Belardi: «Dybala come Trezeguet nel 2007? No, vi spiego» - ESCLUSIVA
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Belardi: «Dybala come Trezeguet nel 2007? No, vi spiego perché» – ESCLUSIVA

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Emanuele Belardi, ex portiere della Juve, ha parlato di Dybala nell’intervista esclusiva a Juventusnews24. Le sue parole

La fotografia e la copertina di Juve Udinese le ha prese Paulo Dybala: gol dell’1-0 e (non) esultanza con lo sguardo fisso in tribuna, poi spiegato nel post-partita. In molti hanno paragonato quel gesto a quello fatto da David Trezeguet in quel Juve Spezia 2-3 del 10 giugno 2007, quando il francese, dopo la rete del pareggio, indicò con le mani i 15 gol appena raggiunti e mimò il gesto di andare via. In esclusiva a Juventusnews24, Emanuele Belardi ha tracciato un filo conduttore tra quei due momenti: lui che quella stagione in Serie B la visse con i bianconeri di Didier Deschamps.

Emanuele, cosa hai intravisto dietro quell’esultanza di Dybala?

«Io capisco anche il momento, perché sono stato calciatore anche io. Ci sta un momento di sfogo, di frustrazione perché ti senti un giocatore importante ma si parla da tempo di contratto. Lui dovrebbe capire anche la situazione attuale, non solo della Juve ma di tutte le imprese. Oggi c’è difficoltà dappertutto, quindi anche la Juventus deve fare le giuste valutazioni. Dybala è un campione assoluto, però per fare un contratto di tanti anni c’è da investire soldi importanti e lui dovrebbe garantire successi, prestazioni, continuità, che negli ultimi anni non ha fatto. Ha collezionato 19/20 presenze nelle ultime stagioni, quindi serve un’attenta valutazione: poi dopo Dybala può avere uno sfogo umano, ci sta, ma dovrebbe capire anche questi aspetti».

Analizzando prima il punto di vista del giocatore, in che modo influisce questa situazione nel suo rendimento?

«Il calciatore dovrebbe pensare a fare solo il calciatore, ma oggi è tutto amplificato con i social. È veramente complicato fare il giocatore oggi. C’è chi ha fatto più di lui e l’anno scorso è stato in silenzio, ha lottato, combattuto, non vincendo e soffrendo. Poi ha fatto l’Europeo e l’ha vinto pure. Dybala ha 28 anni, non è più così giovane, ma i giovani devono prendere esempio da chi ha vissuto già queste situazioni e le ha gestite in maniera ineccepibile».

Dal lato opposto invece, l’aspetto dirigenziale. Quale messaggio ha voluto mandare Arrivabene all’attaccante con le sue dichiarazioni?

«Entrare nella testa delle persone non è facile, ma è giusto che Dybala abbia riconoscenza per chi gli ha dato tanto in questi anni, per chi gli ha fatto vincere tanto e lo ha aspettato sempre. Deve mettere da parte l’orgoglio perché non è il momento adatto».

Molti hanno associato quell’esultanza a quella di Trezeguet contro lo Spezia nel 2007. Tu che eri in panchina in quella partita, noti delle similitudini tra le due situazioni?

«No assolutamente. David voleva dire: io me ne dovevo andare e invece sono qua. Questa fu la sua spiegazione: ora siamo qua e lottiamo fino alla fine. Trezeguet non ha mai saltato un allenamento quell’anno in Serie B. Lui, Buffon, Nedved, Del Piero, Camoranesi furono da esempio, avevano vinto il Mondiale, il Pallone d’Oro e ci trascinarono in Serie A. Con David ci divertimmo tantissimo quell’anno: recuperammo un gap in pochi mesi causa penalizzazione, al di là che non ci fosse competizione perché la nostra panchina era più forte delle altre squadre più forti. Avevamo un gruppo straordinario con un allenatore importante».

Per Dybala dunque, dal tuo punto di vista, rinnovo si o rinnovo no?

«Le valutazioni dovrà farle la società ma Dybala è un giocatore molto importante, che se sta bene è tra i migliori in Europa. Deve però avere un briciolo di riconoscenza verso chi gli ha dato tanto e ha scommesso su di lui. Oggi il mondo è cambiato a causa di questa pandemia: quando la nave sta in cattive acque i giocatori più importanti si devono mettere al timone».

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