Conte si racconta: «La Juve vince? L'Inter vuole cambiare le cose»
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Conte si racconta: «La Juve vince? L’Inter vuole cambiare le cose»

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Antonio Conte, nuovo allenatore dell’Inter, ha rilasciato un’intervista parlando di tanti temi, tra cui un messaggio al suo passato, la Juve

Dopo le anticipazioni di qualche giorno fa, è stata svelata l’intervista integrale di Antonio Conte. Tanti temi toccato dal tecnico dell’Inter, che ha parlato anche del suo passato: la Juve. Di seguito riportate le sue dichiarazione.

SCEGLIERE L’INTER – «Vede, l’insieme dei risultati che ho tenuto e soprattutto la rapidità con la quale sono venuti mi hanno cucito addosso una certa immagine. Io creo aspettative. Quando intraprendo una nuova avventura la società si aspetta molto da me. I giocatori sono fiduciosi di migliorare, i tifosi si aspettano grandi soddisfazioni. Questo significa che devo valutare con estrema attenzione le mie scelte. Ne sono consapevole, e quindi quindi ho già risposto alla sua domanda. Posso accettare all’inizio di avere poche possibilità di vincere, al limite anche l’1%, ma almeno quello deve esserci».

PRESENZA DI MAROTTA – «Ha aiutato, è stata una conferma dell’impressione che avevo da lontano. Marotta è un dirigente che ha vinto tanto, se tu lo cerchi un minuto dopo che la Juve l’ha liberato vuol dire che hai intenzioni serissime, che non lasci nulla di intentato per salire in cima. Parliamoci chiaro: a parte rare eccezioni, sono otto stagioni che in serie A non si lotta per il primo posto. L’Inter vuole cambiare questo stato di cose, il modo in cui si sta muovendo dimostra la volontà di competere. Non mi ha convinto solo Marotta. Quando ho parlato col presidente Zhang, mi ha colpito la sua determinazione. Lo stesso Ausilio ha idee molto chiare. L’Inter è un club ambizioso, in cui tutti remano nella stessa direzione».

RIFIUTO AL REAL MADRID – «A volte rispondere no è dura, perché l’offerta può essere allettante sotto ogni punto di vista. Mi sono sono imposto una valutazione molto fredda, ho capito di non sentire quella situazione in quel momento».

ANNO SABBATICO – «Relativo. Un po’ perché la causa reale è stata fonte di stress, ho passato giornate a raccogliere e mettere in ordine i documenti, un po’ perché ovviamente ho guardato tante partite in tv e molte sono andato a seguirle dal vivo: un allenatore moderno non può certo sparire per un anno, deve continuare ad aggiornarsi. Premesso questo, è chiaro che abbia risarcito la mia famiglia di tutto il tempo sottratto lavorando. E non parlo soltanto di mia moglie Betta e di Vittoria, per la quale ci siamo sobbarcati le code infinite di EuroDisney, ma anche dei miei genitori. Quest’anno hanno celebrato le nozze d’oro e io mi sono goduto la loro festa, se avessi avuto un club, non sarebbe stato possibile. Siamo molto legati, sono fiero dell’educazione che mi hanno dato, e quindi riprendersi un po’ di tempo per passarlo a Lecce è stato davvero un privilegio. Papà Cosimino, poi, resta un grande appassionato di calcio, l’unico a cui permetto di contestarmi le sostituzioni: gliele devo spiegare finché non ne è convinto, e non sempre ci riesco… Tenga presente che io so anche divertirmi: in Puglia quest’anno abbiamo fatto molto mare, il mio mare, e chissà quando ne avrò di nuovo la possibilità. Però è chiaro che ad un certo punto l’idea di ricominciare si è fatta impellenza. Ha detto bene, è da quando avevo 15 anni e seguivo le prime indicazioni di Fascetti che sono a contatto con grandissimi lavoratori gente che si è costruita la vita a forza di sacrifici e rinunce. Questo ti segna. Io devo lavorare, e tanto. È un bisogno che ho nel DNA.

GIOCATORE IDEALE – «Gliene faccio due, modelli diversi ma ugualmente vincenti nell’anima. Il primo è Andrea Pirlo, un fuoriclasse capace di metterti la palla sul piede con un lancio di 70 metri, ma anche un mostro di determinazione degli allenamenti. Lo prendiamo alla Juve, perché il Milan non gli aveva rinnovato il contratto, fu la locomotiva del mio ciclo: potevo chiedere a tutti qualsiasi fatica, se hai Pirlo a tirare il gruppo nessuno si permette di fiatare. Il secondo esempio è N’Golo Kante, perché la sua disponibilità arricchisce una squadra in modo incredibile. Macina chilometri per 90 minuti, corre ad aiutare ogni compagni in difficoltà, e lo fa sempre col sorriso sulle labbra. E con gente del genere che si vince».

L’ACCOGLIENZA DEI TIFOSI DELL’INTER – «Perché ho passato molti anni alla Juve, vuol dire? Non mi attendo problemi, da nessuna parte. Quando decidi di allenare azzeri ciò che hai fatto da giocatore, perché un calciatore può pensare di sviluppare la sua carriera in 1-2 club, un tecnico no, è consapevole che se tutto andrà bene lavorerà per diverse società. La motivazione del professionista è quella di trovare sempre nuove sfide, e dopo aver riportato al successo la Juve, aver sfiorato la semifinale europea con l’Italia e aver rilanciato il Chelsea vincendo la Premier e l’FA Cup in due anni, non vedo l’ora di riportare l’Inter dove le compete. Si aspettano molto da me, gli interisti. E fanno bene».

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