Baiocco: «Juve, serve la mentalità. Scudetto? E' possibile» - ESCLUSIVA
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Baiocco: «Juve, serve la mentalità. Scudetto? E’ possibile» – ESCLUSIVA

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Davide Baiocco, ex centrocampista della Juve, ha parlato in esclusiva a Juventusnews24 della stagione dei bianconeri. Le dichiarazioni

Davide Baiocco, ex centrocampista della Juve di Lippi per sei mesi nella stagione 2002-2003, ha analizzato la stagione dei bianconeri di Allegri.

Le dichiarazioni in esclusiva a Juventusnews24 dell’allenatore nativo di Perugia.

Come giudica la sconfitta della Juve con l’Atalanta?

«Per me non meritava di perdere, però ha perso. Poteva essere a 24 e l’Atalanta a 25. Ogni partita ha una storia a sé, ma nonostante non sia partita benissimo credo che una ripresa ci sia stata. Poi è normale che nessuno è abituato a vedere la Juve così staccata dalla prima e in questa posizione, ma ci può stare un po’ perché crescono gli altri, un po’ perché capitano situazioni non positive in un’annata. Quello che ho sentito ribadire più spesso riguardo la Juve è il fatto del gioco che è più conservativo che propositivo. Con l’Atalanta, però, non mi è sembrato così conservativo. Sentendo Allegri mi sembra uno che dice ‘prima non prendiamole, anche vincere 1-0 va bene’. Anche De Sciglio ha detto che il risultato più bello è l’1-0. Sono tutti piccoli segnali che fanno capire la mentalità».

Si aspettava queste difficoltà da parte della Juve di Allegri?

«Chiunque voglia dare un giudizio sulla Juve vedendo solo quello che si vede da fuori sarebbe un presuntuoso e irrispettoso verso quello che è l’operato di Allegri. Per giudicare bene la Juve bisognerebbe stare con loro ogni giorno, vedere le problematiche in allenamento, capire bene cosa vuole l’allenatore perché magari lui vuole una cosa che però in campo i giocatori non riescono a fare. Sicuramente credo che per la Juve, come un po’ per tutti, la cosa più importante sia solo vincere e non come si vince. Quindi se alla Juve non vinci non fai bene, mentre se vinci fai bene. Questa potrebbe essere una risposta. Per il resto c’è poco da commentare: la Juve non sta vincendo e tutti sono scontenti. Ma se avesse vinto non giocando bene? Sarebbe andato bene a tutti perché il risultato è l’unica cosa che conta».

A questa Juve mancano un po’ lo spirito e la mentalità bianconera che i leader devono trasferire al resto della squadra?

«E’ normale che se non si dà continuità – a parte Chiellini e Bonucci – alla permanenza dei giocatori in una squadra per creare un gruppo di leader affiatati e con una certa mentalità, ma si cambia ogni anno, non è semplice. Parlare di bandiere ora è difficile, ma per creare mentalità e gruppo ci deve essere chi la rappresenta ogni anno. Io quando sono arrivato ho percepito molto forte questa cosa perché c’erano giocatori come Del Piero, Iuliano, Montero, Ferrara che erano lì da tanto e conoscevano bene ambiente, mentalità, il come comportarsi e il volersi costantemente migliorare. O si entrava subito in quell’atteggiamento, altrimenti si stonava in quel gruppo. Dipende dalle abitudini che si danno. Le cose cambiano, bisogna decidere se cambiarle in meglio o peggio. Alcuni principi generali di vita si sono persi e siamo nel tutto e subito per cui, anche nel calcio, se vinci sei bravo, se non vinci sei un brocco. Per cui se la Juve non vince sono tutti dei brocchi, se vince tre partite di fila sono tutti dei fenomeni. Da addetto ai lavori non si possono fare queste analisi, ma bisogna vedere cosa c’è dietro, quale è il progetto a lungo termine».

A proposito di progetto a lungo termine, Pirlo meritava un’altra occasione?

«Con Pirlo si è partiti con un progetto e dopo un anno non andava più bene. Perché? Perché non ha ottenuto i risultati? Ma quale era l’aspettativa della società quando hanno preso Pirlo? Doveva vincere tutto? Doveva dare un’identità alla squadra? Mi sembra ridicolo che sia stato mandato così. C’è troppa fretta e troppa pressione sul risultato, ma così non si dà tempo alle persone di poter dimostrare il loro valore».

Il centrocampo attuale della Juve è considerato il reparto più debole. Da ex centrocampista bianconero, che idea si è fatto sui giocatori che Allegri ha a disposizione?

«Bisogna capire quale è il motivo per cui si è puntato il dito sul centrocampo della Juve. E’ perché non costruisce o non finalizza? Arthur, Bentancur e Rabiot non mi sembrano giocatori che non sappiano giocare a calcio o non abbiano dimostrato il loro valore. Stipendi alti? Sono chiacchiere da tifoso che non si possono accettare. Il fatto che Rabiot sia strapagato non è colpa sua. Io l’ho visto molte volte esterno di centrocampo, ma credo che lui sia più un interno o mezzala e quindi ora si sta adattando ad un ruolo non suo. La squadra ha tutti giocatori con caratteristiche di costruzione e gioco, ma se non riesce a farlo perché vengono scavalcati, magari  non riescono a esaltare le loro qualità. Non si possono fare discorsi da tifosi per cui guadagna tanto ma non rende e quindi la Juve non vince. E’ troppo riduttivo. Il calcio non è uno sport individuale e bisogna vedere quello che vuole l’allenatore per esaltare i suoi giocatori. Se si va ad analizzare il centrocampo della Juve, secondo me ha qualità».

Lotta scudetto: la Juve può rientrare in corsa?

«Non è impossibile. E’ vero che ha 14 punti di distanza dalla vetta, ma ci sono molte squadre che lottano e poi ci sono gli scontri diretti. E’ molto difficile, ma non la vedo come una cosa impossibile. 14 punti sono 5 vittorie e con gli scontri diretti fra le squadre davanti alla Juve, visto che in 10 punti ci sono 5 squadre, sicuramente c’è una possibilità».

Lei alla Juve ha giocato con Del Piero che da poco ha preso il patentino da allenatore. Secondo lei ha le potenzialità può sfondare anche in panchina?

«C’è da dire che è totalmente un altro mestiere rispetto al calciatore e dipende molto dalla mentalità con cui si fa. E’ un altro sport. Alessandro è un ragazzo intelligente e umile e lo farà come ha sempre fatto quando era giocatore, cioè con la voglia di migliorarsi. Quello che mi ha colpito della Juve è che entravi con campioni che avevano tutto a livello di trofei, soldi e fama ed erano lì ogni giorno che lavorano per essere i migliori. Questa è la caratteristica del campione e avendo questa attitudine e mentalità è più facile perché sai adattarti a qualcosa di nuovo, dimenticandosi di quanto si è fatto da calciatore. Pensare che quello che si è fatto da calciatore permette di essere un bravo allenatore è una cavolata. Sarebbe un grave errore e non credo che Alessandro lo farà perché è una persona molto intelligente».

Conosce Cherubini? Che idea si è fatto, da umbro, della sua escalation alla Juve?

«Lo conosco di nome, ma non bene. So che sta facendo bene alla Juve e credo che se è arrivato fin lì vuol dire che qualcosa ha dimostrato perché alla Juve nessuno regala niente a nessuno. Ha fatto un percorso bellissimo e se sta lì a fare un lavoro così importante e con così tante responsabilità, credo sia perché abbia dimostrato di avere importanti qualità».

Si ringrazia Davide Baiocco per la gentilezza e la cortesia dimostrate nel corso di questa intervista

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