Barzagli: «La Juve sta vivendo una rinascita. Dall'arrivo a Torino all'addio, poi Bonucci: vi racconto tutto»
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Barzagli: «La Juve sta vivendo una rinascita. Dall’arrivo a Torino all’addio, poi Bonucci: vi racconto tutto»

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Andrea Barzagli, ex difensore della Juve, ha raccontato tutti i suoi ricordi a Torino, parlando anche dell’attuale stagione

A Juventus.com, Andrea Barzagli ha raccontato tutti i suoi ricordi dell’esperienza alla Juventus, parlando anche dell’attuale stagione dei bianconeri.

SEMIFINALELe semifinali sono un momento speciale. Io alla Juve ne ho disputate tre, una di Europa League e due di Champions: sono settimane che si preparano da sole, per l’atmosfera e il coinvolgimento di tutto l’ambiente. La vicinanza dei tifosi la ricordo bene: è qualcosa che conta, e penso per esempio alla nostra Semifinale del 2017, quando a Monaco sentivamo forte la loro presenza. Sono giorni palpitanti: ci sono tanti elementi che contribuiscono a renderli unici, perché sei a fine stagione, c’è un clima primaverile che si fa sentire, e poi, volente o nolente, non riesci a staccare mai. Hai sempre il retropensiero di quello che sta per succedere: ci provi, magari trascorri qualche momento speciale con la famiglia, ma poi alla fine la mente va a quelle partite li.

ARRIVO ALLA JUVE E RITIRORacchiudo i miei ricordi in due settimane: la mia prima e la mia ultima a Torino. Arrivai nel 2011, dalla Germania, conoscevo già tanti compagni, l’impatto fu semplice. La situazione della squadra non era felicissima, ma per tornare a vincere dovevamo passare di lì e fare ancora peggio. Comunque, ci fu un impatto emotivo non da poco, che ricordo con grande piacere. Poi, se si parla di impatto emotivo, inevitabile che il pensiero vada alla mia “ultima” alla Juve: lì fu un vero e proprio scontro di sentimenti. Da una parte ero felice, sapevo che si stava avvicinando un giorno particolare, insieme a tutte le persone cui volevo e voglio bene, ma allo stesso tempo significava lasciarsi dietro un percorso lungo. Quando arrivò il cambio, il momento di uscire dal campo per l’ultima volta, fu un attimo di grande commozione, ma più che altro per l’affetto dei tifosi e dei miei cari, che per il fatto di lasciare il calcio. Avevo dato tutto, era giusto così, non fu un giorno triste per l’addio al gioco, ma un momento di serenità assoluta. Un addio che, peraltro, Mister Allegri aveva già capito prima ancora che glielo dicessi, lui ha questa dote, riesce a conoscerci nel profondo: talmente nel profondo che lo annunciò alla squadra e agli stessi giornalisti prima di me! Ma era una decisione già matura, qualcuno doveva dirlo e ci pensò lui.

LA STAGIONE ATTUALEIo la Juve la conosco e conosco il suo allenatore: è un club ha sempre pensato a vincere, prima che a fare calcio champagne. I risultati, in una stagione non semplice, stanno arrivando e ora, proprio ora, ci sono le partite decisive, perché qui, ogni anno, si parte per alzare un trofeo. Fra poco si tireranno le somme, ma questa squadra, la caratura, ce l’ha eccome. Vedo una Juve che attraversa un percorso di rinascita e ricostruzione, dopo nove anni di vittorie non scontate, ed è qualcosa che voglio dire chiaramente anche io, come spesso ricorda il Mister. Per questo motivo stagioni come queste sono particolari: l’annata non è iniziata bene, e la sfortuna ha avuto un suo peso, se si pensa per esempio che per lunghissimo tempo Di Maria, Chiesa e Pogba non hanno giocato insieme. Ci sono state però anche delle belle scoperte: vedo, proprio nel mio ruolo, l’autore di due gol europei pesantissimi, l’ultimo proprio pochi giorni fa, Gatti, che è un giocatore di personalità, sta percorrendo gli step giusti, e adesso deve dimostrare le sue qualità per un periodo lungo: ha disputato un’ottima prima stagione, i prossimi anni diranno quello che potrà scrivere in questo club.

BONUCCI – Proprio in questi giorni, inoltre, uno dei miei compagni d’avventura di quegli anni ha tagliato un traguardo incredibile. Leo è stato con me e Giorgio, ma anche con Gigi in porta, l’anima di quel pacchetto di difesa a tratti insuperabile. Il tutto nacque da un esperimento di Antonio Conte, per un motivo molto semplice: non riusciva a togliere nessuno dei tre! Giocavamo a quattro in quel periodo, e quindi uno di noi doveva stare fuori, anche se qualche volta provammo Chiello come terzino, ma non era il suo ruolo. Per caso, in una partita con il Napoli, ci mettemmo “a specchio” con loro, con un 3-5-2 che esaltò le nostre caratteristiche. E la cosa curiosa è che noi eravamo giocatori più da difesa a quattro, ma si creò un’alchimia unica. Piede destro io, piede sinistro Giorgio, difensore regista Leo, che era anche il giocatore più di “lettura”, mentre noi due eravamo più marcatori. Insomma, una ricetta perfetta, resa ancora più perfetta dal portiere che ci copriva le spalle. Talmente perfetta che fra di noi, in campo, quasi non ci parlavamo. Si parlava solo in spogliatoio, oppure in momenti estremi della partita, altrimenti non c’era bisogno di dirsi “stai attento”: ognuno di noi sapeva che gli altri avrebbero fatto la cosa giusta. Voglio però tornare al traguardo che ha raggiunto Bonucci, che era atteso in quel club proprio da Chiellini e Buffon: io sono approdato al calcio che conta relativamente “tardi”, ma posso dire che quando arrivi a fare dei numeri come quello che ha appena centrato Leo, significa che non sei stato solo un grande campione a livello tecnico, ma con la tua personalità, con la tua professionalità, hai scritto la storia. Arrivare a scrivere la storia di un Club come la Juve significa essere grandi uomini, non solo grandi calciatori: stare qui non è la stessa cosa che stare in altri club, hai milioni di tifosi nel mondo, tutti parlano di te, non ti puoi permettere fragilità o timori.

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