esordio assoluto in Champions League. É il ’95, l’anno della cavalcata fino in finale contro l’Ajax allo Stadio Olimpico di Roma. La Juve dopo il gol di Ravanelli ed il pareggio olandese vince ai calci di rigore. Ma Antonio Conte invece che a festeggiare con i compagni si ritrova in ospedale a curare un brutto versamento alla coscia in seguito ad uno scontro al 44′ contro i “muscoli d’acciaio” dell’allora avversario Edgar Davids. «Pochi giorni dopo, i miei compagni partivano per gli Europei ed io ero in un letto di ospedale con una coscia gonfia e dolorante».

A questo punto Antonio Conte a 27 anni conquista la fascia di capitano della Juventus, che poi viene personalizzata dagli stessi tifosi: «Senza di te non andremo lontano, Antonio Conte il nostro capitano». Nel ’96 arriva la vittoria della Supercoppa italiana e la stagione successiva lo Scudetto (il terzo personale per lui). Nel mezzo il grave infortunio subito con la Nazionale durante Italia-Georgia. Diagnosi terribile: rottura dei legamenti del ginocchio sinistro, che però non basta per abbatterlo. Con l’arrivo di Ancelotti in panchina cambia tutto: Antonio ritorna al ruolo fisso di centrocampista centrale (il suo preferito) e diventa inamovibile nel 3-5-2. Non è un caso che in questo ruolo riesce a pareggiare il suo record di gol stagionali: 7. Gli Europei del 2000 in Olanda rappresentano di nuovo un ostacolo. Dopo il bellissimo gol in rovesciata contro la Turchia, una brutta entrate del romeno George Hagi lo costringe nuovamente a fare le valigie e chiudere in anticipo la competizione. «Noi calciatori professionisti sappiamo come spaccare una gamba a un avversario ed Hagi in quella partita è entrato su di me per far male».

Col Lippi bis perde il posto da titolare e la fascia passa sul braccio di Alex Del Piero. Anche se contribuisce comunque alla vittoria di altri due Scudetti e alla conquista di quella maledetta finale di Champions a Manchester contro il Milan. Qui l’episodio che poteva cambiare tutto quanto: subentrato nel secondo tempo, si avventa in tuffo su un cross di Del Piero centrando in pieno l’incrocio dei pali. Una slinding door che poi consegnerà la Coppa ai rigori al Milan.

Dopo 419 presenze all’attivo, 44 gol, 5 scudetti, una Coppa Italia, una Coppa Campioni, una Coppa Uefa, due Supercoppe Italiane e un Intertoto il 2003/04 è l’ultimo anno dell’Antonio Conte calciatore. «Voglio terminare la mia carriera con due sole maglie, quella della Juventus e del Lecce. Mi rendo comunque conto che sarà alquanto difficile, visto com’è cambiato il calcio» aveva dichiarato in tempi non sospetti. Ci è riuscito in pieno.

Antonio Conte allenatore, il ritorno a casa

«Vorrei vedermi sempre in un campo di calcio, con un fischietto in mano ad allenare una grande squadra. Penso di avere le caratteristiche giuste per allenare, anche se è un mestiere più difficile rispetto al calciatore. Quando giochi, devi pensare soltanto a te stesso, dopo hai la responsabilità e le prospettive cambiano totalmente». Già nel ’98 consegue il patentino a Torino il patentino di allenatore di Terza Categoria, arrivando primo fra i 42 partecipanti al corso. Antonio Conte si ispira principalmente al calcio di Louis Van Gaal (che segue da vicino ad Amsterdam) e a quello nostrano di Gianpiero Ventura. Il suo modulo di partenza è il 3-5-2, che poi modifica nel corso della sua carriera fino ad arrivare ad una sorta di 3-4-3.

Dopo aver fatto il vice di Luigi De Canio a Siena, Antonio si gioca la prima chance sulla panchina dell’Arezzo (penalizzato di 6 punti per lo scandalo Calciopoli). Le cose non vanno benissimo: viene esonerato e poi richiamato, ma la stagione si chiude con la retrocessione. A Bari invece conquista, dopo otto anni, la promozione in Serie A. Dopo la parentesi nella massima serie sulla panchina dell’Atalanta (durata solo 13 partite, con 13 punti conquistati), ritorna a Siena portando anche i toscani alla promozione in serie A. A questo punto Andrea Agnelli e Marotta prendono sul serio la sua auto-candidatura per la panchina della Juve e lo nominano nuovo allenatore bianconero.

Qui il capolavoro: Antonio Conte riscatta la squadra dopo i periodi bui dei due settimi posti consecutivi e conquista l’Italia. Già l’esordio allo Juventus Stadium è tutto un programma: 4-1 al Parma fatto di tanta fame, grinta ed aggressività. «Le sole regole dello spogliatoio sono l’educazione e il rispetto. Chi non si adegua, sia anche il più grande giocatore al mondo, va a casa. Ne perdi uno ma ne guadagni trenta». Tutta la squadra lo segue ed arrivano tre storici Scudetti consecutivi. L’unico rimpianto rimane a livello europeo, dove, per riprendere le parole di Conte, «non si mangia in un ristorante da 100 euro con solo 10 euro in tasca». Anche per questo al secondo giorno di ritiro, il 15 luglio 2014, si dimette, fra lo stupore generale, da allenatore della Juventus.

Per lui si aprono le porte della Nazionale, il neo-presidente eletto Tavecchio lo vuole fortemente come ct. agli Europei del 2016 in Francia gli azzurri vincono il proprio girone e agli ottavi superano con una prestazione da incorniciare i campioni in carica della Spagna. Ai quarti solo i rigori (dopo l’1-1 ai tempi regolamentari) decretano l’uscita di scena contro la corazzata Germania.

Antonio Conte al Chelsea

L’ufficializzazione da parte dei blues del Chelsea avviene già il 4 aprile 2016, quando Antonio Conte è ancora ct della Nazionale. Subito dopo l’Europeo comincia quindi la nuova avventura Oltre Manica di “Fire Ant” (letteralmente Antonio di fuoco), come viene poi ribattezzato dai tabloid in seguito alle sue esultanze scatenate in panchina. Il contratto prevede uno stipendio di 6,5 milioni di sterline l’anno, che lo rendono il quinto più pagato della Premier dietro a Guardiola, Mourinho, Wenger e Klopp. Col Chelsea Conte inanella una striscia di 13 vittorie consecutive, portando la squadra a vincere, alla sua prima esperienze inglese, la Premier Leaugue. Tra i tanti pregi spicca la rivalutazione di giocatore chiave, su tutti Diego Costa, nonostante un rapporto di amore-odio, sfociato con l’esclusione per la partita contro il Leicester.

Antonio Conte e l’Inter, l’interesse del gruppo Suning

«Sono il primo tifoso della Juve, ma un giorno potrei esserlo dell’Inter o del Milan. Sono un professionista» con queste parole Conte aveva scaldato la vigilia di Inter-Juve, nel 2013. Dichiarazioni che ritornano d’attualità dopo l’arrivo del gruppo Suning ai vertici della proprietà nerazzurra. La cordata cinese infatti è alla ricerca di un top manager per la panchina e non ha mai nascosto l’interesse per il tecnico salentino. Si parla addirittura di un’offerta vicina ai 50 milioni per 5 stagioni.

Antonio Conte, la moglie Elisabetta

Il matrimonio con la storica compagna Elisabetta Muscarello avviene il 10 giugno 2013. I due hanno una figlia, Vittoria, nata nel 2008. «Ci ho messo 10 anni per baciarla, altri 9 per sposarla. Conoscevo la sua famiglia da anni, perché eravamo vicini di casa. Aveva 16 anni la prima volta che l’ho incontrata, era troppo piccola». Quando però Antonio smette di fare il calciatore i due cominciano a frequentarsi. «Andai a prenderla in Porsche e lei mi disse: ‘Guarda preferisco di no, non mi piacciono queste macchine‘».

Antonio Conte e i fratelli

Antonio è il più grande di tre fratelli: Gianluca e Daniele. Gianluca (ex calciatore pure lui) lo ha sempre accompagnato come assistente in tutte le varie panchine, dal Bari al Chelsea. Antonio ha sempre dichiarato di fidarsi molto di lui ed il binomio è diventato indissolubile. Il più giovane, Daniele, lavora invece in banca ed è proprietario del bar One Apple, centro della movida torinese.

I capelli di Antonio Conte: l’interrogativo del web

La metamorfosi di Antonio Conte da calciatore a allenatore, almeno per quanto riguarda la capigliatura, è evidente. Da quasi calvo a una chioma più o meno folta. Tanto che ha scatenato la curiosità del web ed ‘Antonio Conte capelli‘ è una delle parole più ricercate. In una intervista alle “Iene” lo stesso Conte ha dichiarato di essersi «rifatto il look», utilizzando il trapianto di capelli. Per il resto, riguardo alla vita privata, rimane piuttosto schivo. Sui social anche non è molto attivo ed è presente solo su Facebook, ma non su Instagram e Twitter.

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