5 cose indimenticabili del primo Nedved juventino
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5 cose indimenticabili del primo Nedved juventino – VIDEO

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Pavel Nedved compie oggi 50 anni: ecco cinque cose di lui che il tifoso della Juventus non può assolutamente dimenticare

Oggi Pavel Nedved compie 50 anni. Gli ultimi 21 li ha trascorsi nella Juventus, innanzitutto da giocatore. A partire dal 2001 Nedved ha contribuito in maniera determinante a riconquistare quello scudetto che mancava in casa bianconera da 3 anni, anche per responsabilità sua, visto com’era stato fondamentale nel 2000 nel permettere alla Lazio di vincere il suo secondo tricolore della storia. Poi Pavel è diventato il dirigente e il vicepresidente di una Juventus che ha dominato gli anni ’10 come mai nessun altro club aveva fatto nel calcio italiano. L’uno e l’altro sono accomunati dalla stessa passione, in tribuna Nedved non è molto diverso da quel che si vedeva in campo: stessa voglia di vincere o – se volete – stesso odio verso la sconfitta, ancor più accentuato oggi che non può sfogare sul terreno verde tutta la sua irrefrenabile energia.

Nella conferenza stampa dell’estate del 2001, Nedved appare impeccabile in giacca e cravatta e con idee chiare, tanto sulla insostituibilità di Zinedine Zidane del quale prese il posto, quanto sull’orizzonte ideale della sua scelta juventina: il sogno della Coppa dei Campioni (detto così, proprio come una volta, un decennio dopo la nascita della Champions League e 20 anni prima del progetto della Superlega). In quei giorni sicuramente non ci si aspettavano le difficoltà d’inserimento che Nedved avrebbe trovato nella Juventus, dissolte solo nella seconda parte della stagione quando Marcello Lippi gli creò spazi di libertà che in campo si tradussero in gol e in una spinta propulsiva che sarebbe stata una delle ragioni fondamentali dello scudetto vinto il 5 maggio 2002 (e anche qui la Lazio ha una parte nella vicenda…). Né tantomeno si poteva ipotizzare che alla seconda stagione nella Juventus Nedved si sarebbe guadagnato così tanta attenzione da meritare il Pallone d’Oro del 2003, premio che lui stesso riteneva esagerato perché c’erano giocatori stilisticamente più raffinati, ma che era del tutto giustificato per la modernità incarnata dal ceko. E per capire cosa significhi, basta pensare a cosa farebbe oggi su un campo di calcio il Pavel Nedved di allora ed è sensato ritenere che funzionerebbe alla stessa maniera, aggiustando con i suoi movimenti ben più di un imbarazzo tattico di una squadra (chissà se hanno mai parlato di questo lui e Allegri…).

Di quei primi giorni nella Juve, tra entusiasmo e curiosità verso il nuovo acquisto, ci sono almeno 5 cose indimenticabili del primo Nedved bianconero.
1) Il tifo spaccato. A Formello i sostenitori laziali si dividono apertamente in due fazioni. I cori per l’idolo di un tempo trovano l’opposizione di chi lo considera un traditore. A ben vedere, è una notizia che ha un valore “storico”. Di solito, in caso di cessione dei beniamini alla Juve, c’è un’unanimità di giudizio e la condanna senza appello del “reo”
2) Il ritratto di Marcello Lippi. L’allenatore presenta Nedved così: «Uno straordinario trascinatore, che però ci può anche assicurare 10-12 gol a stagione». Non succederà al primo anno, dove il contributo è ben al di sotto delle aspettative (4 reti, ma quella decisiva di Piacenza). Al secondo, il numero 11 ne segnerà 14, il suo massimo con la Juventus.
3) La profezia di Vittorio Chiusano. Alla prima uscita in Valle d’Aosta contro una selezione locale Nedved segna 2 gol ed entusiasma i 5.000 presenti. Il presidente della Juventus, tendenzialmente moderato nelle sue esternazioni, vede quanto basta per incoronarlo: «C’è un personaggio, Pavel Nedved, che molto presto entrerà nei cuori dei tifosi: è un generoso e fa cose spettacolari».
4) La sorpresa di Nedved. La gente lo acclama comunque e dovunque. E Pavel non nasconde la sorpresa, scoprendo che quando una società abituata a vincere non lo sta facendo da un po’ di tempo muta anche la temperatura della sua anima: «Non mi aspettavo un’accoglienza come quella che la gente mi ha riservato. Quando ero a Roma, si diceva che i tifosi del Nord sono freddi, ma mi è sembrato proprio il contrario».
5) L’incontentabile. É solo il 7 agosto 2001, sono trascorsi pochi giorni nel nuovo ambiente, ma Pavel Nedved mostra subito un lato del suo carattere: «Non sono ancora contento di me. Credo che sia mio dovere, come lo è di tutti i professionisti, non fare differenza di modulo e giocare come vuole l’allenatore. Io ho provato tutti i moduli e non ne preferisco nessuno». Più che le questioni di natura tattica, quel che più lo stimola è altro: «Sì, sento addosso una grande responsabilità nel constatare, come sapevo benissimo, che qui alla Juventus bisogna vincere a tutti i costi, solo vincere e basta. La mia responsabilità personale, per adesso, è quella di dimostrare che sono degno della Juventus. Per questo posso solo promettere il massimo dell’impegno e ribadire che voglio vincere qualcosa di importante».
Date anche solo metà di quel Nedved alla Juventus di oggi. Perché in ogni epoca non c’è stata Juventus vincente senza gente come lui.

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