Lemina: «Alla Juve litigai con Allegri, mi allenai solo per un mese»
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Lemina: «Alla Juve litigai con Allegri, mi allenai solo per un mese»

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Lemina: «Alla Juve litigai con Allegri, mi allenai solo per un mese». L’ex bianconero racconta la sua esperienza

L’ex Juve Lemina ha raccontato la sua esperienza in bianconero sul canale Youtube Colinterview.

TRASFERIMENTO – «Sono andato alla Juve con quelli che sono i miei obiettivi. Dimostrare nel lavoro quotidiano di poter far parte di quel gruppo, dare tutto e farmi rispettare per questo. Nelle prime 10 partite ero l’uomo più felice del mondo».
 
AMBIENTAMENTO – «Mentalmente era pronto e questo ha reso le cose più facili. Gli allenamenti erano intensivi, lunghi, molto fisici, a fine giornata ero morto il primo mese. Ma era benefico, sapevo di dover lavorare tuti i giorni perché lì ci sono dei giocatori di fama incredibile. C’era Paul (Pogba ndr), Marchisio, Khedira. A quel punto non hai niente da perdere. Devi dimostrare tutti i giorni a quei giocatori che puoi arrivare a quei livelli, hai solo da vincere».
 
PRIMA DA TITOLARE «Sfortunatamente in quel periodo Marchisio si infortunò e quindi ho potuto giocare rapidamente, il mister mi ha dato fiducia rapidamente e allo stesso tempo ero la sua seconda scelta, non c’erano altri a centrocampo. Gioco sei partite e per cinque volte sono il migliore in campo. Dunque, per me tutto andava bene».
 
RIENTRO MARCHISIO – «Poi c’è stato il ritorno di Marchisio. Lui è il Principino di Torino, quindi doveva giocare! Non avevo problemi su questo, lo accetto. Lui ritorna, all’inizio è difficile ma doveva giocare per ritrovare la forma e quindi io mordo il freno in panchina. Ma quando sei il migliore in 5 partite su 6, diventa più difficile mordere il freno. Inizia a fare domande, perché? E da lì è diventato più difficile per me accettarlo, perché sapevo il mio livello, sapevo di poter giocare. Ero in panchina perché ci sono degli status da rispettare. In quel momento diventa difficile, ti chiedi perché stai in panchina quando hai dimostrato di poter stare in campo».
 
SPOGLIATOIO JUVE E ALLEGRI – «Ho avuto un grande sostegno da parte della squadra. Il fatto di non giocare, dopo esser stato titolare, ha cominciato a pesare. Ho il mio ego, come tutti i calciatori. Riguardo a questa incomprensione c’è stato un alterco con Allegri in campo, durante un allenamento. Quel weekend avevamo perso e ho l’impressione che tutta la frustrazione del momento l’abbia messa su di me. Io non l’ho accettato, abbiamo avuto questa discussione che non andava bene, che ha appesantito l’ambiente durante l’allenamento. Da lì per un mese mi sono allenato da solo, l’allenatore non ha apprezzato quello che ho fatto e nemmeno io ero contento».

SOSTEGNO DEI COMPAGNI – «Da lì in poi sono stato super sorpreso dalla posizione dei miei compagni. Bonucci, Chiellini, Buffon, Evra… Sono andati dall’allenatore e gli hanno detto: “devi reintegrare Mario, è uno dei più grandi potenziali della squadra. Deve tornare a giocare perché è un calciatore importante. Alza il livello in allenamento ed è quello di cui abbiamo bisogno”. Quando ho visto questo, i compagni prendere le mie parti, ho pensato che alla fine avevo ragione, ero troppo contento, era incredibile».
 
POGBA – «Ci conoscevamo dall’Under 20 della Francia. E’ impressionante fisicamente, tecnicamente uno dei più forti che ho visto. Era il più forte in tutto, in ogni esercizio, in partita, a ballare, in ogni cosa. Deve sempre dimostrare a sé stesso che è il migliore ed è bello poter lavorare con lui».
 
CHAMPIONS LEAGUE– «Dopo la prima stagione bisogna dire che è esploso Dybala alla Juve, poi Higuain, Morata, Dani Alves un giocatore incredibile, importante nello spogliatoio. C’era questo mix che doveva trovare l’amalgama. Con queste individualità in Italia si vince, anche se abbiamo dovuto lottare e non è stato semplice. Al secondo anno i giocatori si conoscevano, Pjanic che era on fire, Khedira che di solita era sempre infortunato e non si è mai infortunato in quella stagione e io non ho più giocato (ride ndr). I tre dietro erano fenomenali, Alex Sandro era al suo miglior livello. In quella stagione è stato raggiunto un livello altissimo e poche squadre potevano batterci, lo sentivi che il gruppo andava tutto nella stessa direzione. Si voleva solo vincere, una sconfitta era la fine del mondo, una cosa mai vista. Abbiamo battuto il Barcellona, ma abbiamo pensato di poter andare fino in fondo contro il Lione. A Lione, finiamo in dieci perché vengo espulso, dominiamo, vinciamo con un tiro incredibile di Cuadrado e lì pensiamo di poter arrivare fino in fondo. Davanti avevamo qualità incredibili, quando hai Mandzukic, Higuain , Dybala sai che basta un’occasione davanti, un episodio per fare gol».
 
FINALE COL REAL MADRID – «In quel momento c’erano le due squadre migliori d’Europa ad affrontarsi. Loro erano incredibili, ma noi eravamo pronti, era forte mentalmente e fisicamente, Ma ci sono degli elementi come Cristiano Ronaldo che fanno la differenza. Abbiamo fatto una prova di forza, di coraggio, di abnegazione, per dimostrare a tutti che dovevamo essere noi la squadra ad affrontare il Real in quel momento. Con il gol di Casemiro il match è diventato complicato, prima ci credevamo ancora. E Sergio Ramos, non so cosa fa ma fa uscire dal match Cuadrado, non so cosa è successo ma vedo solo il cartellino rosso e lì è diventata impossibile».

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